Fisco, anche la Corte Costituzionale aiuta lo Stato ladro!

Ieri non sono riuscito a postare perché il blog non teneva -  a proposito, mi scuso coi lettori perché l’inconveniente capita un po’ troppo spesso – dunque devo rimediare con un giorno di ritardo. Del resto, non è che abbia sbollito l’ira. Perché  la sentenza 247 della Corte Costituzionale, depositata il 25 luglio, per i sinceri liberali ma oso pensare per tutti i cittadini e contribuenti italiani non può che essere definita in un solo modo: una ver-go-gna  as-so-lu-ta, una Caporetto del diritto, uno schiaffo in faccia alla libertà e a quell’elementare principio di garanzia per tutti che è la certezza del diritto!

La sentenza ha confermato la iena costituzionalità della norma introdotta con il decreto legislativo 223 del 2006, che ha raddoppiato i termini a disposizione per l’accertamento delle autorità autorità tributarie ai fini delle imposte dirette e dell’Iva. Rispetto ai quattro anni dalla presentazione della dichiarazione del contribuente, e ai cinque anni in caso di mancata dichiarazione, l autorità tributarie possono dunque accertare anche entro otto o dieci anni e anche quando i termini sono già scaduti, nel caso in cui l’irregolarità conttestata passi a violazione penale.

La Commissione tributaria di Napoli aveva chiesto alla Corte nella sua ordinanza di remissione se tale disposizione non configurasse un’incostituzionale riapertura dei termini successiva al loro decorrere, ed è manifestamente evidente che di questo si tratta.

Ma la Corte ha ritenuto invece che non si tratti di revivisvenza di termini ormai scaduti, ma di una semplice disposizione di legge successiva alla precedente, senza che la novatio violi alcun diritto.  Il contribuente potrà sempre prsentare a propria volta denuncia penale, ove ritenesse che l’amministrazione tributaria procedesse a segnalare al pubblico ministero l’eventualità di un reato a solo scopo di usto strumentale dei termini raddoppiati.

Questa tesi “sostanzialista” della Corte è solo l’ennessima conferma, purtroppo, di un indirizzo che sposa unilteralmente l’arbitrarietà dell’amministrazione fiscale in nome dei superiori interessi delle casse dello Stato. Inutile dire che ancora una volta vanno  farsi benedire le disposizioni sulla perentorietà e certezza dei termini, stabilite in quel testo deriso e calpestato quotidianamente dal fisco statale che è lo Statuto del contribuente. Superfluo osservare che nel nostro ordinamento l’accertamento tributario e il procedimento penale sono distinti e separati, e che fine precipuo del primo non è affatto quello di punire le violazioni eventuali del codice penale: la Corte decide invece che se i procedimenti fossero un’unica cosa, e si alimentassero circolarmente con pieno scambio di documenti, terminie finalità.

In un Paese normale, l’ho detto a voce alta stamane alla Versione di Oscar su Radio24, una sentenza di questo genere dovrebbe essere additata da tutti i media come una prova intollerabile del regime di privilegio che lo Stato riserva a se stesso, innanzi ai cittadini. Noi obbligati a rispettare al secondo i termini delle dichiarazioni e dei pagamenti, a costo altrimenti di gravissime sanzioni; lo Stato invece discrezionalmente interprete della dilazione dei tempi entro i quali riservarci nuove controprove sugli stessi documenti.

Un ordinamento e una gurisprudenza nei quali le garanzie sussistono ormai solo a vantaggio dello Stato contro il cittadino ribalta e ripudia un principio essenziale, che è all’origine stesso dei regimi di garanzie nei Paesi avanzati: essi nascono per tutelare il cittadino dagli eccessi e dalla discrezionalità dello Stato assolutista prima e centralizzato-burocratico poi, non per assicurare allo Stato ulteriori vantaggi.  Sentenze di questo tipo comportano inoltre il raddoppio pe rnoi tutti dei costi per la tenuta delle prove documentali.

Che un silenzio pressoché assoluto – hanno fatto eccezione solo il Sole 24ore e Italia oggi – sia riservato a decisioni tanto scandalose, mostra totale incomprensione  di ciò che davvero  allontana sempre più l’Italia dalla civiltà. Nel caso avvenga per ignoranza o buona fede. Se invece si tace in malafede, allora si pensa che il cittadino debba essere schiavo di uno Stato ladro.

