H come Holzmann. E’ questo il nome che circola in Germania in queste ore per descrivere il roseo futuro della Adam Opel Gmbh, salvata dal contribuente tedesco, neanche a farlo apposta, grazie alla provvidenziale intermediazione dell’ex Cancelliere socialdemocratico. Di esempi simili tratti dalla storia tedesca se ne potrebbero snocciolare a decine. Me ne viene però in mente un altro particolarmente significativo, quello di Borgward. Tra il 1960 e il 1961 il gruppo automobilistico di Brema annunciò di avere gravissimi problemi di liquidità (causati dallo scarso successo del modello Isabella negli USA), che costrinsero la società ad andare dritta dritta verso le procedure concorsuali. Ludwig Erhard, allora Ministro dell’Economia, fu tra i più decisi sostenitori dell’insolvenza. L’Spd, invece, gridò allo scandalo, profetizzando “la fine dell’industria dell’auto made in Germany”. Oggi il novello Erhard, il giovane barone Zu Guttenberg, è rimasto nell’angolo.
Giovanni Boggero liberismo, mercato bancarotta, Borgward, Gerhard Schroeder, germania, Holzmann, Ludwig Erhard, Opel
Riceviamo e pubblichiamo da Franco Debenedetti:
Non si capisce il perché delle reazioni scandalizzate sull’esito della vicenda Opel.
Il Governo italiano ha fatto bene a non intervenire: poteva offrire solo o chiusure di stabilimenti in Italia o soldi.
Marchionne si é impegnato nella sola partita che poteva giocare, proponendo una soluzione basata su logiche industriali. Ma quando il destino dell’Opel si decide tra i capi di Governo della prima e della terza economia mondiale, e delle loro agende politiche, non ha molto altro da dire.
L’operazione, dal punto di vista delle competenze, si configura come un “reverse takeover”: quelle chiave stanno tutte nell’azienda acquisita. Management e sindacati di Opel si sono scelti i padroni ideali: entrambi stranieri, uno un subfornitore senza conoscenze di marketing automobilistico, l’altro un sub finanziatore con la garanzia del Governo tedesco.
Certo, sono aiuti di stato: ma solo chi ha la memoria corta, da noi, può scandalizzarsi.
Alberto Mingardi liberismo, mercato Fiat, Franco Debenedetti, governi, Opel, unione europea
La telenovela Noemi si e’ arenata su una questione diversa, dai presunti rapporti fra il sultano e le sue favorite. Sulla relazione fra le favorite ed i giornali. Il Giornale e’ partito attacco dell’Espresso, scrivendo d’essere in possesso delle registrazioni di quanto si sono detti, in un incontro certo non risolutivo, un giornalista del settimanale debenedettiano e la “Barbie polacca” dell’ultimo grande fratello. La fanciulla, ben istruita, ha dato a intendere d’avere avuto una relazione affettuosa col premier, e ha “adescato” il giornalista, pronto a proporle uno scambio denaro per prove.
Scandalo! Questo, e l’ipotesi che qualcosa del genere sia avvenuta pure fra Repubblica e Gino Flaminio (il fidanzato di Noemi che ora spera “di poter incontrare il premier”, che lui sobriamente chiama L’uomo del popolo), minerebbe tutta l’impalcatura del Noemi-gate. Destinato a mostrarsi per quello che e’: una cospirazione ordita da un quotidiano-partito per ridare spago ai tromboni sfiatati della sinistra, e poi ingigantita da un altro editore (Murdoch) preoccupato per la sopravvivenza della sua iniziativa imprenditoriale in Italia.
Non e’ questa la sede per valutare quanto incoerenti siano le dichiarazioni del premier la mattina per la sera, o piuttosto per biasimare l’assurdo del fatto che l’unica discussione politica di un qualche interesse e’ ormai l’ispezione del letto di Berlusconi. Mi fermerei solo su un dettaglio. Non capisco lo scandalo, per l’incentivo monetario a che il gallo canti.
Un conto e’ il contenuto di verita’ di alcune informazioni. Quello e’ importante. La “Barbie polacca” si sarebbe fatta pagare per affermazioni mendaci. Avrebbe venduto il falso. Ma se al contrario avesse avuto a disposizione prove vere, perche’ regalarle?
Dal suo punto di vista, sarebbe stato assurdo. Le prove (non le chiacchiere: le prove) di una relazione extraconiugale del premier sono evidentemente di grande valore per chiunque le pubblichi, perche’ venderebbe piu’ copie, per giunta in un momento di magra. Non c’e’ quindi da stupirsi se e’ disponibile a pagarle bene. Perche’ regalargliele, quindi?
Del resto, svelare una verita’ di questo tipo, da parte di una protagonista dei “giochi” di villa Certosa o Palazzo Grazioli, non sarebbe propriamente un investimento in reputazione. Se la starlette in questione fosse gia’ affermata, il suo percorso artistico verrebbe messo in una poco piacevole prospettiva. In caso non lo fosse, non e’ detto che la sua carriera futura beneficerebbe della fama di ragazza “facile” ma pure facile al rimorso che si conquisterebbe uscendo allo scoperto.
