CHICAGO BLOG » teoria http://www.chicago-blog.it diretto da Oscar Giannino Thu, 23 Dec 2010 22:50:27 +0000 it hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Il “Contro-Rapporto Monti” dell’IBL: per un’Europa più integrata dal mercato e più aperta al mondo /2010/12/02/il-%e2%80%9ccontro-rapporto-monti%e2%80%9d-dell%e2%80%99ibl-per-un%e2%80%99europa-piu-integrata-dal-mercato/ /2010/12/02/il-%e2%80%9ccontro-rapporto-monti%e2%80%9d-dell%e2%80%99ibl-per-un%e2%80%99europa-piu-integrata-dal-mercato/#comments Thu, 02 Dec 2010 21:16:57 +0000 Carlo Lottieri /?p=7754 Qualche mese fa, su invito di José Barroso, l’ex commissario europeo Mario Monti ha redatto un rapporto intitolato A new strategy for the single market at the service of Europe’s economy and society , con l’obiettivo di indicare talune linee fondamentali di sviluppo per l’Europa di oggi e di domani.

Il rapporto contiene talune proposte ragionevoli e in particolare auspica una crescita del mercato interno, che faccia saltare le molte e talvolta assai alte barriere che impediscono una piena integrazione tra i vari Paesi dell’Europa a 27 e le loro distinte economie. Ma, al tempo stesso, il testo redatto da Monti contiene argomenti e proposte assai discutibili. In particolare, esso formula una netta difesa di vecchi vizi statalisti europei (specie in tema di welfare) e per giunta esprime una esplicita avversione per la concorrenza istituzionale: soprattutto in materia fiscale.

Per questo motivo l’Istituto Bruno Leoni ha pensato di predisporre una sua interpretazione del “rapporto Monti”, affidando a un gruppo di lavoro internazionale il compito di commentare – capitolo dopo capitolo – tutte le tesi contenute nel testo predisposto dall’economista italiano. Questo lavoro a più mani si intitola Il “Rapporto Monti”: una lettura critica (qui in italiano e qui in inglese) e ha potuto avvalersi del contributo di vari studiosi, italiani e no: Filippo Cavazzoni, Luigi Ceffalo, Luca Fava, Pierre Garello, Carlo Lottieri, Diego Menegon, Alberto Mingardi, Lucia Quaglino, Dalibor Rohac, Josef Sima e Carlo Stagnaro.

Il testo è stato presentato a Bruxelles oggi, 2 dicembre, nel corso di un seminario cui ha partecipato lo stesso Monti. L’obiettivo è stato quello di evidenziare i limiti delle proposte avanzate dall’ex commissario, non sempre coerenti con una visione autenticamente di mercato, sottolineando come la logica dirigista di molte tesi del Rapporto  ostacoli – al di là delle dichiarazioni e delle intenzioni – lo sviluppo di un’economia europea davvero dinamica, integrata e concorrenziale.

I temi essenziali della critica sviluppata dal “contro-rapporto” targato IBL emergono con chiarezza in questo passo, tratto dall’introduzione:

Dietro la riflessione di Monti si vede la proposta di un “grande scambio”: per costruire il mercato interno, gli Stati membri devono dotarsi di sistemi di welfare state sufficienti ad ammortizzare la transizione e sostenere il consenso; perché questo sia possibile, occorre perseguire un grande disegno di armonizzazione fiscale, volto a colpire sia la “concorrenza fiscale” all’interno dell’Ue, sia – a maggior ragione – quella dei “paradisi fiscali”.

L’analisi dell’IBL punta insomma a raccogliere la sfida del “Rapporto Monti”, per valorizzarne gli aspetti positivi, ma anche e soprattutto per sottolineare come un vero mercato non possa essere “unico” (e cioè ristretto alla piccola Europa), non possa basarsi su una tassazione e su una regolamentazione asfissianti (tratti caratteristici del modello welfarista “renano”) e non possa in alcun modo avvantaggiarsi da un’armonizzazione fiscale costruita dall’alto, che riduca quella pressione competitiva che finora ha impedito ai governi europei di espandere in maniera illimitata le loro pretese.