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71 risposte a Fisco, anche la Corte Costituzionale aiuta lo Stato ladro!

  1. Massimo74 scrive:

    @Salari Federico

    Gurda che l’aumento a 70 anni dell’età pensionabile come propone Giannino non significa che si è obbligati per forza a lavorare fino a quella età,ma solo che se decidi di andare in pensione anticipatamente,avrai una decurtazione dell’assegno pensionistico.
    Questo per chi rientra nel sistema contributivo(cioè per chi ha iniziato a lavorare dal 1 gennaio 1996 in poi) non fà alcuna differenza,mentre chi aveva la pensione calcolata con il vecchio sistema retributivo,si ritroverebbe con una decurtazione della pensione rispetto a ciò che avrebbe ottenuto con il vecchio sistema.Ora mi dici dove sarebbe lo scandalo se a coloro che hanno goduto di questi privilegi assurdi,si chiede il sacrificio di lavorare qualche anno in più in modo da rendere più sostenibile il sistema previdenziale e di fare in modo che quelli che appartengono alla mia generazione possano sperare in futuro di ottenere una misera pensione?

  2. Mario C. scrive:

    Da quello che leggo non posso che meravigliarmi per il lavoro della Corte Costituzionale. Mi spiego meglio: è composta da illustri professionisti profumatamente remunerati (immagino diverse migliaia di euro al mese) e nonostante questo partoriscono una sentenza che TUTTI criticano e danno per sbagliata. Quando parlo di tutti non intendo l’uomo della strada, ma illustri tributaristi come Enrico De Mita, Francesco Tesauro e Antonio Iorio.

  3. Mario C. scrive:

    Mi meraviglio ancora di più di come il governo lasci, di fatto, legiferare la giurisprudenza evitando di prendere posizione sulle leggi dello Stato che lasciano dubbi interpretativi. E’ evidente, a mio parere, che la norma sul raddoppio sia nata, quantomeno, con ambiti di applicazione controversi, e il governo avrebbe proficuamente potuto intervenire con un chiarimento per evitare litigi e spese inutili per i contribuenti e per lo Stato stesso.

    Anche questa sentenza genererà altri contenziosi, altri costi per le imprese, altri costi per il sistema paese.

  4. Salari Federico scrive:

    @Massimo74
    Non è come dici tu. Per le leggi attuali, contributivo o retributivo che sia il sistema di calcolo, l’età pensionabile è stabilita nella normativa vigente e se non raggiungi l’età ti attacchi. Quella della possibilità di andare prima del termine in pensione con le decurtazioni è una idea che circola, che condivido, ma non è stata nè sarà recepita, perchè lo Stato borbonico cambia appunto l’età pensionabile a seconda delle esigenze di bilancio. Dovresti documentarti sull’argomento. Dal 74
    del tuo N.N. deduco che sei giovane e allora ti voglio mettere in guardia dalle stupidate che qualcuno a livello politico va diffondendo. La pensione di quelli che ti precedono non influisce per nulla sulla tua pensione, che, essendo rimasto immutato il sistema di finanziamento ( a ripartizione) non verrà pagata dai tuoi accantonamenti mensili, ma verrà pagata dai contributi di quelli più giovani di te ancora attivi all’epoca, come io per 36 anni ho fatto per quelli più anziani di me. Il problema dei giovani non è la pensione dei più anziani, ma è il lavoro continuo che non c’è. Cordiali saluti.

  5. STEFANO MELLONI scrive:

    @Salari Federico
    gli stati non hanno salvato nulla se non , momentaneamente , le banche . i nodi stanno arrivando al pettine . questi stati fanno vomitare , non e’ prendendo ( rubando ) a chi lavora che si risolvono i problemi ma anzi si aggrava l’aggiustamento che successivamente si dovrebbe fare . Queste sentenze fanno male , fanno male alla democrazia perche’ tolgono certezza e senza certezza non c’e’ progresso ma caos .
    Quindi chi afferma che la corte costituzionale ha dato un giusto giudizio e’ in malafede essa ha reso un cattivo servizio allo stato perche’ ha contribuito ad inimicare allo stato anche chi nonostante tutto cercava di credergli .
    Spero che questo stato di merda governato da burocratici inefficiente ed ignoranti salti il prima possibile e ci risparmi le pene di questa lunga agonia che stiamo subendo !!!!!!!!

