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I dati della “straordinaria” svolta di Ferrovie dello Stato

5 agosto 2009

Lo scorso 4 Agosto la Corte dei Conti ha “approvato” l’amministrazione di Mauro Moretti a capo di Ferrovie dello Stato tanto che il comunicato stampa 36 del 2009 della stessa afferma: “Il biennio 2007/2008 ha rappresentato un periodo di svolta nella gestione del Gruppo Ferrovie dello Stato. La situazione di grave deficit strutturale  del Gruppo, registrata alla fine dell’esercizio 2006, chiuso con una perdita complessiva di 2115 milioni di euro e addebitale per oltre il 90% a Trenitalia, è stata pressoché totalmente risanata sotto il profilo gestionale nell’arco dei due anni.” Quale gestione potrebbe modificare in maniera così radicale una società nell’arco di così poco tempo? Forse un’azienda totalmente Statale che dipende in gran parte dai sussidi che riceve ogni anno proprio dallo Stato. È la ragione per la quale è necessario studiare la “svolta” e vedere quale tipologia di “svolta” vi è stata. La “svolta” si spiega infatti con un aumento dei contributi pubblici, minori accantonamenti ed esodi anticipati rispetto agli anni di svolta stessi. Una svolta “straordinaria” e “Statale” dunque, ma per le casse pubbliche e per i contribuenti che hanno dovuto finanziare questo cambio epocale. Vediamo come.

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Andrea Giuricin mercato , , , , ,

Alitalia: le motivazioni della preoccupazione degli azionisti

3 agosto 2009

I dati di bilancio di Alitalia resi pubblici il 29 luglio scorso non possono non preoccupare gli azionisti della società, mentre i passeggeri sono preoccupati dai ritardi e dai disguidi all’aeroporto di Roma Fiumicino. In questo periodo dell’anno nel trasporto aereo è naturale un incremento dei ritardi, poiché gli aeroporti sono maggiormente congestionati. La compagnia dunque non è direttamente responsabile di tutti le problematiche evidenziate in queste ultime settimane, ma certamente i ritardi potrebbero danneggiare la nuova Alitalia, poiché i passeggeri potrebbero associare l’immagine della vecchia compagnia di bandiera al nuovo vettore. Queste preoccupazioni certamente sono prese in considerazione dal management, che tuttavia sembrerebbe aver avuto altre preoccupazioni nell’ultimo periodo. Le voci di estromissione di Rocco Sabelli dal comando della compagnia aerea si sono rincorse la settimana scorsa, salvo poi non essere confermate dal Consiglio di Amministrazione di Alitalia. Le perdite operative (non nette) del vettore italiano sono state di 273 milioni di euro, in gran parte dovute al primo pessimo trimestre dell’anno, quando la compagnia era in fase di avviamento. Ma che cosa ci dicono  dati appena rilasciati su andamenti dei costi e ricavi? Quanto ci si sta discostanto dal piano originario? Quanto si devono preoccupare, in altre parole, gli azionisti?

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Andrea Giuricin mercato , , ,

Trenitalia: troppo pubblica e pochi cambiamenti (contabili)

18 luglio 2009

Il settore ferroviario avrebbe bisogno di una seria riforma in quanto il trasporto via ferro attualmente è fonte di notevoli sprechi e di enormi spese per lo Stato Italiano. I punti di debolezza sono molteplici ed elencarli tutti richiederebbe un libro. Senza analizzare i provvedimenti degli ultimi mesi, che sono andati tutti contro la concorrenza (dal DDL Sviluppo alle leggi 2 e 33 del 2009), è bene poter vedere i primi dati dell’operatore monopolista del trasporto ferroviario italiano. Trenitalia S.p.A., controllata da Ferrovie dello Stato Holding, ha chiuso questo anno il conto economico con una perdita di soli 41 milioni di euro, contro i 402 milioni di euro di rosso del 2007. Questo dato potrebbe essere considerato positivamente, senza fare un’analisi completa del bilancio, ma è necessario ricordare che il bilancio dell’azienda incumbent del trasporto ferroviario italiano è totalmente dipendente dai sussidi e contributi pubblici. Quindi, prima di fare affermazioni frettolose è bene studiare a fondo il conto economico pubblicato da Trenitalia, analizzando in primo luogo i ricavi e successivamente i costi. Solo in questo modo è possibile trovare gli eventuali miglioramenti nella gestione dell’incumbent ferroviario. Analizzando a fondo il conto economico di Trenitalia infatti l’impressione che se ne ricava è totalmente differente dall’ultima riga del bilancio.

