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Posts Tagged ‘aiuti di Stato’

GM si riprenderà prima della Opel “russa”

10 luglio 2009

I media Usa oggi sono tutti dedicati all’uscita di GM dalla procedura di bancarotta, durata a malapena 40 giorni, con le nuove decisioni di tagliare 450 manager, interi marchi, e un calendario che viene annunciato come ”serrato”, per iniziare e restituire le decine di miliardi di dollari pubblici  gentilmente messi a disposizione dall’Amministrazione USA. Un’impresa da far tremare le vene ai polsi, possibile solo se a questo punto Fritz Henderson e i restanti manager davvero incidono il corpaccione dell’inefficienza GM a colpi di accetta. Improbo sì, però comunque un compito meno improbabile di quello che graverà sulla spalle della ormai ex branch europea di GM, la Opel avviata alla partnership con la cordata  austriaca di nome - Magna - ma russa di sostanza - il gruppo automobilistico Gaz più Sberbank. Le follie recenti di Gaz le trovate descritte qui con abbondanza di particolari. Chiedere per favore ai francesi di Renault, che a inizio 2008 hanno speso un miliardo di dollari per rilevare il 25% di Avtovaz. Il gruppo russo ha perso 800 milioni di dollari su 6 miliardi di fatturato nel 2008, le sue vendite a fine giugno da inizio anno sono inferiori del 47% a quelle del 2008, e i revisori del bilancio lo scorso 2 luglio con grande scorno di Putin hanno scritto nero su bianco di avere a questo punto molti dubbi, sulla capacità aziendale di far fronte alle rate del debito pari a 1,7 miliardi di dollari…

Oscar Giannino Senza categoria , , , ,

Fiat-Chrysler, chapeau all’avvocato Lauria

6 giugno 2009

Il Wall Street Journal oggi - leggete qui -  ha fatto scoppiare una bella bombetta sul caso Fiat-Chrysler, pubblicando il fitto scambio di mail tra manager della Chrysler, consulenti della stessa e funzionari della car-task force dell’Amministrazione Usa. Nel carteggio si avanzano reiterati e seri dubbi sulla sostenibilità finanziaria del matrimonio da parte di Fiat, di lamenta che la casa torinese elude le richieste di chiarimenti, si rilancia l’ipotesi di abbinare Chrysler a GM. Ma, alla fine, la prima fila della Chrysler si piega e batte i tacchi alla politica, che ha scelto essa, molto più di Bob Nardelli, che Fiat è il meglio.

Non è una rivelazione. Era chiaro che le cose erano andate esattamente così. Anche se, naturalmente, è tutt’altra cosa poter leggere le mail originarie degli scambi d’opinione, i loro toni sopra le righe, le perplessità affannosamente senza risposta della prima linea di Chrysler man mano che si avvicina la deadline  posta dall’Amministrazione per il chapter 11. Vediamo domani come la stampa italiana tratterà la faccenda. Personalmente, su qualunque giornale scrivessi o facessi scrivere altri, avrei predisposto un bell’editoriale dal titolo “pari e patta”: chi lamenta - anch’io  - l’improprio ruolo esercitato dalla politica tedesca per escludere Fiat da Opel,  ricordi bene che è la politica americana ad aver scelto la casa torinese per Chrysler, e che l’ha fatto a mo’ di monito verso GM, più grande e ancora da “ammansire”, all’epoca.

Qui, aggiungo solo due cose. Ottimo il WSJ, come al solito. Ma letteralmente giù il cappello di fronte alla giustizia americana, alla Corte del Southern District di New York che ha ammesso tali mail quali prove documentali, e soprattutto all’immenso avvocato Thomas Lauria, che nel procedimento si oppone alla soluzione escogitata dalla politica a nome del calpestato diritto di alcuni fondi d’investimento e fondi pensione. Lauria è riuscito a procurarsi le mail - alcune di pochissimi giorni fa - in nome dalla full disclosure  che il debitore deve al creditore, e le ha spiattellate nel fascicolo. Ha tempo fino alle 16 di lunedì ora di New York per presentare appello alla Corte Suprema.  Dalle aziende e dalle banche italiane non esce un fiato, quando s’incappa nei guai, nemmeno a distanza di anni. Figuriamoci le mail “apicali” a distanza di una settimana dalle decisioni assunte. Viva la differenza… sempre che Obama non “europeizzi” gli Usa anche in questo.