  6. Luca Massi scrive:

    A Federico Salari: attualmente la pensione di anzianità a 40 anni non è assolutamente scalfita, neppure in previsione per il futuro. Dopo 40 anni di lavoro ( incluso riscatto laurea etc) si può/potrà andare in pensione anche ad es a 58 anni . L’età cui ti riferisci è correlato solo alla pensione di vecchiaia.
    Concorderai che se si va in pensione dopo 40 anni di contributi ( di cui magari 5 figurati / riscatti vari / materinità / disoccupazione etc e quindi non tutti versati )
    a 58 anni e ne campi altri 30 …. qualche problema di equilibrio c’è.

    L’errore ( rectius l’orrore) più grosso è che col tempo ci hanno gabbati tutti passando da un sistema di capitalizzazione (io verso oggi, lo Stato accumula e poi usa il monte cumulato per pagare domani la mia pensione ) a uno di ripartizione ( quanto accumulato è già stato tutto mangiato dalle generazioni precedenti e oggi versi i contributi per pagare non la tua pensione ma quella di chi è oggi in pensione )

    ” Le pensioni di quelli che ti precedono ” hanno influito massicciamente sulle pensioni attuali assorbendo le risorse per la presente generazione e gravando anche sulle prossime.

    Con il sistema contributivo ogni cittadino è, in linea di massima, in equilibrio per la propria pensione, ma il trasferimento generazionale addossatoci dalle precedenti generazioni non è stato assolutamente inciso !

    La soluzione più semplice per le pensioni sarebbe quella di ….. lasciare libera scelta ai cittadini. Fissata un età minima per andare in pensione, perchè vietare a chi vuole andare in pensione a 60 anni di farlo se semplicemente la pensione è calcolata sui contributi versati attualizzati sulla speranza di vita residua ?

    E perchè vietare a chi ha 70 anni di continuare a lavorare se lo ritiene opportuno e se avrà una pensione ben maggiore ( sia perchè verserà maggiori contributi che perchè avrà una speranza di vita inferiore ).

    Finora invece a tutti conveniva andare in pensione appena possibile.

    A quanti si lamentano per le pensioni loro pagate …. se solo fosse indicato a lato all’importo pagato quale sarebbe la pensione se calcolata con il sistema contributivo.

    lasciare libertà di scelta, dare evidenza a ogni pensionato del privilegio di cui gode e di cui non godranno i futuri pensionati . Luca

  7. Salari Federico scrive:

    @Luca Massi
    “La soluzione più semplice per le pensioni sarebbe quella di ….. lasciare libera scelta ai cittadini. Fissata un età minima per andare in pensione, perchè vietare a chi vuole andare in pensione a 60 anni di farlo se semplicemente la pensione è calcolata sui contributi versati attualizzati sulla speranza di vita residua ? ”
    Sono perfettamente d’accordo con la tua soluzione, sintetizzata dalle parole riportate sopra. Del resto era la regolamentazione contenuta nella c.d. riforma Dini, poi modificata da Maroni e seguenti. Ma come vedi i nostri politici non sanno far altro che spostare continuamente in alto l’età pensionabile, con l’evidente scopo di erogare meno pensioni possibili, come numero e come importi. Ciò è per me intollerabile in linea di principio, visto tra l’altro che gli stessi politici non intendono, nonostante la crisi pesante che stiamo tutti vivendo, eliminare gli sprechi di casta che tutti conoscono. Ed
    è intollerabile anche da un punto di vista diciamo così finanziario, perchè incide non solo sulla integrazione statale ( di cui mi piacerebbe tanto conoscere l’ammontare)