Se infatti le aliquote marginali delle imposte dirette sono significativamente calate un po’ ovunque (dopo che negli anni Settanta erano giunte a livelli altissimi, e non soltanto in Svezia), questo è stato dovuto non tanto a un cambiamento di orientamenti culturali (che pure in parte si è verificato), ma è stato soprattutto conseguente allo sforzo di quei ministri dell’Economia dei vari Paesi europei che hanno fatto il possibile per non perdere tutti i propri contribuenti più importanti. Quando i capitali si muovono e si trasferiscono altrove, che senso ha, infatti, tenere aliquote molto alte, se esse sono ormai prive di una base imponibile? Meglio portare a casa il 45% di 50 che il 90% di 5.

Su questo specifico punto sviluppa una riflessione molto sofisticata un altro lavoro discusso oggi a Bruxelles, anche’esso promosso dall?IBL, e cioè il saggio Tax Competition: A Curse or A Blessing? (qui in inglese, ma qui c’è una sintesi in italiano) di Dalibor Rohac, un giovane e brillante economista slovacco che oggi è un ricercatore del Legatum Institute e che qualche anno fa fu pure a Sestri Levante quale relatore di Mises Seminar organizzato dall’IBL. Avvalendosi della teoria dei giochi, nel suo studio Rohac mostra come un’armonizzazione calata dall’alto blocchi ogni processo di apprendimento e soprattutto ostacoli quel dinamismo degli attori che – sul medio e lungo termine – favorisce l’abbassamento delle aliquote e, in questo modo, aiuta a realizzare una migliore integrazione delle economie.

Un’Europa fiscalmente armonizzata, insomma, è destinata a diventare un vero inferno fiscale. Più di quanto non lo sia già oggi.

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Quando, a Milano, la Camera del Lavoro dava lezioni di liberismo /2010/10/27/quando-a-milano-la-camera-del-lavoro-dava-lezioni-di-liberismo/ /2010/10/27/quando-a-milano-la-camera-del-lavoro-dava-lezioni-di-liberismo/#comments Wed, 27 Oct 2010 16:55:30 +0000 Carlo Lottieri /?p=7415 La presentazione pubblica, martedì scorso, del coraggioso volume di Riccardo Cappello (“Il cappio. Perché gli ordini professionali soffocano l’economia”, edito di recente dalle edizioni Rubbettino) ha offerto spunti di notevoli interesse. Oltre a Donatella Parrini, a Nicola Iannello e all’autore, ha partecipato all’iniziativa – tenutasi in un’aula del Senato (qui vi è la registrazione) – anche Pietro Ichino, che come gli altri intervenuti ha mostrato di apprezzare il volume,  si è espresso apertamente contro il corporativismo che domina l’Italia e contro la legge di riforma in discussione (che quelle logiche si propone di rafforzare), e infine ha pure ricordato un gustoso episodio, da lui vissuto in prima persona.

Avvocato e al tempo stesso iscritto alla Cgil, per anni Ichino ha operato presso la Camera del Lavoro, a Milano, a difesa di quanti avevano bisogno di una tutela legale. I professionisti che la Cgil metteva a disposizione dei propri associati, però, non ricevano un onorario in linea con i minimi fissati dall’ordine degli avvocati, ma venivano retribuiti secondo un meccanismo che in qualche modo anticipava il contigent fee: una piccola quota percentuale di quanto l’operaio otteneva, in caso di successo, finiva all’avvocato. Ed era certamente meno di quanto un legale avrebbe ottenuto in un rapporto professionale ordinario.

Si capisce perché le cose funzionassero così. Gli avvocati prestavano tale servizio anche sulla base di una motivazione ideale, e lo facevano indirizzandosi spesso a persone con un reddito modesto, che non avrebbero avuto tutela se avessero dovuto retribuire il legale secondo i parametri prefissati.

Quando però la cosa si seppe, l’avvocato Ichino venne convocato dall’ordine, a quel tempo guidato da Giuseppe Prisco, che gli fece presente come il suo comportamento e quello degli altri avvocati della Camera del Lavoro fosse illegale. Ichino però non indietreggiò, chiedendo anzi a Prisco e all’ordine di adire le vie legali nei loro riguardi, dato che poteva essere una buona occasione per mettere in discussione i minimi stessi e aprire un contenzioso in grado di smuovere la situazione. All’italiana, alla fine l’ordine finse di non vedere e tutto restò come prima.

