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Archivio per 30 maggio 2009

L’auto di Stato che piace al Corriere

30 maggio 2009

Nella notte Fiat ha perso. Partiti e sindacati germanici hanno fatto leva sul timore di GM di affidare Opel al suo temibile futuro concorrente Chrysler-Fiat, e dunque l’asset se lo sono aggiudicati i russi di Putin. I tedeschi consegnano a Mosca decine di migliaia di propri occupati, e se non verranno i 3 milioni di auto che vengono promesse come vendute in più sul mercato russo, allora i tedeschi chiederanno sconti sul gas. Baratto mercantilista di Stato, nient’altro che questo.
La mia curiosità era vedere come i media italiani avrebbero reagito alla cosa, largamente preannunciata ormai. Va bene che ieri era giornata dedicata a Bankitalia, ma la bocciatura da riservare alla carta stampata stamane, per come “toppa” la mesta conclusione di Stato della vicenda Opel, è sonora e su tutta la linea.
Sul blog posso essere chiaro, senza peli sulla lingua. Oggi si capisce bene, dove sta il nemico. Nemico intellettuale, naturalmente, lo definisco così’ con il sorriso sulle labbra, visto come siamo microbi noi ed elefante lui, senza alcuna punta di delegittimazione e di mancanza di rispetto.
Sta al Corriere della sera, il nemico. Sul ponte di comando a via Solferino. Il giornalone che aspira da sempre a dare una cultura e una spina dorsale alla borghesia produttrice lombarda e del Nord, oggi sulla vicenda Opel fa peggio che propalare una tesi sgangherata: la offre al suo lettore travestita con un’ammiccante veste di scena. Titola in prima pagina contro “l’entrata a gamba tesa dello Stato sull’auto”. Solo che nel commento di Massimo Mucchetti c’è scritto l’esatto opposto. Si dice che senza Stato e governi che avessero preso a cuore occupati e stabilimenti, col cavolo che la Fiat aveva carte da giocare per crescere. E si aggiunge che il governo tedesco andava preso più sul serio, mica è un fondo locusta. E che è stato un errore non dare più retta ai sindacati germanici. E che la colpa è del fatto che Fiat ha voluto giocare una partita fuori tempo di mercato e industriale, quando invece le sarebbe servita un solido ancoraggio a un governo a propria volta desideroso di sedersi e contare al tavolo delle nuove auto di Stato. La politica serve interessi più delicati e importanti delle presunte logiche privatistiche di chi esercita proprietà e controllo, guida manageriale e indirizzo del budget e del perimetro di attività. È questa la tesi del Corriere. Mucchetti più o meno l’ha sempre pensata così. Ma De Bortoli ha scelto fosse lui, a commentare in prima. E a portare la responsabilità di quel titolo falso e bislacco.
Signori industriali italiani, signori soci di Rcs presenti e aspiranti, passati e futuri, il vostro nemico è là: a via Solferino. Noi ci balocchiamo coi blog. Ma i conti di questo paludato neostatalismo, inneggiante coi vostri denari alla politica che torna a dettar legge, li pagate proprio voi, cari amici industriali. E sapete che vi dico, ridendo e scherzando: che vi sta anche bene!

Oscar Giannino Senza categoria , , ,

Se l’ingegner Capra si muove da politico consumato…

30 maggio 2009

Nei giorni scorsi si erano alzate molte voci sdegnate dopo la decisione del comune di Brescia di revocare i propri rappresentanti del consiglio di rappresentanza di A2A. Si era detto – e le cose stanno così – che si era trattato di una decisione “tutta politica”, conseguente al fatto che l’ing. Renzo Capra e i suoi fedelissimi sono uomini lontani dai nuovi equilibri cittadini determinati dall’elezione del nuovo sindaco, Adriano Paroli.
Soprattutto si era molto agitata una parte della grande stampa nazionale, che però – alle solite – ha introdotto una contrapposizione risibile: i tecnici (da una parte) contro i politici (dall’altra). Quasi sottacendo che la distanza tra Capra e il centro-destra era conseguente, è ovvio, alla storica collocazione dell’ingegnere piacentino nel centro-sinistra: e in particolar modo nella Dc montiniana. Perché non si resta per decenni alla testa di un’impresa municipalizzata altamente lottizzata se non si hanno agganci politici solidissimi.
Il comportamento davvero disinvolto – limitiamoci a questo aggettivo – tenuto ieri dall’ingegner Capra nel corso dell’assemblea di A2A (durante la quale ha rilevato errori formali nella pubblicazione dei patti parasociali e quindi ha negato il diritto di voto alla maggioranza, composta dai comuni di Milano e di Brescia), ha fatto cadere la maschera. Ormai è chiaro che siamo dinanzi ad una guerra, antica, tra due parti politiche che in vario modo cercano di legittimarsi: vantando di avere competenze che altri non hanno, di rappresentare i veri interessi delle città interessate, di essere i più vicini ai “migliori” o al popolo, e via dicendo.
Perfino il “Corriere della Sera”, stavolta, ha sostenuto che “la sensazione diffusa è che si stia consumando una vendetta”. Non siamo insomma di fronte ad un’analisi costi-benefici sul futuro dell’azienda, né ad un progetto per modernizzare la multi utilities. No: politica, solo politica, vecchissima politica.
Nel frattempo il lavoro passa ai legali (li pagheremo noi contribuenti, statene certi), mentre il titolo perde il 4% e la credibilità degli attori molto di più. Una cosa è curiosa: Capra è nato nel 1929 e quindi è riuscito per ottant’anni della sua vita (fino a ieri, in poche parole) a far credere a taluni – compresi vari autorevoli commentatori della grande stampa – di essere un tecnico. Fino a ieri, appunto.
Impossibile, allora, non concordare con quanto affermato da Basilio Rizzo, “storico” esponente comunale della sinistra milanese: «Quando i gruppi di potere giocano sulle società come fossero cosa propria, ne fanno le spese l’azienda nel suo complesso e in particolare i piccoli risparmiatori, e si dà spettacolo squallido».
D’accordo. Ma allora, a quando una bella privatizzazione, la quale apra al mercato i servizi ora egemonizzati da A2A e quindi dagli uomini di partito?

Carlo Lottieri Senza categoria , , , , ,

Nostalgia canaglia

30 maggio 2009

Ottimo pezzo di Stephen Moore sul WSJ a proposito di quanto ci manca Milton Friedman in queste settimane.

With each passing week that the assault against global capitalism
continues in Washington, I become more nostalgic for one missing voice:
Milton Friedman’s. No one could slice and dice the sophistry of
government market interventions better than Milton, who died at the age
of 94 in 2006. Imagine what the great economist would have to say about
the U.S. Treasury owning and operating several car brands or managing
the health-care industry. “Why not?” I can almost hear him ask
cheerfully. “After all, they’ve done such a wonderful job delivering
the mail.”

I recently phoned Rose Friedman and asked her what she thought about
the attacks on her husband. She was mostly dismayed at how far
off-course our country has veered under President Obama. “Is this the
death of Milton’s ideas?” I hesitantly asked. “Oh no,” she replied,
“But it is the death of common sense.”

[via Missing Milton: Who Will Speak For Free Markets? - WSJ.com]

Massimiliano Trovato liberismo , , , ,