  8. Salari Federico scrive:

    Salari Federico :
    @Luca Massi
    “La soluzione più semplice per le pensioni sarebbe quella di ….. lasciare libera scelta ai cittadini. Fissata un età minima per andare in pensione, perchè vietare a chi vuole andare in pensione a 60 anni di farlo se semplicemente la pensione è calcolata sui contributi versati attualizzati sulla speranza di vita residua ? ”
    Sono perfettamente d’accordo con la tua soluzione, sintetizzata dalle parole riportate sopra. Del resto era la regolamentazione contenuta nella c.d. riforma Dini, poi modificata da Maroni e seguenti. Ma come vedi i nostri politici non sanno far altro che spostare continuamente in alto l’età pensionabile, con l’evidente scopo di erogare meno pensioni possibili, come numero e come importi. Ciò è per me intollerabile in linea di principio, visto tra l’altro che gli stessi politici non intendono, nonostante la crisi pesante che stiamo tutti vivendo e di cui non si vede la fine, eliminare gli sprechi di casta che tutti conoscono. Ed
    è intollerabile anche da un punto di vista diciamo così finanziario, perchè incide non solo sulla integrazione statale ( di cui mi piacerebbe tanto conoscere l’ammontare)

    ma anche sulla parte rappresentata dai contributi versati durante la vita lavorativa ( da lavoratore e datore di lavoro). Questi sono soldi nostri e lo Stato non ne può ritardare la restituzione a suo piacimento, altrimenti si verifica un esproprio senza indennizzo contrario alla nostra Costituzione, nonchè una lesione del principio che regge ogni ordinamento giuridico ( pacta sunt servanda) e che dovrebbe essere alla base di un corretto rapporto tra Stato e cittadini ( che non sono dei sudditi; che Stato è quello in cui i secondi sono costretti ad adempiere e il primo lo farà se e quando vorrà ?). Comunque, a parte il discorso sulle pensioni, che è complesso e riflette le situazioni individuali di ognuno di noi, il senso delle mie originarie osservazioni all’articolo di Oscar Giannino sulla sentenza 247 della Corte Costituzionale era questo: non ci si può indignare per una sentenza, tra l’altro ben motivata, che giustifica l’allungamento dei termini di accertamento di alcune imposte in presenza dell’obbligo di denuncia penale, lamentando la lesione della certezza del diritto, per poi chiedere con insistenza l’aumento a 70 anni dell’età pensionabile, perchè entrambi i casi sono espressione della discrezionalità dello Stato nei confronti dei cittadini, costretti a subire continue modifiche delle regole per tappare buchi nel bilancio statale creati da dissennate politiche di spesa risalenti ad anni passati e che continuano ancora. In queste spese ci vogliamo mettere anche le pensioni ? Mettiamocele, ma guardiamo anche ad altri settori e cerchiamo di far pagare tutti, ripartendo i sacrifici e non addossandoli solo ad una parte dei cittadini. E’ una posizione, quella di Giannino, contraddittoria e parziale e, come tale, inaccettabile e da contrastare con proposte che, come la tua, sono eque e di buon senso. Cordiali saluti. P.S. scusa si ho dato del “tu”, ma mi è venuto di getto.

  9. Andrea Chiari scrive:

    Se lo stato funzionasse e se la gente avesse il senso civico di pagare le tasse problemi di scadenze non ce ne sarebbero. Sono comunque questioni tecniche. Piuttosto chiedo al prof. Giannino se condivide la pubblicità che l’Istituto Leoni dà a indecenti libelli che predicano che “la democrazia è il modo per derubare i ricchi”, neppure fossimo alle più esagitate riuniorni della destra repubblicana americana. Vorrei ricordare che lo stato democratico garantisce strumenti normativi per diventare ricchi e protegge la proprietà. Questo ha un prezzo. Negli stati primitivi o di natura, comunque li si chiami, prevale piuttosto l’egualitarismo comunitario. In ogni caso, di Robin Hood in giro se ne vedono pochi.

  10. STEFANO MELLONI scrive:

    @Andrea Chiari
    Se , se , se , cosa !!!! ma cazzo dici !!!! lo stato in cui viviamo lo conosciamo tutti e’popolato da furbi ( statali ) che rubano ai coglioni , noi tutti cittadini e sottolineo cittadini ITALIANI !!!!

  11. paolo cintolesi scrive:

    Credo che il signor Chiari, sia un buon dipendente statale o equiparato, altrimenti mi riesce difficile capire la sua difesa di questo Stato ladrone e sperperone, (beninteso i gestori delle nostre risorse, ovvero i politici di tutte le specie!), sempre pronto a metterci le mani in tasca per i loro sporchi “affari”. Ci stanno dissanguando e loro non smettono di avere tutti i privilegi possibili e immaginabili. per maggiore chiarezza fra noi, perché non diciamo qual’è il nostro lavoro? io sono pensionato e sono socio accomandatario di una sas con mia moglie e mio figlio, e stò pagando una fraccata di tasse, per mantenere tante sanguisughe, vi sembra giusto?