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Trenitalia Cargo: la concorrenza falsata e la sicurezza ferroviaria

9 luglio 2009

La sicurezza nel trasporto ferroviario è tornata prepotentemente in prima pagina in seguito alla gravissima tragedia di Viareggio. Le vittime sono salite a 23 persone, mentre altre continuano a lottare per la sopravvivenza in diversi ospedali italiani.
Spesso si è confuso il problema della sicurezza con la liberalizzazione del mercato ferroviario; il trasporto merci su ferro è stato liberalizzato in Europa da alcuni anni, ma è sbagliato collegare l’apertura del mercato con il fatto che l’incidente sia capitato ad un’azienda concorrente di Trenitalia Cargo.
Il problema relativo alla sicurezza non è dunque legato alla liberalizzazione come dimostrano i casi inglesi e svedesi, i più liberalizzati e al contempo i più sicuri. Sui binari di questi due Stati, viaggiano in concorrenza diversi operatori ferroviari e l’unica conseguenza rilevata è stata quella di una maggiore efficienza nel settore.
In Italia esiste un grave problema relativo alla concorrenza; se nel settore merci è riscontrabile una qualche competizione, soprattutto nel segmento internazionale, nel trasporto passeggeri continua ad esserci un solo monopolista, Trenitalia. Questa azienda è pubblica, poiché è interamente controllata dal Ministero dell’Economia, tramite la Holding Ferrovie dello Stato e controlla anche Trenitalia Cargo.
Ci sono due problemi legati alla sicurezza che hanno tuttavia una certa rilevanza anche il tema della concorrenza; in primo luogo quello relativo all’Agenzia per la sicurezza ferroviaria. Questa è stata creata pochi anni fa, separando il controllo della sicurezza da Ferrovie dello Stato. Questa separazione ha avuto una lunga gestazione, poiché dopo alcuni anni, l’organico di tale Agenzia non è ancora al completo. Prosegui la lettura…

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Ferrovie: la concorrenza è necessaria

7 luglio 2009

Lasciare in mano all’operatore pubblico il settore ferroviario forse non è la cosa migliore, viste le inefficienze che tale operatore ancora possiede. Mettere in concorrenza significa far vincere il migliore, colui che riesce a fare dei profitti e reinvestirli nell’azienda; al contempo i peggiori dovrebbe essere lasciati fallire, anche se si trattano di operatori pubblici e non fare come è successo per il caso Alitalia, dove per troppi anni il Ministero dell’Economia ha ricapitalizzato l’azienda e allungato l’agonia.
Di aziende ferroviarie private nel settore cargo che producono dei profitti esistono; tuttavia esse subiscono la concorrenza di Trenitalia Cargo, che continua ad operare con margini negativi per oltre il 20 per cento da diversi anni. I sussidi che riceve Trenitalia evidentemente aiutano a mantenere in vita un’azienda che continua ad essere in rosso da ormai troppi anni e che di conseguenza fa concorrenza sleale con i soldi che riceve dello Stato.
Nel trasporto passeggeri si potrebbe seguire l’esempio di diversi paesi europei, non certo quello francese che ogni anno riceve oltre 10 miliardi di euro dai contribuenti. Il modello svedese o inglese, vedono si una rete pubblica, ma gli operatori privati sono in concorrenza e chiedono sussidi molto bassi. Lo stesso modello potrebbe essere attuato in Italia, dove credo non ci sia una cultura necessaria, per una privatizzazione totale della rete. Prosegui la lettura…

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Trasporto ferroviario, la liberalizzazione aumenta la sicurezza

30 giugno 2009

L’incidente avvenuto la scorsa notte a Viareggio è una tragedia immensa. Per i familiari delle vittime, è il momento del dolore. Per noi tutti, si apre una finestra di riflessione.
Probabilmente, dalle prime notizie, sembra che il primo vagone, di produzione non italiana, si sia rotto e sia stata la causa di tutti questi morti, feriti e dispersi.
È sbagliato intentare facili processi senza sapere esattamente quali siano stati i fatti che hanno provocato così tanto dolore. E in un processo, c’è sempre comunque una difesa.
In queste prime ore è andato sul banco degli accusati la liberalizzazione del trasporto ferroviario. In Italia , una tale accusa, sembra quasi un nonsense, essendo il nostro paese poco liberalizzato in questo settore dei trasporti.

