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Archivio per 20 luglio 2009

Autorità di regolazione: la politica attacca, da noi e negli States

20 luglio 2009

Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, nel girare al Parlamento la relazione annuale del presidente Consob Lamberto Cardia, ha sottolineato con una propria nota la necessità  di interventi improcrastinabili «sull’attuale assetto istituzionale italiano che, rispetto agli altri Paesi membri dell’Unione europea, si caratterizza per un numero elevato di autorità indipendenti, tra cui sono ripartite le funzioni regolamentari di vigilanza». Secondo Tremonti il dibattito che è «di importanza cruciale». Il sistema basato sulla frammentazione delle autorità nazionali è ormai «irrealistico» perchè gli intermediari sono «sempre più internazionali» e i mercati «sempre più integrati». Abbiamo deciso di chiedervi con un sondaggio come la pensate. Io sono dell’idea che occorra stare oggi più che mai molto attenti. L’aria di “rivincita” da parte della politica non mi persuade per niente, e più volte ho già scritto come la penso intorno alle cattive prove offerte recentemente da vertici di Autorità di regolazione indipendenti, dalla Consob all’Antitrust, che mi appaiono troppo pronti a compiacere la politica invece di tutelare l’indipendenza delle decisioni del proprio collegio. È un dibattito che ferve in tutto il mondo, sotto la morsa della crisi la politica mostra crescente insofferenza verso Authorities che, tante volte, non hanno dato buona prova di sé, mostrandosi spesso “prigioniere” dei soggetti regolati. Negli States, soprattutto, il confronto è molto più alla luce del sole che da noi.  Perché lì accademici e intellettuali reagiscono e dibattono. Da noi, tutto tace e i media o restano muti, o plaudono alle… ”cardiate”.

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Oscar Giannino Senza categoria , , ,

El nucleare xe venexian?

20 luglio 2009

Qualche giorno fa mi chiedevo: nucleare dove? Un indizio arriva oggi dal lungo articolo di Dario Di Vico sul Corriere Economia, che avvalora la tesi secondo cui almeno un impianto dovrebbe trovare sede in Veneto. All’indomani dell’approvazione del ddl Sviluppo, che per la prima volta apre la strada all’atomo, il governatore del Veneto, Giancarlo Galan, era stato l’unico a dichiararsi disponibile a ospitare una centrale. Oltre a lui, solo Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia, aveva lasciato uno spiraglio aperto, subordinando però la sua disponibilità all’esito positivo di un referendum popolare. Di Vico ricostruisce il dibattito veneto, sottolineando le perplessità già manifestate da esponenti di primo piano della Lega, pronti a cavalcare le opposizioni popolari (nonostante il partito sia ufficialmente favorevole al nucleare). Opposizioni non trascurabili, se bisogna dar retta al sondaggio condotto dalla Fondazione Nord Est e ricordato dallo stesso Di Vico: il 52,2 per cento dei cittadini sarebbe contrario, mentre solo il 7,2 per cento sarebbe favorevole a prescindere e un più incoraggiante, ma complicato, 32,2 per cento lo sarebbe “a patto di avere certezze sulla sua salute”.

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Carlo Stagnaro energia , , , , ,

Conseguenze inintenzionali del populismo

20 luglio 2009

Da almeno dieci anni la politica del governo USA sulle case è follemente populista: dare a tutti una casa a qualsiasi costo, che sia economico, come rischiare di distruggere il sistema finanziario, o psicologico, come scrivere slogan propagandistici ridicoli come in “Closing the gap. A guide to equal opportunity lending”, il manifesto del populismo immobiliare USA, pubblicato con la complicità della Federal Reserve di Boston.

Nonostante ciò, se i privilegi legali delle due government sponsored enterprises, Fannie Mae e Freddie Mac, o gli sgravi fiscali sui profitti immobiliari, o il supporto monetario diretto al mercato immobiliare degli ultimi due anni di crisi hanno avuto effetti devastanti sull’economia americana, soprattutto sulla sua stabilità finanziaria, potrebbe venire il dubbio che comunque qualche effetto sociale positivo ci sia pur stato.

Il boom partito alla metà degli anni ‘90 ha provocato un aumento della proprietà immobiliare tra gli americani: se prima il 64% degli americani aveva una casa di proprietà, poco prima della crisi era salito al 69.0%. Ammesso (e non concesso, data la mobilità lavorativa degli americani) che questo sia un fatto di per sé positivo, c’è da dire che la crisi ha già fatto scendere questo tasso al 67.3% (2009Q1), e considerando che gli interventi del Tesoro e della Fed hanno rallentato il naturale aggiustamento dell’economia, i fondamentali economici sono sicuramente ben peggiori di quanto i numeri facciano pensare.

Non sono un fan delle analisi costi-benefici, perché sono necessariamente value-ridden e tendono sempre a dimenticare qualcosa (il mondo è complesso e l’informazione scarseggia). In ogni caso, un aumento del 5% (ora 3%) dell’homeownership è costato moltissimo: la creazione di un sistema finanziario instabile, un indebitamento estero da repubblica delle banane, il dirottamento dei pochi fondi disponibili dall’industria verso servizi finanziari dal dubbio valore reale e verso un settore immobiliare evidentemente ipertrofico da anni (con conseguente depauperamento del settore secondario, o sua esportazione all’estero), un aumento incredibile dell’indebitamento dei privati, e un’improvvisa - anche se prevedibilissima - contrazione dello stato patrimoniale degli americani, che si erge minacciosa come una spada di Damocle sul futuro dei baby boomers pensionandi.

I dati sono dell’US Census Bureau. Viene da chiedersi, in pratica, se l’unico effetto positivo del boom immobiliare indotto dai governi USA non sia che un fenomeno temporaneo, visto che presto o tardi i debiti andranno pagati, e quindi qualcuno perderà la casa acquistata rovinandosi finanziariamente, e a costo di enormi distorsioni macroeconomiche.

Pietro Monsurrò Senza categoria , , , ,

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