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Archivio per 4 giugno 2009

Ue-Microsoft, un punto per Bill Gates

4 giugno 2009

Ci è capitato per le mani un interessante documento. Nella “guerra dei browser” fra le Autorità antitrust e Microsoft, riaperta inaspettatamente da Bruxelles, su sollecitazione di un competitor dell’azienda di Seattle, prendono posizione alcuni produttori riuniti nella Computer Technology Industry Association. Il loro “statement” è significativo perché ribatte con vigore alle tesi dell’Antitrust, dal punto di vista di attori che sono partner di Microsoft ma non si sentono “parte lesa”. Particolarmente interessanti, limpide nella difesa di una “libertà dei produttori” necessariamente complementare a quella dei consumatori, e giustamente severe su un punto cruciale: la concorrenza non si costruisce attraverso “mandati”, disposizioni in punta di baionetta, le conclusioni:

If installing multiple browsers were in the interests of our customers, there would be no need for the Commission to require it. As OEMs, we are free to install multiple browsers on Windows PC and we would do so because satisfying customer demand is key to our success in the market place. But we do not believe the must carry approach serves our customers well. Just the opposite, And we know that it will drive up our costs at a time of severe economic recession when we can ill affordo to absorb such additional costs. We respectufully request the European Commission to reconsider and abandon the must carry approach.

Qui il testo completo.

Alberto Mingardi liberismo , , , ,

Tremonti, ogni promessa è debito

4 giugno 2009

Campagna elettorale europea in dirittura finale, e di conseguenza ultime smitragliate a raffica dei capi politici. Nella fitta serie, segnalo l’attivismo di Giulio Tremonti, segnalatosi oggi per un’intervista al Messaggero, una a Radio1, una Radiocity, una a Sky tv, e probabilmente me ne sono persa qualche altra. Tra le tante affermazioni, molte di esse già note, una mi ha particolarmente colpito per sincerità. «Non sono contrario agli aiuti di Stato», ha detto Tremonti a Sky tg24 Economia.  E ha aggiunto: «Adesso che è cambiato il gioco, giochiamo anche noi». Per chi lo conosce, considero questa frase di Tremonti un’ammissione schietta e sincera: la pensa davvero così, non è tanto per convincere qualche elettore in più. È un ceffone a distanza ai soloni della concorrenza europea, alla Monti, Giavazzi et similia.

Mai come in questa occasione risulta appropriato il vecchio detto: ogni promessa è debito. Personalmente, considero una fortuna che l’Italia, per la sua eredità di ingenti vincoli sul debito pubblico e la pazzesca concorrenza di maxi emissioni quest’anno e negli anni a venire per l’impennata del debito pubblico di Paesi fino al 2008 “virtuosi”, abbia sin qui speso in termini aggiuntivi assai poco, limitandosi per lo più a riallocare spese di competenza non ancora impegnate. Che cosa in concreto significhino gli aiuti di Stato, lo testimoniano oggi i tanti articoli dedicati da ogni testata americana al mercimonio immediatamente apertosi in Congresso per i 2000 concessionari auto dei quali GM e Chrysler hanno comunicato intenzione di rescissione dei contratti di rappresentanza, all’atto della presentazione dei piani di razionalizzazione che sono valsi l’assunzione da parte dell’Amministrazione Usa  di oltre il 60% della prima e dell’8% della seconda. Non c’è niente di più scontato della sequela di dichiarazioni di deputati e senatori democratici che ammettono anche, nella media, che entrare nel dettaglio gestionale delle aziende da parte dei poteri pubblici è generalmente sbagliato, ma una volta che si impegnano i denari del contribuente allora “bisogna” farlo.

Resto dunque curioso di capire a chi si applicheranno, gli aiuti pubblici promessi oggi da Tremonti. L’esplosione delle polemiche  e la mezza marcia indietro del governo tedesco su Magna-Opel dovrebbe insegnare a tutti che aprire i cordoni del Tesoro pubblico può essere facile,  ma la possibilità di commettere gravi errori nel breve e soprattutto nel medio-lungo, supera i benefici attesi quasi sempre solo nel breve termine.