Per i pentiti, si offrono programmi di protezione. Perche’ si sa che non otterranno grandi vantaggi, dal denunciare i loro compagni di malefatte. Una “pentita” di villa Certosa non otterrebbe tanto facilmente una trasmissione a Mediaset: perche’ stupirsi, se pretende un indennizzo, se da’ un prezzo alla spiata?
Certo, i pentiti non sempre sono attendibili. E gli incentivi che vengono dati loro possono inficiarne le testimonianze, portarli a dire cio’ che gli inquirenti desiderano sentire. Avviene lo stesso anche in questo caso. Una confessione su “tutto quello che Berlusconi mi ha insegnato sulle piante grasse”, proveniente da una “velina”, non varrebbe granche’ per i giornali. Ma e’ per questo che i giornalisti devono confrontare le fonti, e che la ricostruzione della verita’ non puo’ basarsi su un’unica voce. Non per l’aver offerto o accettato denaro. Lo spione gratuito non e’ per forza piu’ attendibile di quello prezzolato.
Alberto Mingardi Senza categoria Berlusconi, la Repubblica, Noemi
Anche Martin Feldstein si schiera contro il capo & trade. L’argomento dell’economista americano è essenzialmente che qualunque sforzo unilaterale americano (o, se è per questo, euro-americano) di riduzione delle emissioni avrebbe un impatto ambientale, cioè un beneficio potenziale, estremamente piccolo, perché comunque le emissioni globali crescerebbero trainate dalle economie emergenti. Esattamente il contrario, quindi, di quanto ha sostenuto un paio di settimane fa Paul Krugman, che ha favoleggiato di possibili accordi globali che gli stessi paesi interessati (Cina e India in primis) hanno esplicitamente escluso. L’altro aspetto evidenziato da Feldstein è ancor più interessante: in pratica, il consigliere di Barack Obama sottolinea che la condizione politica necessaria ad avere uno schema di cap & trade sarebbe quello di distribuire gratuitamente i permessi di emissione, anziché venderli all’asta e utilizzare i proventi per ridurre le tasse o simili. Di fatto si tratta pure della scelta compiuta finora dall’Europa e, per la maggior parte dei settori tranne quello elettrico e a crescere alcuni altri, lo stesso varrà dal 2013 al 2020. Speriamo che le parole di Feldstein trovino una sponda alla Casa Bianca. E magari che anche a Bruxelles ci pensino un po’ su prima che la frittata sia fatta del tutto.
Carlo Stagnaro energia cap and trade, Cina, emissioni, global warming, globalizzazione, india, sviluppo
Quando sono Stato e politica a decidere di imprese private e settori di produzione, i media dovrebbero essere capaci di offrire analisi interpretative diverse dal puro colore, pur necessario e utile, su quali siano le predilezioni ideologiche del ministro zu und von Guttenberg della Csu rispetto ad Angela Merkel della Cdu, e agli esponenti della Spd. Occorrono anche criteri analitici ben più taglienti. Propongo un esempio, da zerohedge.blogspot.com che offre quotidianamente una miniera di dati finanziari. Date un occhio all’ipotesi proposta a http://zerohedge.blogspot.com/2009/05/i-am-marlas-observations-on-artifical.html, intorno alle eventuali inferenze tra potenziali sopravvissuti tra i dealers dell’auto nazionalizzata Usa,e le liste di donors per candidato alle primarie nelle ultime presidenziali.
Senza data di uscita dello Stato dall’auto come da tutti i settori che vengono “salvati”, data che deve essere dichiarata dalle autorità pubbliche in tempo contestuale agli interventi straordinari deliberati e attuati, non si attua solo una distorsione temporalmente illimitata del mercato con effetti a catena su migliaia di imprese che lavorano per il settore, ma si effettua anche una manipolazione sinergica del mercato del consenso politico. Allegria! È più utile elaborare e proporre numeri su questi fenomeni, o continuare a interrogare i diversi eredi della famiglia Agnelli fino al settimo grado di affini e consanguinei, per sapere che cosa avrebbero pensato di Opel i loro zii e nonne?
Oscar Giannino Senza categoria auto, Chrysler, Fiat, Gm, Merkel, Obama, Opel
Le dichiarazioni del Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, in occasione delle Considerazioni Finali 2009 tenutesi a Roma lo scorso venerdì 29 maggio, sono state molto forti in ambito dei servizi pubblici locali.
In questo settore, tanto importante per l’economia, quanto ancora “fuori mercato”, ricordava il Governatore, è necessario rivedere la riforma apportata lo scorso anno dal Parlamento Italiano.
Lo stesso appunto era stato fatto pochi giorni prima dall’Istituto Bruno Leoni in occasione della presentazione dell’Indice delle Liberalizzazioni 2009.
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Andrea Giuricin Senza categoria costi di produzione, Draghi, riforma, TPL