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Posts Tagged ‘Barack Obama’

Destra e sinistra: trova le differenze

26 agosto 2009

La conferma per altri quattro anni (largamente in anticipo rispetto alla scadenza di dicembre) di Ben Bernanke alla guida della Fed dice molto della politica contemporanea e, in particolare, della forte continuità - su tante questioni - tra l’amministrazione repubblicana e quella democratica. Per Mark A. Calabria, da pochi mesi al Cato Institute e direttore degli studi sulla regolazione finanziaria per l’istituto libertario, questa decisione di Barack Obama ribadisce come Obanomics e Bushonomics siano spesso indistinguibili: e così possiamo dire, con le parole di Calabria, che Embracing Bushonomics, Obama Re-appoints Bernanke.

Salvataggi, espansione monetaria, deficit pubblico, progetti di nazionalizzazione e ulteriore regolamentazione: su troppi temi i democratici paiono confermare precedenti scelte compiute dall’amministrazione Bush e dagli uomini posti alla testa di importanti agenzie. Insomma, Washington e Roma non sono poi del tutto diverse.

Carlo Lottieri Senza categoria , , , , , ,

Poteva andar peggio. O potrebbe?

26 agosto 2009

Ieri, l’Office of Management and Budget (OMB), diretto da Peter Orszag, ha pubblicato la Mid-Session Review, cioè l’aggiornamento semestrale delle previsioni economiche dell’Amministrazione, oltre alle stime di bilancio. Dai dati si evidenzia un deficit minore del previsto per il 2009, ma maggiore negli anni di crescita economica consolidata. Riguardo il 2009, l’OMB ritiene vi sia un miglioramento di 262 miliardi di dollari, in conseguenza di minori oneri sostenuti dalla FDIC. Ciò ridimensionerebbe la stima del rapporto deficit/Pil di quest’anno dal 12,9 all’11,2 per cento. A noi risulta difficile immaginare minori oneri a carico della FDIC proprio nel momento in cui, ogni venerdì sera, la medesima prende il controllo di quattro o cinque banche dissestate, ma tant’è.

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Mario Seminerio Senza categoria , ,

Obama, la riforma sanitaria e l’enciclica sociale

24 agosto 2009

La scorsa settimana Barack Obama ha rivolto un appello ai leader religiosi di ogni confessione presente negli Stati Uniti per cercare di vincere le resistenze del Congresso all’approvazione della riforma sanitaria. Come scrive Maurizio Molinari su La Stampa, lo sforzo profuso dall’Amministrazione per mobilitare i gruppi religiosi è stato imponente: svariate centinaia di persone sono state convinte a predicare nelle rispettive comunità a favore del provvedimento che andrebbe ad ampliare il ruolo dello Stato nel campo della sanità e ad accrescere spesa pubblica e pressione fiscale.
A tal riguardo, è forse interessante segnalare un passo dell’enciclica sociale di Benedetto XVI. Al capo 60 si legge:

“Nella ricerca di soluzioni della attuale crisi economica, l’aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri deve esser considerato come vero strumento di creazione di ricchezza per tutti. Quale progetto di aiuto può prospettare una crescita di valore così significativa — anche dell’economia mondiale — come il sostegno a popolazioni che si trovano ancora in una fase iniziale o poco avanzata del loro processo di sviluppo economico? In questa prospettiva, gli Stati economicamente più sviluppati faranno il possibile per destinare maggiori quote del loro prodotto interno lordo per gli aiuti allo sviluppo, rispettando gli impegni che su questo punto sono stati presi a livello di comunità internazionale. Lo potranno fare anche rivedendo le politiche di assistenza e di solidarietà sociale al loro interno, applicandovi il principio di sussidiarietà e creando sistemi di previdenza sociale maggiormente integrati, con la partecipazione attiva dei soggetti privati e della società civile. In questo modo è possibile perfino migliorare i servizi sociali e di assistenza e, nello stesso tempo, risparmiare risorse, anche eliminando sprechi e rendite abusive [corsivo nostro], da destinare alla solidarietà internazionale. Un sistema di solidarietà sociale maggiormente partecipato e organico, meno burocratizzato ma non meno coordinato, permetterebbe di valorizzare tante energie, oggi sopite, a vantaggio anche della solidarietà tra i popoli”.