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Settore Auto: quegli aiuti inutili

22 giugno 2009

La settimana scorsa si è tenuto un importante vertice tra Fiat e il Governo; l’incontro ha messo in evidenza la strategia del gruppo torinese, che è quella di focalizzarsi sempre più sul mercato internazionale.
Questa è una necessità dovuta sia ad un mercato dell’automotive sempre più globalizzato che allo scarso appeal del nostro Paese come paese produttore di autovetture.
La Fiat ha esplicitato tale strategia non solamente con l’acquisizione del 20 per cento della proprietà di Chrysler e il tentativo di fusione con Opel, ma con una delocalizzazione, negli ultimi anni, della produzione verso paesi con un migliore ambiente atto agli investimenti.
Il gruppo guidato da Sergio Marchionne mette in evidenza due punti chiave del settore automobilistico italiano. Prosegui la lettura…

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TPL: è necessaria una riforma “all’inglese”

1 giugno 2009

Le dichiarazioni del Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, in occasione delle Considerazioni Finali 2009 tenutesi a Roma lo scorso venerdì 29 maggio, sono state molto forti in ambito dei servizi pubblici locali.

In questo settore, tanto importante per l’economia, quanto ancora “fuori mercato”, ricordava il Governatore, è necessario rivedere la riforma apportata lo scorso anno dal Parlamento Italiano.

Lo stesso appunto era stato fatto pochi giorni prima dall’Istituto Bruno Leoni in occasione della presentazione dell’Indice delle Liberalizzazioni 2009.

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Liberalizzare gli slot? Non solo a Linate

23 maggio 2009

Le dichiarazioni di Antonio Catricalà, presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato circa la “l’apertura” di Linate alla concorrenza con un incremento degli slot disponibili sono certamente condivisibili e l’invio di una segnalazione all’Ente Nazionale dell’Aviazione Civile è un primo passo significativo.

Meno comprensibile, dal punto di vista della concorrenza è la visione di Vito Riggio, presidente dell’ENAC, il quale ha dichiarato che per motivi “infrastrutturali ed ambientali” l’aumento degli slot è “difficilmente praticabile e sconsigliabile”.

Attualmente a Linate sono permessi 18 movimenti orari, nonostante l’aeroporto abbia una capacità di circa 32 movimenti orari. Il traffico passeggeri è stato di circa 9 milioni passeggeri nel 2008, mentre lo scalo potrebbe accogliere almeno 15/16 milioni di clienti l’anno.

Tale limitazione è stata introdotta col “Decreto Bersani bis” del gennaio del 2001, quando si pensava di fare di Malpensa un grande hub internazionale di Alitalia.

Si ricorda che un hub non è un aeroporto, come impropriamente viene detto, ma è la struttura di network di una compagnia aerea che fa di un aeroporto una propria base. In quest’ottica è comprensibile, ma non giustificabile la limitazione dell’epoca, poiché Alitalia faceva di Malpensa una propria base importante per le rotte intercontinentali.

Restare al 2001 sarebbe un grave per due motivazioni, la prima di carattere generale del trasporto aereo e la seconda specifica di Milano.

In primo luogo il mercato aereo ha avuto un’evoluzione molto differente dal sistema hub & spoke; infatti sempre più i collegamenti sono point to point, cioè diretti tra due destinazioni, grazie alla crescita delle compagnie low cost.

In secondo luogo avendo Alitalia definitivamente cancellato nel marzo 2008 dai propri piani il posizionamento su Malpensa, non ha più alcun senso parlare di hub sullo scalo varesino.

Per queste due motivazioni economiche e di mercato non ha più alcun senso mantenere limitazioni di voli su Malpensa.

Aumentando anche a soli 25 movimenti orari la capacità di Linate si potrebbe aprire finalmente alla concorrenza, non solo la Linate – Roma Fiumicino, ma anche altre numerose rotte.

La congestione aeroportuale è stata riconosciuta essere una delle principali barriere alla concorrenza nel settore aereo dalla stessa Commissione Europea e l’opportunità di avere spazio di sviluppo di aeroporto dovrebbe essere sfruttata per favorire il mercato stesso.

Nel mese di Aprile mentre Malpensa, che aveva slot disponibili, ha saputo catturare una timida ripresa del mercato aereo ed ha visto aumentare il numero di passeggeri transitati dell’8 per cento, Linate, con la sua chiusura, ha visto una diminuzione del traffico del 10 per cento.

I limiti infrastrutturali e ambientali di Linate sono dunque fittizi, poiché la limitazione aveva un carattere politico e sicuramente non tecnico ed economico.

Un’altra argomentazione contro lo sviluppo di Linate è quella che Malpensa verrebbe cannibalizzata; andando a guardare i dati delle fughe, cioè i passeggeri che partono da Linate verso un hub europeo, risulta quasi del tutto inesistente questo problema.

