Negli anni tra il 1994 e il 2005, Alberto Alesina con una raffica di papers insieme ad una dozzina di economisti di mezzo mondo ha dato solidi fondamenti empirici allo studio delle interrelazoni tra avvenimenti storici e preferenze economiche di lungo periodo manifestate dagli individui nei diversi contesti sociali, in particolare soffermandosi sulle caratteristiche che distinguono il modello anglosassone da quello europeo continentale. Il primo più basato sull’individuo, sulla convinzione che il successo dipenda dal duro lavoro e non dalla fortuna, e sulla diffidenza che le istituzioni servano innanzitutto a redistribuire il reddito invece che limitarsi a garantire libertà, proprietà ed equi punti di partenza per l’ascesa sociale, affidata nel suo concreto manifestarsi alle capacità di ciascuno. La sintesi la trovate in “Fairness and Redistribution: US vs. Europe”, in American Economic Review, Vol. 95 (September 2005), alle pp. 913-35. Su quella base, si svilupparono tutta una serie di ricerche, alla caduta del comunismo, per capire meglio quali conseguenze di lungo periodo sarebbero derivate allo stato d’animo e alle convinzioni delle coorti di lavoratori che erano cresciute sotto il tallone dei regimi filosovietici, vedi su questo ancora di Alesina, nel 2008, “Good Bye Lenin (or not?) - The Effect of Communism on People’s Preferences,” American Economic Review, Vol. 97, pp. 1507-28. Con analogo metodo, è venuto ora il momento di chiedersi: quali conseguenze eserciterà la recessione in corso, sui valori e sulle scelte di chi oggi ne subisce i colpi? Weimar - è fin troppo luogo comune - produsse il milieu ideale di consenso al nazismo. Da noi il fascismo si affermò prima, ma comunque fu decisiva la crisi da fine della sovrapproduzione bellica, con relativi sommovimenti sociali dalla settimana rossa del ‘19 in avanti. E ora, che cosa ci aspetta? Non regimi tirannici ma purtroppo non molto di buono, almeno per noi liberali che crediamo nel mercato.
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Oscar Giannino liberismo
È assolutamente ovvio che i listini americani oggi non abbiano particolarmente brillato, dopo i dati preliminari sulla produttività americana nel secondo trimestre rilasciati oggi dal Dipartimento del Lavoro. Eppure sono numeri, in apparenza, tali da stappare champagne. Cerchiamo allora di tradurli, visto che confermano in pieno - purtroppo - quanto stiamo scrivendo su questo blog da settimane.
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Oscar Giannino mercato consumi, costo del lavoro, disoccupazione, produttività
Qui in Germania capita molto spesso di parlare di Italia e non soltanto per via del cibo, che pure rimane in cima alle preoccupazioni di gran parte dei tedeschi. Talora accade infatti di toccare argomenti più dolorosi, attinenti al delicato mondo della politica e dell’economia. Nei giorni scorsi, ad esempio, ho fatto quattro chiacchiere con una studentessa bavarese. Tra le prime cose che è riuscita a dirmi non appena ha saputo che ero italiano, ve n’è una che ho trovato particolarmente sconvolgente: “Io vengo in Italia - mi ha detto con entusiasmo- solo per viaggiare a bordo delle vostre Ferrovie. Sono così convenienti!” Al che, rabbrividendo, ho tentato di ricordarle che il servizio offerto da Trenitalia è di pessima qualità e soprattutto che il conto di prezzi così artificialmente bassi lo paghiamo noi contribuenti italiani. A suo modo aveva ragione Bastiat: ciò che si vede suggestiona molto di più di ciò che non si vede.
Giovanni Boggero liberismo, mercato germania, Trenitalia
Secondo i dati grezzi del Bureau of Labour Statistics (BLS), nel mese di luglio l’economia statunitense ha perso 1,33 milioni di posti di lavoro, un dato che dopo alcune correzioni statistiche si è ridimensionato ad una flessione del numero degli occupati non agricoli di 247.000 unità, cifra che ha fatto gridare al miracolo della stabilizzazione, dimenticando che quasi un quarto di milione di impieghi distrutti in un mese rappresenterebbe uno dei peggiori risultati delle fasi recessive americane dal 1948 ai giorni nostri, esclusa la Grande Recessione che stiamo attraversando. Un dato che induce a riflettere sulle tecniche di rettifica statistica applicate alle rilevazioni macroeconomiche.
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Mario Seminerio mercato Mercato del lavoro, occupazione, Stati Uniti