L’indicazione del Pontefice sembra quindi andare in direzione opposta a quella auspicata da Obama: meno Stato, meno spesa e maggior partecipazione di soggetti privati e società civile. L’obiettivo è quello di risparmiare risorse da destinare all’aiuto dei Paesi poveri. Peraltro, nella stessa enciclica non si manca di sottolineare come problemi analoghi a quelli evidenziati con riferimento alle politiche sociali all’interno dei singoli Paesi hanno spesso afflitto gli aiuti internazionali che, si legge al capo 22, “sono stati spesso distolti dalle loro finalità, per irresponsabilità che si annidano sia nella catena dei soggetti donatori sia in quella dei fruitori”. Non saranno forse i correttivi proposti per le politiche nazionali necessari anche in ambito internazionale?

Francesco Ramella mercato, welfare , , ,

Sì, quindi no

21 agosto 2009

Spettacolare sputtanamento dell’Obamacare e di Barack Obama, sul Wall Street Journal di oggi. Parola di Presidente.

Carlo Stagnaro welfare , , ,

Obamacare, qualche lettura

2 agosto 2009

Quello che sta avvenendo in America sulla healthcare reform cosi’ fortemente voluta da Obama sta facendo scorrere fiumi d’inchiostro. Il problema e’ economico e politico. Economico per quanto la nuova sanita’ obamiana puo’ arrivare a costare - sommandosi a una ormai lunga serie di interventi voluti dall’Amministrazione. Politico perche’ si tratta del primo, grande ostacolo che il team di Obama si trova davanti. Tutti i piu’ avvertiti lettori di sondaggi ci suggeriscono che la luna di miele ormai e’ finita, e che Mr Change e’ ormai prossimo a diventare una figura controversa e polarizzante.
Sulla socializzazione della sanita’ americana, Obama trova un’opposizione sorprendentemente grintosa, nonostante il tracollo del partito repubblicano. E tanto dovrebbe bastare a farci comprendere quanto sia sentito e forte il tema. Prosegui la lettura…

Alberto Mingardi liberismo, welfare , ,

Obama e i paradisi fiscali

22 luglio 2009

Abbandonate ogni speranza, o voi che andate (a Copenhagen)

15 luglio 2009

Passato il G8 e scemata l’attenzione pubblica, iniziano i distinguo. Il presidente Usa, Barack Obama, sta spendendo tutto il suo capitale politico sulle misure domestiche per il contenimento delle emissioni (e anche lì la cosa gli è mezza scappata di mano, come nel caso dei dazi anti-cinesi infilati tra le pieghe del Waxman-Markey Bill). E’ poco plausibile che possa arrivare a Copenhagen offrendo più di quel che è già dato, perché qualunque obiettivo raggiunga a Washington (tanto o poco che sia) sarà il massimo compromesso che è possibile raggiungere. Sono curioso di vedere in che modo la verginità del presidente verrà conservata, nei resoconti compiacenti dei media.

Carlo Stagnaro energia, liberismo , ,

Gli Usa kyotano?

27 giugno 2009

Ieri la Camera degli Stati Uniti ha approvato, tra le polemiche repubblicane e le defezioni democratiche, l’American Clean Energy and Security Act, noto anche come Waxman-Markey Bill dai nomi dei suoi primi firmatari, i parlamentari democratici Henry Waxman ed Ed Markey. Il primo dato politico è la vittoria dell’amministrazione, che è riuscita a far passare un provvedimento-bandiera per le credenziali verdi del presidente, Barack Obama. Il secondo dato politico è  che la vittoria non è arrivata a costo zero, anzi, la Casa Bianca l’ha pagata carissima: 44 parlamentari democratici si sono opposti alla misura, che è passata di stretta misura (219-212) nonostante la schiacciante maggioranza del partito dell’Asinello, e solo grazie a otto repubblicani che hanno garantito il proprio appoggio alla legge. Tutto ciò nonostante il fatto che lo stesso Obama, e i suoi più stretti collaboratori, abbiano fatto tutte le pressioni possibili sulle loro truppe, nonostante il peso massimo di Waxman e Markey, e nonostante l’impegno di Nancy Pelosi, speaker della House.