  12. fabik scrive:

    Andrea, lei è sicuro di vivere in Italia?
    Lo stato Italiano Garantisce cosa? Ha mai viaggiato all’estero in paesi realmente democratici ed evoluti?
    Lo stato Italiano garantisce solo assistenzialismo, boggia qualsiasi forma di meritocrazia e protegge il corporativismo dal più piccolo (es. Taxi) al più grande (Notai, farmacisti etc).
    Provi a fare Il Notaio, il Farmaciste etcetera e vediamo se lo stato difende i suoi diritti!

  13. Andrea Chiari scrive:

    Figuriamoci se debba nascondere il mio mestiere! Sono dirigente di ente locale e i miei redditi, come da legge, sono pubblicati sui giornali. A che categoria appartenga il sig. Melloni, con la sua garbata prosa, lo dichiara lui stesso.
    Prendendo a pretesto la discussione, e andando un po’ fuori tema, volevo semplicemente ricordare che l’Istituto Leoni pubblicizza un libercolo che sostiene che lo stato democratico è un marchingegno inventato dai poveri per fregare i ricchi (intento, sottinteso, bisimevole). Non sono un fanatico del politicamente corretto ma credo che all’indecenza ci sia un limite. Non esiste uno stato “di natura” in cui il ricco è tutelato dai poveri gaglioffi e infingardi: un eventuale comunità primigenia (lo dimostrano gli antropologi), la più vicina possibile a una condizione aurorale e primitiva della convivenza umana, produce piuttosto società egualitarie e comunitarie. Negli stati democratici moderni esistono norme e strumenti per consentire l’arricchimento e per garantire, anche con l’uso della forza legittima, la tutela della proprietà. Per questo i ricchi (prescindendo da altre valutazioni morali o religiose che qui non tocco) devono pagare un prezzo per queste tutele. Che poi lo stato italiano anche in questo funzioni male, è notorio. Io sollevavo il principio con l’auspicio di non vedermi riproposte, qui nella civile Europa, le teorie che allignano tra i cacciatori di marmotte degli Appalachi.

  14. fabik scrive:

    Signor Chiari,
    Lei appartiene ad’una categoria protetta, ovviamente non è una colpa ma un dato di fatto.
    Sono certo che si è guadagnato il suo posto lavorando onestamente e sodo o quantomeno me lo auguro.
    Questo però non toglie che l’Italia è una nazione statalista e corporativa.
    La libertà di impresa è “concessa” e non garantita, tutto è regolato da ordini chiusi il cui accesso è regolamentato da falsi concorsi e scappatoie che permettono di mantenere diritti acquisiti non sanciti dalla legge.
    Io sono un dipendente privato, ho uno stipendio ben pù alto dei 1000 euro al mese di molti miei coetanei per cui non sono certo sospettabile di essere di parte o un evasore incallito.
    Però questa nazione mi fa schifo per come è organizzata ed inefficiente, ogni volta che ho a che fare per lavor con gente di altre nazioni mi sento dire che noi Italiani siamo “funny” e mi amareggia perchè io sono una persona serie e mi indigna sapere che hanno ragione!

  15. Andrea Chiari scrive:

    Onestamente di sicuro. Su “sodo” non so

  16. Stefano67 scrive:

    Sentenza scandalosa!!!
    E lo dico da tecnico.
    O questi giudici costituzionali sono assolutamente incompetenti oppure in incredibile malafede.
    VERGOGNA!!!

  17. Luca scrive:

    OLTRE AL DANNO LA BEFFA!!

    Su Italia Oggi è stata acquistata una pagina intera del giornale per denunciare il mancato utilizzo del raddoppio dei termini finalizzato all’accertamento del condono Iva 2002. A quanto riportato dal contribuente (o dal gruppo di contribuenti “pizzicati”), il fisco si è avvalso delle autodenunce del condono 2002 per emettere degli accertamenti a termini ordinari scaduti (riaperti grazie al raddoppio). La denuncia è incentrata sulla disparità di trattamento “riservata” alla stragrande maggioranza di quelli che aderirono al condono che, contrariamente agli autori della denuncia, non sono stati presi in considerazione dalla GdF, ed hanno beneficiato di un salvacondotto valido fino al termine del 2011 (se si considerano i termini lunghi del raddoppio).

