Di recente i liberali tedeschi sono andati a congresso. L’assemblea riunita ad Hannover ha licenziato il programma elettorale da sottoporre alla “ratifica” degli elettori il prossimo 27 settembre. Si tratta di un elenco di proposte estremamente poco dettagliate quanto a modalità e tempi di attuazione, ma che ha comunque il pregio della chiarezza. Se dovesse approdare all’esecutivo, su un punto siamo certi che l’FDP darà battaglia: le tasse. Il ministro delle Finanze in pectore, Hermann Otto Solms, un distinto ed equilibrato signore sulla sessantina, ha già illustrato il suo progetto: tre aliquote, 10% fino a 20.000 Euro, 25% tra 20.000 e 50.000 e 35% oltre i 50.000. La no tax area verrebbe ulteriormente ampliata con il risultato che una famiglia composta da padre, madre e due figli incomincerebbe a pagare le tasse a partire dai 40.000 euro. E non finisce qui: l’FDP propone un ulteriore abbattimento delle aliquote sulla tassazione di impresa con l’eliminazione della Gewerbesteuer (la tassa sull’esercizio dell’attività). Va infatti detto che già dal 1 gennaio 2008 il governo ha portato il carico fiscale complessivo (composto da un’omologa dell’Ires nostrana, da un’imposta comunale sul commercio – la Gewerbesteuer appunto – e da una tassa di solidarietà) dal 38,6% sotto la soglia fatidica del 30%. Solms propone ora due aliquote, del 10% per profitti sotto i 15.000 euro e del 25% al di sopra. L’idea è quella di creare un ambiente attrattivo per le imprese straniere e ad un tempo impedire (usando la leva fiscale e non i poliziotti) a quelle tedesche di rifugiarsi altrove. Il programma è stato aspramente criticato da socialdemocratici, verdi ed estrema sinistra. Non sono mancate voci di distinguo nemmeno nella CDU/CSU, impegnata a difendere il proprio profilo sociale. L’obiezione più ripetuta in questi giorni è la seguente: l’FDP vende fumo perché l’idea non è affatto finanziabile. In realtà lo è eccome. Basta chiudere i rubinetti della spesa pubblica. Il Ministro delle Finanze Steinbrück intende iscrivere a bilancio per il 2009 circa 298 miliardi di euro di uscite. Si tratta esattamente di 38 miliardi in più rispetto all’inizio della legislatura (2005). Alla faccia del Ministro del rigore! La riforma di Solms ne costerebbe, a quanto pare, 33. L’SPD si conferma il partito del tassa e spendi.
Giovanni Boggero liberismo elezioni tedesche, FDP, germania, hermann otto solms, Peer Steinbrück, SPD, tasse
Questa crisi non è servita a nulla e ci lascerà solo un bel po’ di inflazione.
Il discorso del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, è senza dubbio condivisibile. Chi potrebbe sostenere il contrario: ovvero che non servono riforme. «Novità subito per superare la crisi, consolidare la coesione sociale bene assoluto da salvaguardare», ha giustamente detto alla platea di Viale dell’Astronomia l’imprenditrice. «Bisogna rilanciare la produttività e i salari», ha aggiunto rivolgendosi in particolare a Silvio Berlusconi seduto in prima fila, ricordando il momento è quanto mai opportuno visto che «il governo può contare su un consenso che è un patrimonio politico straordinario, da mettere a frutto». Verissimo. Tant’è che Berlusconi ha fatto presente di essere «d’accordo al 100%». E come Silvio tanti altri. Eppure le riforme non si fanno. Solo l’altro giorno il Premier ha ricordato che i mass media sono tutti disfattisti e pessimisti e l’ordine del giorno è ottimismo e orgoglio. Come dire: bisogna guardare avanti e incentivare i consumi. Tremonti bacchetta giustamente le banche perché «hanno usato i bond di Stato solo per abbellire i bilanci» senza fare interventi strutturali sul credito e sui mutui. Ma gli spread offensivi applicati dai singoli Istituti restano alo loro posto. Ha ragione dunque la Marcegaglia, ma sono appelli che cadono nel vuoto. Anzi che si scontrano con un muro di gomma.
Con tali premesse sembra molto difficile intraprendere una strada riformista. Nemmeno i dati sui fatturati del primo trimestre hanno spinto qualcuno a parlare di “nuovo fisco”. Ed era la speranza delle Pmi, degli artigiani e dei commercianti. Il project financing che potrebbe servire per le infrastrutture giace agli ultimi posti della classifica Ue. L’editoria si ridimensiona, ma non cambia. Infine gli asset tossici sono congelati in aree come la bad bank della Merkel. E quando arriverà il disgelo? Viene da pensare che questa crisi non è servita a nulla e probabilmente ci lascerà una bella eredità inflazionistica. Per il 2009 le stime medie del disavanzo dei bilanci pubblici si attestano sul 9% del Pil. Peggio ancora per quanto riguardo il debito complessivo. Nel 2008 i salvataggi delle banche hanno creato un po’ di fango. Lo stock di debito pubblico e privato in Uk è passato dal 40 all’80%. Tanto per fare un esempio. Le continue iniezioni di liquidità delle banche centrali sono al momento intangibili. Ma giusto fra un anno faranno schizzare i tassi d’inflazione secondo l’Ocse di almeno un 6/7%.
Claudio Antonelli Senza categoria