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Carlo Stagnaro energia, liberismo , , , ,

Obama e la Fed

17 giugno 2009

La “grande riforma” della finanza americana presentata da Obama è arrivata, e ci sarà tutto il tempo di discuterne, letto attentamente il documento della “Financial Regulatory Reform” e presi atto di tutti i commenti che da domani, com’è inevitabile, intaseranno i giornali e i blog del pianeta.  Un primo punto solo apparentemente marginale è quello sollevato da un amico analista finanziario, Cole Kendall, nella sua newsletter (il sito è Understanding the Market, l’ultima newsletter non è ancora on line). Per Kendall, la riforma di Obama accende una “Federal Reserve time bomb”. Oberando la FED di nuove responsabilità regolatorie, ne metterebbe a rischio l’indipendenza:

Recent congressional hearings examining the nature of the communications between Chairman Bernanke and the head of Bank of America (over the Merrill Lynch purchase) has highlighted the perils of increased regulatory authority. Chm. Bernanke (or his successor) would be a regular visitor to Congress to explain not only his monetary policy but also his regulatory decision making. While Chm. Bernanke might be capable of surviving such hearings on a regular basis, not every future Fed chairman will be able to survive in such conditions and eventually Congress will decide to reorganize the Fed.

Anche per noi che siamo cresciuti alla scuola per cui l’indipendenza delle autorità indipendenti di ogni risma è essenzialmente una “formula politica”, la questione in realtà è importante. Perché se una autorità è improbabile che sia “assolutamente indipendente”, può certo diventare “ancora più dipendente” dalla politica. E perché la concentrazione di nuove competenze può non solo rendere ancora più arbitraria la regolazione, ma anche caricare sulle spalle dei regolatori troppe promesse, difficili da mantenere. Limitiamoci ancora a considerazioni di ordine generale - domani entreremo nel dettaglio, seguendo la guida esperta del nostro direttore. Sul sito di Astrid, trovate un bellissimo intervento del Commissario Consob Luca Enriques, dello scorso anno. Riporto le conclusioni, che ogni ri-regolatore dovrebbe leggersi e rileggersi come preghierina della sera:

A mio avviso, è importante che coloro che saranno chiamati alla revisione delle regole tengano ben presenti i rischi cui si va incontro in questi casi. Vorrei segnalare cinque errori da evitare. Sono altrettante ovvietà, ma di questi tempi non guasta ripeterle.
1. Anzitutto, non si deve scordare che le leggi generano costi e non solo benefici, distorcono i comportamenti e tendono ad avere conseguenze inaspettate; e che la tentazione di eluderle è insopprimibile. E la migliore dimostrazione di ciò è proprio nella crisi finanziaria in corso, frutto delle cattive regole e delle cattive politiche non meno che dell’assenza di regole e dei fallimenti del mercato(…) A fronte di queste insidie, bisogna guardarsi dalla fretta nell’accettare soluzioni che sembrano di buon senso, magari perché semplici e facili da spiegare, ma che poi possono rivelarsi dannose e controproducenti. Da questo punto di vista, la lezione del Sarbanes Oxley Act è sufficientemente istruttiva. E soprattutto, è da evitare la trappola tautologica per cui se il fenomeno X non è regolato, allora è necessario regolarlo.
2. Nel rivedere le regole esistenti, è bene guardarsi anche dalla tentazione di concludere che certi meccanismi di controllo, magari da noi non ancora pienamente accettati, non servano perché non sono stati in grado di prevenire la crisi. (…)
3. Analogamente, sarebbe un errore pensare che certi strumenti siano da sopprimere perché hanno concorso a creare i presupposti della crisi. E’ chiaro che le stock option hanno spostato le preferenze degli amministratori di banche verso l’assunzione di rischi eccessivi. Ma vietare o disincentivare le stock option per questa ragione sarebbe come vietare i cellulari perché possono agevolare le attività dei terroristi e dei criminali.
4. Nuovi poteri ed eventualmente anche una nuova governance per le autorità di vigilanza non saranno sufficienti a prevenire la prossima crisi. Ciò non vuol dire che le autorità di vigilanza non debbano essere rafforzate e meglio disciplinate. Significa invece guardarsi dall’errore di ingenerare aspettative troppo elevate nella politica e nell’opinione pubblica sui risultati che le autorità di vigilanza possono effettivamente conseguire.
5. Da ultimo, ri-regolare non significa solo aggiungere regole a quelle che già ci sono e modificarne alcune. Vuol dire anche togliere di mezzo le regole rivelatesi, magari anche a seguito della crisi, inefficaci o inefficienti.