L’episodio è interessante, anche perché fa piacere constatare come – in date circostanze – la Camera del Lavoro abbia giocato “su posizioni liberiste”. Quando la regolazione impedisce a un sindacato di operare secondo le proprie logiche e seguendo la propria ispirazione, è normale che esso si ribelli dinanzi a quella forma di dirigismo e la metta in discussione. Ma è triste dover prendere atto che, qualche decennio dopo, il tema della difesa corporativa dei compensi professionali minimi resta d’attualità, a causa di un ceto politico che continua a essere prigioniero della parte più miope e arretrata del mondo dei professionisti.

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Benoît Mandelbrot. In memoriam /2010/10/18/benoit-mandelbrot-in-memoria/ /2010/10/18/benoit-mandelbrot-in-memoria/#comments Mon, 18 Oct 2010 17:02:11 +0000 Guest /?p=7319 Riceviamo e pubblichiamo da Galeazzo Scarampi del Cairo, Board member dell’Istituto Bruno Leoni.

Scomparso giovedì scorso a ottantacinque anni, Benoît Mandelbrot è stato un importante matematico che ha conservato la capacità “artistica” di visualizzare problemi astratti e la curiosità di cercare reppresentazioni matematiche di forme apparentemente non regolari. Mandelbrot preferiva parlare di “roughness”, intendendo rough come il contrario di regolare, ed ha saputo esprimere la (mancanza di) regolarità in un semplice numero, così come semplice è l’equazione (z–>  z^2 +c) sottostante al famoso “Mandelbrot set”

Il contributo di Mandelbrot alla finanza è stato decisamente paradossale. Storicamente, la parte più facile della sua analisi statistico matematica dei movimenti dei prezzi di mercato azionario è stata utilizzata amplissimamente nella cosiddetta “analisi tecnica”, disciplina considerata “minore” e destinata alla divulgazione per i “day traders”. Le implicazioni più profonde e più importanti del suo pensiero, ovvero l’importanza delle discontinuità ed il conseguente imperativo di evitare modelli “senza turbolenze” e le curve gaussiane sono state deliberatamente ignorate sia dagli ingegneri finanziari che dai risk managers delle grandi banche.

Leggere ora l’articolo scritto da Mandelbrot con Nassim Taleb il 23 Marzo 2006 sul Financial Times, “A focus on the exceptions that prove the rule” può fornire un’idea di quanto valida sia la impostazione teorica di Mandelbrot, esposta in esteso nel suo “The (mis) behavior of markets“, pubblicato 2 anni prima.

Credo che gradualmente le tesi di Mandelbrot abbiano iniziato  a mettere radice nei curriculum di finanza applicata e statistica e in una generazione o due (se non saremo tutti in bancarotta prima) porteranno ad un “irrobustimento” endogeno della finanza, che non può continuare a rivolgersi alle banche centrali come un’orchestra al suo direttore.

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“The Rational Optimist” gratis su Amazon. Scaricatelo! /2010/09/16/the-rational-optimist-gratis-su-amazon-scaricatelo/ /2010/09/16/the-rational-optimist-gratis-su-amazon-scaricatelo/#comments Thu, 16 Sep 2010 08:59:36 +0000 Alberto Mingardi /?p=7053 The Rational Optimist di Matt Rildey è un libro veramente notevole. L’autore è un apprezzato giornalista scientifico (fra i suoi libri Il gene agile. La nuova alleanza tra eredità e ambiente, edito in Italia da Adelphi, e La regina rossa. Sesso ed evoluzione, edito da Instar), in passato è stato fra i caposervizio dell’Economist, e – sull’onda del suo interesse per la teoria dell’evoluzione – ha sviluppato una vera passione per lo studio degli “ordini spontanei”.

Ho scritto una recensione di The Rational Optimist appena uscito, ne sono uscite di ben più autorevoli, dall’Economist in giù, a suo modo una eccellente testimonianza sul valore del libro è il bilioso commento dell’ex-hayekiano ed ex-thatcherofilo John Gray (sul New Statesman)

Questo libro straordinario è ora ridisponibile gratis (gratis) in versione Kindle (HT Massimiliano Trovato), lo potete scaricare qui. I diritti italiani di The Rational Optimist sono stati comprati da Rizzoli, che dovrebbe pubblicarlo l’anno prossimo.

Se avete amato questo libro fantastico, se conoscete i precedenti lavori di Ridley, o se semplicemente in questi tempi bui avete bisogno di una iniezione di “ottimismo razionale” non potete mancare al “Seminario Mises” di quest’anno. Proprio Matt Ridley terrà infatti la “Franco Forlin Lecture”, evento centrale del seminario di Sestri.

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