Esiste semmai un altro problema, la mancata liberalizzazione dei voli intercontinentali.

Attualmente, per molte destinazioni, non è possibile alcun collegamento da Milano a causa della restrizione degli accordi bilaterali. Non solo si limitano le destinazioni, ma anche il numero delle compagnie operanti e il numero di frequenze settimanali. È urgente una liberalizzazione di tale mercato al fine di dare a Malpensa l’opportunità di trovare le compagnie che possano servire tali mercati.

Vengono riportati due semplici esempi; il primo riguarda Taiwan, importante economia del sud est asiatico, con un PIL procapite superiore a 15mila dollari che non è possibile collegare da Milano a causa della restrizione dell’accordo bilaterale. Il secondo riguarda un paese partner economico più importante, la Russia. Verso tale Stato la frequenza settimanale è limitata a 70 voli dall’Italia e i voli diretti possono essere effettuati solamente da due compagnie. Non è un caso, che da un’analisi di prezzo effettuata a marzo, risultava che era più caro andare direttamente a Mosca che raggiungere gli Stati Uniti, che invece vedono un mercato liberalizzato e che dista 2 volte e mezzo la destinazione Russa.

La questione di Malpensa e Linate, non può essere analizzata senza affrontare il tema degli slot in generale; attualmente essi sono assegnati secondo il criterio del grandfathering, cioè le compagnie che hanno un tale diritto lo mantengono gratuitamente se lo utilizzano almeno per l’80 per cento del tempo nella stagione precedente.

Questo criterio, come giustamente ricorda Vito Riggio, fa si che comunque non esista un mercato degli slot.

In definitiva è necessario liberalizzare gli slot su Linate, ma è altrettanto importante introdurre un mercato secondario degli slot in Italia, come è stato richiesto anche dall’Unione Europea.

Introdurre un secondary trading degli slot, come succede già nell’area londinese, farebbe aumentare l’efficienza e in parte aiuterebbe a risolvere i problemi di congestionamento degli aeroporti.

Il Governo dovrebbe agire urgentemente per creare un mercato degli slot; questa sarebbe una riforma essenziale per lo sviluppo del trasporto aereo, senza alcun costo per le casse dello Stato e potrebbe essere fatta molto velocemente.

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Malpensa e Alitalia, tra Governo Nazionale ed Unione Europea.

17 maggio 2009

La conferenza stampa effettuata da Alitalia questa settimana nella quale si affermava la scelta di Fiumicino come hub per la compagnia, ha lasciato molti strascichi.

Rocco Sabelli, amministratore delegato della compagnia aerea ha dichiarato che il futuro della propria compagnia sarà nello scalo romano e Malpensa sarà solamente uno degli aeroporti tra i tanti con solo tre voli intercontinentali.

In realtà tale scelta è figlia del “Piano Prato”, dal nome dell’ex amministratore delegato dell’ormai defunta Alitalia, che fu presentato a fine agosto del 2007. Le novità sono ben poche, perché di fatto l’abbandono di Malpensa da parte di Alitalia è cominciato oltre un anno fa, quando tale piano industriale cominciò ad essere attuato.

La risposta alla compagnia italiana è arrivata da diversi politici del Nord Italia ed in particolare dalla classe dirigente della Lombardia. Lo scorso 16 Maggio sul Corriere della Sera, le dichiarazioni di Giuseppe Bonomi, amministratore delegato della società Aeroportuale che gestisce gli scali milanesi, hanno sintetizzato la posizione ed il sentimento presente nella Regione Lombardia.

Bonomi ha rilevato che l’abbandono in realtà sia avvenuto ormai da oltre un anno e ha inoltre accusato la politica di avere fatto poco per aiutare lo scalo di Malpensa.

Sull’uscita di Alitalia dallo scalo varesino sono i dati che parlano chiaro: nel corso del 2008 i passeggeri di Alitalia sono stati circa 7,8 milioni in meno rispetto all’anno precedente, passando da oltre 11 milioni a poco più di 3,5 milioni di passeggeri l’anno. Questo abbandono è stato supplito in parte dagli altri vettori aerei, tanto che nel complesso l’aeroporto ha perso “solo” 4,7 milioni di passeggeri.

La crisi del trasporto aereo non aiuta un recupero immediato, ma le prospettive non sono totalmente nere per lo scalo varesino.

