Mercati efficienti: nunc et semper Lucas pro nobis
Per chi se lo fosse perso o non avesse abitudine settimanale all’Economist, segnalo il magistrale intervento di Bob Lucas sul corrente numero. È un maestro per noi di Chicago (nell’infinitamente piccolo: anche mio), dunque non lo chioso ma mi limito a diffonderlo. Imparando, come sempre. Tratta l’Economist come merita, cioè a pesci in faccia, per il suo report sulla dismal science in cui echeggiavano toni che erano quasi italiani, in merito alla solita storia sugli economisti inutili visto che non hanno saputo prevedere la crisi. Tante volte abbiamo anche nel nostro piccolo polemizzato sull’argomento, smentendo innanzitutto proprio la balla relativa alla presunta assenza di allarmi precedenti. Proprio chi non si riconosce in politiche monetarie lasche, aveva più volte inutilmente levato la voce rispetto alla formula Greenspan + high yields = systemic risk. Ma l’intervento di Lucas è apprezzabile innanzitutto perché sbaracca con il giusto disprezzo chi vorrebbe invece accostare l’origine della crisi alla teoria dell’efficienza cognitiva dei mercati, uno dei maggiori contributi venuti alla finanza moderna dalla scuola di Chicago. E’ stato Eugene Fama- allievo del genialissimo Benoit Mandelbrot - in un famosissimo articolo pubblicato nel 1969 sull’International Economic Review dal titolo The Adjustment of Stock Prices to New Information, a porre le basi della cosiddetta EMH, Efficient Market Hypothesis. La sua teoria comprende tre diversi sub modelli di efficienza - debole, semi forte e forte - nella riflessione dei prezzi degli asset alle informazioni note, ed è accompagnata dalla dimostrazione che l’efficienza di mercato non può essere respinta senza confutare insieme una qualunque ipotesi di modello di equilibrio del mercato. L’EMH non ha MAI voluto significare che i prezzi siano in sé intrinsecamente “razionali” se all’aggettivo si attribuisce il significato di evitare instabilità, e tanto meno eticament “giusti”: comporta solo che essi esprimano e scontino i dati e gli andamenti noti. I behavioristi da una quindicina d’anni hanno attaccato duramente la EMH in nome del bias infomativo e cognitivo. E questo ci sta, in un mondo di informazioni finanziarie assolutamente “troppo” asimmetriche come quello in cui viviamo. Ma l’attacco dell’Economist sapeva invece di mera burletta keynesiana alla finanza intrinsecamente instabile, per questo meritava di essere bastonato. La conclusione di Lucas, su questo, al momento è per me pressoché de-fi-ni-ti-va (anche se non bisognerebbe mai dirlo, in alcuna scienza umana): «The main lesson we should take away from the EMH for policymaking purposes is the futility of trying to deal with crises and recessions by finding central bankers and regulators who can identify and puncture bubbles. If these people exist, we will not be able to afford them». Lucas ora e sempre, per quello che mi riguarda.