Alberto Mingardi mercato , , , ,

Fiat-Chrysler, chapeau all’avvocato Lauria

6 giugno 2009

Il Wall Street Journal oggi - leggete qui -  ha fatto scoppiare una bella bombetta sul caso Fiat-Chrysler, pubblicando il fitto scambio di mail tra manager della Chrysler, consulenti della stessa e funzionari della car-task force dell’Amministrazione Usa. Nel carteggio si avanzano reiterati e seri dubbi sulla sostenibilità finanziaria del matrimonio da parte di Fiat, di lamenta che la casa torinese elude le richieste di chiarimenti, si rilancia l’ipotesi di abbinare Chrysler a GM. Ma, alla fine, la prima fila della Chrysler si piega e batte i tacchi alla politica, che ha scelto essa, molto più di Bob Nardelli, che Fiat è il meglio.

Non è una rivelazione. Era chiaro che le cose erano andate esattamente così. Anche se, naturalmente, è tutt’altra cosa poter leggere le mail originarie degli scambi d’opinione, i loro toni sopra le righe, le perplessità affannosamente senza risposta della prima linea di Chrysler man mano che si avvicina la deadline  posta dall’Amministrazione per il chapter 11. Vediamo domani come la stampa italiana tratterà la faccenda. Personalmente, su qualunque giornale scrivessi o facessi scrivere altri, avrei predisposto un bell’editoriale dal titolo “pari e patta”: chi lamenta - anch’io  - l’improprio ruolo esercitato dalla politica tedesca per escludere Fiat da Opel,  ricordi bene che è la politica americana ad aver scelto la casa torinese per Chrysler, e che l’ha fatto a mo’ di monito verso GM, più grande e ancora da “ammansire”, all’epoca.

Qui, aggiungo solo due cose. Ottimo il WSJ, come al solito. Ma letteralmente giù il cappello di fronte alla giustizia americana, alla Corte del Southern District di New York che ha ammesso tali mail quali prove documentali, e soprattutto all’immenso avvocato Thomas Lauria, che nel procedimento si oppone alla soluzione escogitata dalla politica a nome del calpestato diritto di alcuni fondi d’investimento e fondi pensione. Lauria è riuscito a procurarsi le mail - alcune di pochissimi giorni fa - in nome dalla full disclosure  che il debitore deve al creditore, e le ha spiattellate nel fascicolo. Ha tempo fino alle 16 di lunedì ora di New York per presentare appello alla Corte Suprema.  Dalle aziende e dalle banche italiane non esce un fiato, quando s’incappa nei guai, nemmeno a distanza di anni. Figuriamoci le mail “apicali” a distanza di una settimana dalle decisioni assunte. Viva la differenza… sempre che Obama non “europeizzi” gli Usa anche in questo.

Oscar Giannino liberismo, mercato , , , ,