Da giorni, tutti i media impazzano con analisi giustamente sempre più spaccacapelli della lotta tra fazioni interne alla teocrazia iraniana. Non capisco perché sia invece totalmente sottovalutata la spinta puramente economica. E’ l’amaro morso della recessione in un paese piegato da scelte politiche sbagliate, a spingere la gente in piazza: temo assai più di ogni sogno di democrazia all’occidentale. Le cifre ufficiali della banca centrale dell’Iran attestano oggi una disoccupazione oltre il 17% e un’inflazione oltre il 25%: esse sono sicuramente false, approssimate per difetto solo Dio - Allah, pardon - di quanto. Quanto al peso che le diminuite royalties petrolifere, nonché l’arretratezza dell’intero apparato energetico nazionale esercitano, sulla crisi del paese e sulle sue pulsioni atomico-muscolari nell’area, trovate qui un’analisi accurata.
Oscar Giannino energia Iran, nucleare, recessione
Trovate qui l’equivalente britannico del rapporto Caio, la relazione predisposta da Lord Carter per l’estensione della banda larga nel Regno Unito. Gordon Brown ha tanti difetti, ma non sottovaluta come da noi in Italia l’effetto che un piano “vero” per la banda larga può esercitare sulla produttività del paese. Qui il suo editoriale sul Times di oggi, in cui dichiara che la banda larga è vitale come l’acqua e il gas. Da noi, il debito di TI e l’intreccio Mediaset-iptv, tra carriers e fornitori di contenuti, spaccia per piano di banda larga portare 2Mega a chi ancora non ce l’ha: con la banda larga c’entra come Giannino con Napoleone. Ma anche i britannici, in tempi di Gordon Brown, hanno i loro difetti. L’idea di finanziare il piano con una tassa speciale all’utenza, di 6 pounds per ogni linea telefonica fissa, è assolutamente sbagliata, almeno a mio giudizio e sono curioso di conoscere il vostro. La linea fissa dell’ex incumbent è da decenni pienamente ammortizzata, e non sono i suoi utenti a dover pagare aggiuntivamente per la banda larga: pagheranno già il giusto quanto sottoscriveranno i piani delle concrete offerte che sceglieranno per usarla. Al contrario, proprio perché la linea fissa è ammortizzata, l’accelerazione dello shift verso la fibra va finanziato non con tasse ma con politiche tariffarie adeguate. Cioè con tariffe adottate dal regolatore che, per esempio, sulla terminazione fisso-mobile non siano fatte ad uso e consumo dell’indebitato incumbent come da noi. E non escludendo Fastweb dall’asta delle residue frequenze UMTS un tempo aggiudicate da Ipse, come capita appunto da noi, per non turbare i gestori mobili già esistenti quando proprio quelle utenze potrebbero ottimizzare in alcuni punti l’offerta di servizio di chi ha la rete in fibra più estesa d’Europa.
Oscar Giannino telecomunicazioni Agcom, broadband, Telecom Italia
Personalmente, ho sempre avuto grandi perplessità sulla reale consistenza di Gianfranco Fini come uomo politico. Considerato uomo di rottura con il passato recente del centro-destra per l’enfasi sui temi etici che pone da un po’ di tempo in qua nei suoi interventi, alla ricerca di uno spazio autonomo, non ho mai capito se la sua fosse tattica o strategie. E, ad ogni buon conto, Fini non si era per nulla allontanato dallo statalismo che è purtroppo moneta corrente nel centro-destra, economia sociale di mercato e quelle robe lì. Fino ad oggi. Perché con il suo intervento introduttivo alla relazione annuale dell’Antitrust, Fini dice cose che sono lontane anni luce dal pensiero comune sulla crisi.
Prosegui la lettura…
Alberto Mingardi liberismo Antitrust, Concorrenza, crisi economica, Gianfranco Fini
Da quando scrive su Repubblica, a Tito Boeri sono cresciuti i canini. L’economista della Bocconi era un commentatore molto più posato su La Stampa. Su Repubblica, i suoi toni sono ben sintonizzati sulla linea del giornale.
Secondo chi scrive, in parte è un bene, perché che Boeri e lavoce.info siano considerati “organicamente” parte della sinistra italiana, e come tali riconosciuti dal suo più importante quotidiano, è di per sé un importante segnale di modernizzazione — della sinistra, s’intende. È pur vero che è più facile che sia Repubblica ad affilare le spade della logica economica contro il governo, se a Palazzo Chigi sta Berlusconi, com’era più probabile lo facesse il Giornale, quando c’era Prodi. All’opposizione, si pensa meglio.
Prosegui la lettura…
Alberto Mingardi welfare
Per la serie: l’eterno ritorno del sempre uguale, oggi l’Autorita’ garante della concorrenza e del mercato (per gli amici, l’Antitrust) ha presentato la sua relazione annuale. Qui ci riferiamo alla presentazione letta dal suo Presidente al Parlamento.
Poco da segnalare. Il testo si apre con una timida difesa delle istituzioni di mercato, dalla cattiva reputazione che la crisi ha proiettato su di esse. Catricala’ non e’ molto persuasivo, ma un applauso da parte nostra, in questo caso, non glielo leva nessuno.
La relazione continua tra affermazioni tutte da dimostrare (in un periodo come questo, bisogna tener gli occhi ancora piu’ aperti su quei settori contrassegnati da “intrecci o posizioni dominanti”, come fossero la stessa cosa) e una difesa non d’ufficio ma dell’ufficio. L’Autorita’serve prima dopo e durante i processi di liberalizzazione, spesso per sanzionare “comportamenti elusivi delle liberalizzazioni”. I mercati liberi devono essere piu’ presidiati dei “settori protetti”, e altre amenita’.
Il piu’ importante punto di merito sta nella difesa della “strategia degli impegni”, accusata da alcuni esperti d’antitrust di eccessiva morbidezza nei confronti delle aziende. Poi poche ma sagge parole su farmacie e stoccaggi del gas.
Per gli appassionati della “indipendenza” dell’Autorita’, vedasi la paginetta scarsa sulla disciplina del conflitto d’interessi, in capo all’Agcm dalla legge Frattini (come gia’ in passato, l’Agcm contesta i meccanismi d’accertamento dei conflitti). I nostalgici di “Mi manda Lubrano” troveranno conforto nelle tre pagine sulla “tutela del consumatore”.
Alberto Mingardi mercato Antitrust, antonio catricala', Concorrenza, conflitto d'interessi, liberalizzazioni
(anche su Libertiamo.it)
Non si può nascondere una punta di soddisfazione nel sentire Federica Guidi scegliere, tra le proposte di policy che i Giovani di Confindustria hanno lanciato alla politica, una misura che l’Istituto Bruno Leoni aveva inserito un anno fa nel Manuale delle Riforme per la XVI legislatura: l’eliminazione dell’imposta regionale sulle attività produttive - l’Irap, l’imposta rapina - attraverso la sua “scomposizione” in due diverse componenti. Se quella del Manuale era una rivisitazione di un’intuizione di Francesco Forte, quella di Federica Guidi ne è una versione molto concreta e - se si volesse - facilmente attuabile. Le buone idee circolano, insomma. Prosegui la lettura…
Piercamillo Falasca mercato, welfare Confindustria, Guidi, Irap, riforme, sanità