L’accusa di abbandono da parte della classe politica è in parte veritiera; Malpensa avrebbe bisogno di una liberalizzazione veloce degli accordi bilaterali per potere sviluppare il trasporto aereo intercontinentale. Infatti, a dispetto di quanto si possa immaginare, la maggior parte della caduta del traffico di Malpensa è da imputarsi alla contrazione del trasporto aereo intercontinentale.

Nel complesso circa il 50 per cento della perdita di passeggeri dell’aeroporto nel 2008 rispetto al 2007 deriva dai mercati a lungo raggio.

La mancanza di liberalizzazione su tale segmento del trasporto aereo, fa sì che in seguito all’abbandono di Alitalia, non sia possibile una sostituzione da parte di altri vettori.

Infatti molti accordi bilaterali prevedono che, non solo non sia possibile la presenza di più di una compagnia per Stato, ma viene anche vietato l’utilizzo di scali differenti da Roma Fiumicino. Inoltre il numero di frequenze settimanali è deciso dall’accordo.

Si capisce bene, che in questo segmento del trasporto aereo, il mercato non abbia molta presenza a causa dell’eccessiva regolamentazione Statale.

Si prenda il caso di Taiwan; tale isola che ha un’economia sviluppata (hanno la sede molte importanti multinazionali tra le quali Acer) non può essere collegata direttamente a Milano perché gli accordi lo vietano. Se un businessman vuole recarsi nel paese asiatico è costretto ad andare a Fiumicino. Di questi casi ce ne sono molteplici.

Il Governo è realmente immobile? Bisogna evidenziare che il Ministro agli Affari Esteri, Franco Frattini, si sta impegnando per modificare alcuni accordi bilaterali, ma il processo è molto lungo.

Il Governo è immobile invece sulla questione degli slot; in questo settore invece di appoggiare la posizione del Commissario Europeo Antonio Tajani nella proposta di congelamento di questi diritti, avrebbe dovuto spingere verso una soluzione di mercato per l’assegnazione di questi.

L’introduzione di un mercato secondario è possibile e il 30 aprile 2008 fu la stessa Commissione Europea a prevederla come soluzione; poi la crisi economica ha cominciato a “picchiare duro” e come spesso è capitato, con la scusa della crisi di fatto si è cercato di limitare la concorrenza.

Sapendo della lunghezza delle trattative, l’Istituto Bruno Leoni, fin dalla presentazione del “Piano Prato” aveva preso una posizione pro-liberalizzazione, avvisando che tale soluzione potesse essere l’unica per salvare Malpensa.

Se il Governo, sta facendo qualche passo in avanti almeno sul segmento intercontinentale, l’Unione Europea ne sta facendo cinque indietro.

Il congelamento degli slot di fatto blocca l’entrata delle compagnie aeree che volessero investire sugli scali milanesi. Per onor del vero, bisogna ricordare che Malpensa non è congestionato e dunque sullo scalo varesino tale modifica ha un impatto molto limitato. Al contrario tale decisione colpisce duramente lo scalo di Linate, sempre gestito dalla SEA.

Non lasciando liberi gli slot inutilizzati su Linate non si permette l’entrata delle altre compagnie.

L’Unione Europea con questa modifica al regolamento degli slot di fatto impedisce di sostituire i voli non effettuati da Alitalia nel city airport milanese con altri voli di altre compagnie concorrenti.

Proviamo ora ad immaginare che il mercato prenda piede nel settore degli slot.

Se la Commissione Europea eliminasse il congelamento degli slot e il Governo Italiano introducesse un mercato secondario di tali diritti, come succede nell’area londinese e come proposto dalla stessa Commissione solamente un anno fa, si potrebbe avere una soluzione best-best-best, vale a dire:

  • Best per Alitalia, perché avendo molti slot su Linate potrebbe valorizzarli e venderli alle compagnie in grado di sviluppare l’aeroporto, facendo cassa.
  • Best per gli aeroporti Milanesi, perché la caduta del traffico verrebbe frenata dall’entrata di nuovi operatori al posto di Alitalia.
  • Best per i consumatori, perché avrebbero maggiore possibilità di scelta e la maggiore concorrenza a Linate apporterebbe anche un beneficio in termini di riduzione delle tariffe.

Ancora una volta la soluzione sta nel mercato e nella concorrenza. Introdurre misure anti-competitive, come quella del congelamento degli slot, peggiora la situazione di tutti gli attori ad eccezione delle compagnie aeree tradizionali.

La soluzione per Malpensa e Linate non è dunque difficile da individuare e va nella direzione “più mercato”, ma è difficile che tutti gli attori politici convergano su una posizione a favore della concorrenza.

Andrea Giuricin Senza categoria , , , , , , ,