    Assolutamente da leggere.

  18. fabik scrive:

    A me viene da vomitare alla parola Condono, forse per la legge i Condonati sono in regola ma per quanto mi riguarda sono feccia…

  19. STEFANO MELLONI scrive:

    fabik :A me viene da vomitare alla parola Condono, forse per la legge i Condonati sono in regola ma per quanto mi riguarda sono feccia…

    TU SEI UN CONDONATO ! IN QUALSIASI MODO LA PENSI IN ITALIA SIAMO TUTTI CONDONATI IN UN MODO O IN UN’ALTRO .
    IN QUESTO PAESE E’IMPOSSBILE RISPETTARE LE REGOLE , REGOLE CHE SI CONTRADDICONO A VICENDA E CHE HANNO BISOGNO DI ESSERE INTERPRETATE .
    LE EGOLE DEVONO ESSERE SEMPLICI E DI FACILECOMPRENSIONE , ALRIMENTI NON SONO REGOLE , SONO UN’ALTRA COSA !!!
    RIPETO TU S E I U N C O N D O N A T O !!!!
    E’ COME TALE VAI DILEGGIATO , NON SEI ASSOLUTAMENTE SUPERIORE A NESSUN ALTRO ITALIANO ! BEOTA !

  20. STEFANO MELLONI scrive:

    Andrea Chiari :Figuriamoci se debba nascondere il mio mestiere! Sono dirigente di ente locale e i miei redditi, come da legge, sono pubblicati sui giornali. A che categoria appartenga il sig. Melloni, con la sua garbata prosa, lo dichiara lui stesso.Prendendo a pretesto la discussione, e andando un po’ fuori tema, volevo semplicemente ricordare che l’Istituto Leoni pubblicizza un libercolo che sostiene che lo stato democratico è un marchingegno inventato dai poveri per fregare i ricchi (intento, sottinteso, bisimevole). Non sono un fanatico del politicamente corretto ma credo che all’indecenza ci sia un limite. Non esiste uno stato “di natura” in cui il ricco è tutelato dai poveri gaglioffi e infingardi: un eventuale comunità primigenia (lo dimostrano gli antropologi), la più vicina possibile a una condizione aurorale e primitiva della convivenza umana, produce piuttosto società egualitarie e comunitarie. Negli stati democratici moderni esistono norme e strumenti per consentire l’arricchimento e per garantire, anche con l’uso della forza legittima, la tutela della proprietà. Per questo i ricchi (prescindendo da altre valutazioni morali o religiose che qui non tocco) devono pagare un prezzo per queste tutele. Che poi lo stato italiano anche in questo funzioni male, è notorio. Io sollevavo il principio con l’auspicio di non vedermi riproposte, qui nella civile Europa, le teorie che allignano tra i cacciatori di marmotte degli Appalachi.

    LEI NON HA IL DIRITTO DI DIRE LA SUA PER IL SOLO FATTO CHE N ON RISCHIA NULLA , IL SUO E’ UN POSTO ETERNO , LO MANTERRA’ SINO ALLA PENSIONE E, MANTENUTO DA TUTTI NOI ” PRIVATI ” CHE PRODUCIAMO , MENTRE LEI NON PRODUCE UN BEL NIENTE !!!
    MA ANCHE PER LEI E PER LA SUA CASTA DI DPENDENTI STATALI STA’ ARRIVANDO LA RESA DEI CONTI !!!
    FARETE LA FINEDEI DIPENDENTI PUBBLICI GRECI , E VE LO MERITATE !!!!!!!!
    FANNULLONI , BUONI A NULLA , AL RIPARO DA QUALSIASI CONCORRENZA !!!11

  21. Andrea Chiari scrive:

    Secondo una sintetica analisi del sig. Melloni “lo stato in cui viviamo è popolato da furbi ( statali ) che rubano ai coglioni”. Che io possa essere definito furbo in quanto dipendente pubblico è opinabile, ma che il siig. Melloni rientri nell’altra categoria non vi è dubbio alcuno

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