Oscar Giannino liberismo, mercato , , , ,

Tremonti, ogni promessa è debito

4 giugno 2009

Campagna elettorale europea in dirittura finale, e di conseguenza ultime smitragliate a raffica dei capi politici. Nella fitta serie, segnalo l’attivismo di Giulio Tremonti, segnalatosi oggi per un’intervista al Messaggero, una a Radio1, una Radiocity, una a Sky tv, e probabilmente me ne sono persa qualche altra. Tra le tante affermazioni, molte di esse già note, una mi ha particolarmente colpito per sincerità. «Non sono contrario agli aiuti di Stato», ha detto Tremonti a Sky tg24 Economia.  E ha aggiunto: «Adesso che è cambiato il gioco, giochiamo anche noi». Per chi lo conosce, considero questa frase di Tremonti un’ammissione schietta e sincera: la pensa davvero così, non è tanto per convincere qualche elettore in più. È un ceffone a distanza ai soloni della concorrenza europea, alla Monti, Giavazzi et similia.

Mai come in questa occasione risulta appropriato il vecchio detto: ogni promessa è debito. Personalmente, considero una fortuna che l’Italia, per la sua eredità di ingenti vincoli sul debito pubblico e la pazzesca concorrenza di maxi emissioni quest’anno e negli anni a venire per l’impennata del debito pubblico di Paesi fino al 2008 “virtuosi”, abbia sin qui speso in termini aggiuntivi assai poco, limitandosi per lo più a riallocare spese di competenza non ancora impegnate. Che cosa in concreto significhino gli aiuti di Stato, lo testimoniano oggi i tanti articoli dedicati da ogni testata americana al mercimonio immediatamente apertosi in Congresso per i 2000 concessionari auto dei quali GM e Chrysler hanno comunicato intenzione di rescissione dei contratti di rappresentanza, all’atto della presentazione dei piani di razionalizzazione che sono valsi l’assunzione da parte dell’Amministrazione Usa  di oltre il 60% della prima e dell’8% della seconda. Non c’è niente di più scontato della sequela di dichiarazioni di deputati e senatori democratici che ammettono anche, nella media, che entrare nel dettaglio gestionale delle aziende da parte dei poteri pubblici è generalmente sbagliato, ma una volta che si impegnano i denari del contribuente allora “bisogna” farlo.

Resto dunque curioso di capire a chi si applicheranno, gli aiuti pubblici promessi oggi da Tremonti. L’esplosione delle polemiche  e la mezza marcia indietro del governo tedesco su Magna-Opel dovrebbe insegnare a tutti che aprire i cordoni del Tesoro pubblico può essere facile,  ma la possibilità di commettere gravi errori nel breve e soprattutto nel medio-lungo, supera i benefici attesi quasi sempre solo nel breve termine.

Piuttosto, il campanello d’allarme venuto dalla fallita asta di titoli pubblici lettoni dovrebbe indurci a una prudenza raddoppiata. Per il momento, è più saggio prevedere strumenti europei comuni di aiuto a Paesi limitrofi che rischiano pesante instabilità - la Lituania dovrà per forza rinunciare al suo peg monetario fisso, col bel risultato che i mutui massicciamente contratti dai suoi cittadini in euro e franchi svizzeri andranno alle stelle, peggiorando ulteriormente il meno 18% di Pil attualmente atteso per il 2009. A dicembre scorso ci ha pensato il FMI, ora sarà il caso di rendere disponibile la finestra di possibilità fino a 50 miliardi di euro dichiarata a tal fine dalla BCE, violando implicitamente il veto tedesco a strumenti comuni  per soccorrere i meno virtuosi (trovate qui il bel commento di Anatole Kaletsky, sul Times di oggi). Gli Stati pensino al momento a destinare i propri aiuti a salvarsi a vicenda, piuttosto che a moltiplicare i casi Opel.

Oscar Giannino mercato , ,