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Archivio per 14 maggio 2009

L’Italia, la Cina e una raffica di cattive notizie

14 maggio 2009

Sono in giro per una serie di incontri e convegni, in licei, cooperative, armatori, i Giovani di Confindustria, il Forum della PA con Brunetta, e via continuando. Per questo mi scuso di esser mancato un giorno, e ne approfitto per un post al volo. Mi ha molto sorpreso dieci minuti fa leggere l’editoriale di Nouriel Roubini sul New York Times di oggi, perché è raro che le sue tesi sopra le righe mi convincano. Ma mi sono ritrovato esattamente nel ragionamento che avevo esposto ieri agli studenti del Sacro Cuore di Milano e oggi al parlamentino nazionale degli juniores di Confindustria guidati da Federica Guidi. Si tratta delle conseguenze che potrebbe avere per tutti i paesi grandi esportatori in semilavorati e componentistica a non altissimo valore aggiunto - come l’Italia - un eventuale cambio del tallone monetario del commercio mondiale. In altre parole: dello scioglimento del peg semi fisso tra dollaro e reminmbi, che negli anni alle nostre spalle ha “aggiunto” competitività monetaria, attraverso il collegamento automatico alla svalutazione del dollaro sull’euro, ai prodotti cinesi già avvantaggiati da basso costo congenito. Secondo stime riservate che l’Ice esita comprensibilmente a rendere note, potrebbero essere dolori per almeno due delle famose “4 A” che costituiscono i due terzi dell’export italiano. Per l’automazione e componentistica elettromeccanica, e per l’abbigliamento-tessile-moda, ciò potrebbe costituire un cambio rilevante delle ragioni di scambio, in grado di convincere molte grandi aziende capofiliere - soprattutto tedesche, nel primo settore - a rinviare il più possibile la ripresa di ordini ad aziende fornitrici italiane, in attesa di verificare se non convenga spostare altrove le proprie catene di supply.
Quel che in apparenza è un tema “alto e lontano” - la proposta cinese di una seria modifica dei diritti di prelievo e relativo paniere monetario di riferimento, in sede di Fmi - in realtà potrebbe colpire in profondità le possiblità di ripresa dell’export italiano. Gli americani sono convinti che i cinesi si convinceranno presto a rivalutare, pur di riavviare comunque il proprio export. I cinesi sono persuasi che saranno gli americani per primi a dover mollare la loro pretesa, perché di mese in mese i disoccupati aggiuntivi Usa da ottobre passeranno dagli attuali 5,7 milioni a 7 e oltre entro l’estate, e a quel punto Obama sarà costretto a piantarla e a rassegnarsi, se vuole che i cinesi riprendao ad acquistare asset in dollari, cioè a finanziare a debito il risanamento Usa come fino ad ottobre ne finanziavano la crescita dei consumi.
Purtroppo, se è corretto ipersemplificare in questi termini il braccio di ferro monetario sotteso alla ripresa del commercio mondiale, occorre ricordare che i cinesi possono contare su di uno strumento assai più efficace di quello americano. L’Armata Popolare Cinese mette sui treni e rispedisce in campagna ogni mese dai 3 ai 5 milioni di cinesi risospingendoli all’economia di sussistenza agricola, nel mentre si attua il colossale shift della crescita da estero-trainata a focalizzata su infrastrutture e domanda interna. Gli americani, al contrario non possono certo arruolare milioni di disoccupati nella Guardia Nazionale. Di conseguenza, al il nostro export converrebbe una posizione filocinese anzichenò.
Nel frattempo, una raffica di notizie che mi sembrano smentiscano gli ottimismi di circostanza: il deficit tedesco a 50 miliardi di euro quest’anno da 11 nel 2008 con tanto di addio ai tagli fiscali preannunciati; la cattiva - e giustificata - reazione del mercato alle trimestrali di Unicredit e Intesa; la scontata sconfitta degli imprenditori privati in Assolombarda, vista la sconsideratezza con cui la presidente uscente ha cercato di pilotare la sua successione su un candidato debole come già avevo scritto, con inevitabile vittoria del candidato “pubblico”, Maugeri dell’Eni, che dopo un anno di ridicolaggini su Expò 2015 infligge una nuova bella ridimensionata alle pretesi milanesi; il venir meno della residua finzione di Cai su Malpensa, e scontate chiacchiere dei governatorid el Nord che solo ora riscoprono la necessità di liberalizzare gli slot intanto riassicurati ad Alitalia anche se non li usa; la conferma che nella riscrittura a puntate del rapporto Caio riemerge lo scorporo “tutto pubblico” della rete fissa di Telecom Italia… e poi vi chiedete perché Mike Bongiorno è andato da Murdoch per riprendere a scandire tutte le sere il suo proverbiale “allegriaaaa”: perché qui da noi c’è poco da ridere, e lo sa anche lui.

Oscar Giannino Senza categoria , , ,

Abruzzo: con gli espropri di Bertolaso, si ricostruisce sulla sabbia

14 maggio 2009

Quando un’area viene colpita da un terremoto o da qualche altra calamità naturale, alle rovine materiali rischiano sempre di aggiungersi gravi danni di altro genere. Chi ricorda quanto avvenne in Irpinia, ad esempio, sa bene come le morti e le distruzioni causate dai movimenti tellurici introdussero – a causa delle scelte politiche compiute – ad una crescita esponenziale del potere e di conseguenza all’imbarbarimento della vita sociale. Dopo il disastro naturale, insomma, si è avuto il disastro “artificiale” indotto dai finanziamenti pubblici e dalle spartizioni correntizie.
È di queste ore l’annuncio che per la costruzione delle case provvisorie il capo della protezione civile, Guido Bertolaso, ha predisposto una ampio programma di espropri. Come ha detto Bertolaso stesso, “gli elenchi sono stati esposti nell’albo pretorio e ne abbiamo dato comunicazione attraverso il nostro sito e i quotidiani locali, in quanto sono moltissimi e quindi non potevamo raggiungerli uno per uno”.
Così, però, non si ricostruisce nulla, perché non si rimette in piedi una società minando ancor più il pilastro fondamentale di ogni ordine civile: la proprietà privata. Colpire la proprietà vuol dire “terremotare” i principi fondamentali del diritto e proiettare un’idea di società in cui la realtà è a disposizione dell’Imprenditore per eccellenza: lo Stato.
Purtroppo, fin dall’inizio l’intera gestione del terremoto è stata basata sulla centralità della politica e di un apparato burocratico che si autorappresenta efficiente, invece che sulla valorizzazione dell’autonoma iniziativa delle imprese e delle famiglie della zona. Mettere in discussione in questo modo il diritto di proprietà, così che nessuno possa disturbare il “manovratore”, proietta ombre lunghe sul futuro della provincia aquilana.
Non c’è nessuna voce liberale che voglia farsi sentire?

Carlo Lottieri Senza categoria , ,