Piuttosto, il campanello d’allarme venuto dalla fallita asta di titoli pubblici lettoni dovrebbe indurci a una prudenza raddoppiata. Per il momento, è più saggio prevedere strumenti europei comuni di aiuto a Paesi limitrofi che rischiano pesante instabilità - la Lituania dovrà per forza rinunciare al suo peg monetario fisso, col bel risultato che i mutui massicciamente contratti dai suoi cittadini in euro e franchi svizzeri andranno alle stelle, peggiorando ulteriormente il meno 18% di Pil attualmente atteso per il 2009. A dicembre scorso ci ha pensato il FMI, ora sarà il caso di rendere disponibile la finestra di possibilità fino a 50 miliardi di euro dichiarata a tal fine dalla BCE, violando implicitamente il veto tedesco a strumenti comuni  per soccorrere i meno virtuosi (trovate qui il bel commento di Anatole Kaletsky, sul Times di oggi). Gli Stati pensino al momento a destinare i propri aiuti a salvarsi a vicenda, piuttosto che a moltiplicare i casi Opel.

Oscar Giannino mercato , ,

Abolire le Province

4 giugno 2009

Non è possibile non segnalare questo. Un grazie a Massimo Gramellini.

Giovanni Boggero liberismo ,

Ferrovie: i costi ci sono. E i benefici?

4 giugno 2009

Lo scorso 15 maggio lavoce.info ha pubblicato un intervento di Andrea Boitani e Carlo Scarpa nel quale si critica aspramente la campagna di comunicazione di Fs secondo la quale oggi le “Ferrovie dello Stato non gravano più sulla collettività”. L’articolo è stato ripreso qualche giorno dopo da Finanza&Mercati. Ieri è arrivata la replica al quotidiano delle ferrovie dove “si conferma e si ribadisce che con il ritorno al pareggio, FS non pesa più sui bilanci dello Stato come è stato invece in passato a causa delle pesanti perdite di esercizio”. Argomentazione priva di fondamento dalla quale si dovrebbe dedurre che, in passato, l’aiuto dello Stato consistesse esclusivamente nel ripianamento delle perdite di esercizio. La realtà è ben diversa: quell’intervento avveniva a valle di altri generosissimi contributi sia in conto corrente che per gli investimenti. E poco o nulla è cambiato negli ultimi anni. Come scrivono Boitani e Scarpa, nel 2007 sono passati dalle tasche dei contribuenti alla casse di FS oltre 7 miliardi di Euro che equivalgono a 500 Euro per una famiglia di quattro persone.
Per mostrare quanto sono efficienti, le FS sostengono che i loro costi sono analoghi a quelli degli altri due maggiori operatori europei: SNCF e DB. Trattandosi dei due ex(?) monopolisti di Germania e Francia non sembra che il termine di riferimento sia così significativo. Al più, si potrebbe sostenere che anche i contribuenti francesi e quelli tedeschi se la passano piuttosto male.
D’altra parte, se le FS sono così sicure di non avere concorrenti, per quale motivo in Parlamento sono in fase di approvazione due provvedimenti volti a prolungare la durata dei contratti di servizio e a reintrodurre la possibilità di affidare senza gara i servizi regionali?
Per le ferrovie poi, il fatto che ingenti risorse pubbliche vengano destinate al potenziamento della rete infrastrutturale, appare come una “variabile indipendente”, una realtà che non può essere messa in discussione. Si legge infatti nella lettera a Finanza&Mercati: “da anni FS non riceve conferimenti in conto capitale ma soltanto contributi in conto impianti per investimenti che l’azionista ritiene indispensabili per lo sviluppo della rete infrastrutturale, cosi come di altre reti come quella stradale, e come avviene anche all’estero”. Non è così. La rete stradale, realizzata anch’essa in larga misura con risorse pubbliche, viene più che ripagata con gli introiti fiscali che gravano sul settore automobilistico: il flusso di risorse che va dagli automobilisti allo Stato ed agli enti locali è all’incirca pari al doppio di quello in direzione opposta. Analogamente, le compagnie aeree pagano per intero i costi connessi alla realizzazione ed alla gestione degli aeroporti e non ricevono (tranne quelle ex statali) alcuna sovvenzione da parte dello Stato.
Non vi è dubbio quindi che le ferrovie ricevano un trattamento di favore rispetto agli altri modi di trasporto. Più che continuare a ripetere che “così fan tutti” sarebbe opportuno cominciare a riflettere su quali sono i reali benefici che la collettività riceve a fronte dell’imposizione fiscale necessaria per finanziare le ferrovie. Negare, contro ogni evidenza, che tale carico esista forse significa non essere così certi che vi siano valide ragioni che lo giustifichino.

Francesco Ramella liberismo, mercato , , , ,