Nucleare: consenso informato? Di Antonio Sileo
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da parte di Antonio Sileo.
Vogliano perdonare i sempre più numerosi lettori l’incursione su queste colonne, su un tema, poi, di cui si parla (e si scrive) già tanto; ma energia nucleare (o atomica, come si diceva una volta) è proprio un argomentone: problema insolubile o soluzione ovvia a seconda dei punti di vista; come se la ripresa di una produzione elettronucleare fosse davvero dietro l’angolo. Forse si è già capito, ma voglio ribadire che sono abbastanza d’accordo con quanto ha qui scritto Carlo Stagnaro.
La produzione di energia da fonte elettronucleare è un percorso lungo, secolare, che proprio non si presta ad accelerazioni o strappi, anche se tantissimi dei proponenti hanno i capelli bianchi…
Vorrei, quindi, brevemente, soffermarmi sulla questione dell’indispensabile consenso, che tra l’altro mai come in questo caso, è difficile da misurare.
Un consenso a geometria variabile, che muta quando si passa da un’intenzione generica alla scelta della reale ubicazione della centrale (Roberto Benigni avrà certo occasione di rifare un suo vecchio sketch: Noi siamo d’accordissimo al Nucleare, non vogliamo mica rimanere indietro, ma se la centrale serve a Roma perché farla qui? Noi ci accontenteremmo anche di una succursale…).
Del resto, proprio la mancanza di consenso ha fatto sì che la trascorsa avventura nucleare italiana sia stata altalenante negli sviluppi, quasi fallimentare nei risultati e non scevra da colpi bassi e di teatro. Anche a prescindere dalla vicenda referendaria, ciò che ha fatto difetto ai vari livelli – istituzionale, politico, economico, industriale, civile, accademico, tecnico – è stata proprio l’assenza manifesta di un accordo multidimensionale, per la verità una merce in Italia comunque rara. Né a tal proposito basta un’intensa attività convegnistica (per tradizione un indotto certo, con o senza centrali).
Forse, visto che il cammino resta ostico e il sentiero si intravede soltanto, conviene procedere con circospezione. Non tanto, e per forza, lentamente, quanto con passi piccoli che dovrebbero ridurre le possibilità di sgambetti.
A tal proposito, gioverebbe rammentare come il novellato art. 117, comma 3, della Costituzione comprenda, nell’elenco delle materie di legislazione concorrente, anche quelle relative al sistema infrastrutturale in materia di produzione, trasporto e distribuzione(?) nazionale dell’energia nonché alla ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi.
La Corte costituzionale ha fornito nel tempo un’interpretazione dinamica di tale competenza concorrente (ex pluribus, le sentenze 303/2003, 6/2004, 62/2005), abbandonando l’idea di un riparto in senso rigidamente verticale, in favore di un sistema di relazioni Stato-Regioni costruito sulle cosiddette “intese” e sul principio della “leale collaborazione”. C’è il rischio, intrinseco alla materia, che talune scelte in tema di localizzazione degli impianti, sistemi di stoccaggio e definizione di misure compensative in favore delle popolazioni interessate dalla costruzione delle centrali – presenti nel disegno di legge – possano essere avvertite dalle Regioni come eccessivamente “centralistiche”, con il risultato di scatenare un contenzioso davanti alla Consulta dagli effetti dilatori facilmente intuibili.
Il fatto che nulla è stato concluso su un deposito nazionale per le scorie, neanche per quelle a medio-bassa attività, né è una riprova.
C’è poco da fare, e non bisogna dimenticarselo, l’energia nucleare viene (sovra)percepita, e in modo diverso da qualsiasi altra.
Lo scontro difficilmente sarà evitabile, in diversi saranno tentati di cavalcare i dissensi. La domanda di fondo sarà: ma perché il nucleare è così necessario?
Lo scontro difficilmente sarà evitabile, in diversi saranno tentati di cavalcare i dissensi.
La domanda di fondo sarà: ma perché il nucleare è così necessario? Con la crisi (con gli impatti sull’economia reale di quella che era una crisi finanziaria) i consumi, anche energetici, sono crollati e chi sa quando riprenderanno a crescere. E, poi, a prescindere, non sarebbe meglio lavorare (investire) nel contenimento dei consumi.
Obiezioni, invero, non del tutto peregrine che verranno fatte dal (finalmente ricompattato) fronte ambientalista e non solo.
Come rispondere? Meglio, come convincere? Non sarà soltanto per le canute chiome, ma sta di fatto che non si sentono idee nuove.
Be’, visto che le celebrazioni per i cento anni del Futurismo non sono ancora finite e ché il Direttore ci da licenza poetica (e non solo), e vieppiù chiedendo scusa al genio di Marinetti, la risposta potrebbe essere la seguente:
Forse sarà proprio l’allora futuristica automobile (diventata ormai femminile) monca dei suoi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un’automobile non più ruggente, che adesso sembra correre come gioco di bambino e non più sulla mitraglia, che forse sarà meno bella della Vittoria di Samotracia, ma pulita: senza alcuna emissione biossicabonante, con ultramini celle di accumulo e che solo un po’, di notte?, si fermerà… Allora l’auto (elettro)atomica produrrà +++++++ (silenzio) e l’AgGlomErAtO UrbanO, le nostre ancor piccole metropoli, verranno purificate. E l’elettrocrescita di nuovo detonerà.
Chi sa, può darsi aspettino che lo dica un altro genio. Marchionne?
PS: chi scrive, naturalmente, è a conoscenza di un accordo proprio sull’auto elettrica tra una nota azienda energetica dal nome palindromo, che c’entra con un monopolista elettrico francese, e una ancor più nota casa automobilistica (anch’essa a controllo pubblico) sempre d’oltralpe.
13 luglio 2009 energia
Su un blog liberista preferirei parlare di soldi e non di “consenso informato”. Il problema del nucleare, infatti, è che fa a pugni con la liberalizzazione del settore elettrico, altro che sicurezza e ambiente. La verità è che col nucleare le imprese energetiche hanno fiutato la possibilità di appropriarsi di ciò che sta loro più a cuore: un bel sussidio! Giusto l’altro giorno Potì (Edison) dichiarava che le centrali nucleari dovrebbero godere dei certificati verdi come le rinnovabili!!!
Se pensiamo poi che il nucleare richiede il coordinamento di molti attori (in Finlandia hanno fatto un bel consorzio fra produttori e grandi consumatori), si capisce subito che si veleggia verso il ritorno al prezzo deciso dal comitato interministeriale.
Quindi, su un blog che sostiene il libero mercato mi aspetto che si dica solamente questo: “il nucleare? Fattelo coi soldi tuoi!” Se nessuno lo fa, evidentemente vuol dire che senza Pantalone, l’atomo economicamente non regge (si vedano gli States e lo UK, come esempi di disastro economico).
Oppure anche qui, su questo bel sito, “ubi maior, minor cessat”?
Trovo sbagliato voler considerare il nucleare una soluzione ai problemi italiani di mix energetico. Richiede tempi troppo lunghi.
Occorre che chi i decisori siano chiari e ci dicano i veri motivi, forse i cittadini sarebbero anche più disponibili.
Corretta interpretazione. Sarebbe opportuna un’analisi costi-benefici che consideri anche i costi decisionali e sociali connessi alla costruzione di impianti nucleari, rispetto a quanto effettivamente si verrà incontro alla domanda di energia, visto il calo dei consumi.