Commenti a: Liberalismo, reale e immaginario /2010/12/21/liberalismo-reale-e-immaginario/ diretto da Oscar Giannino Mon, 27 Dec 2010 20:33:41 +0100 hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Di: davide /2010/12/21/liberalismo-reale-e-immaginario/comment-page-1/#comment-11294 davide Mon, 27 Dec 2010 12:10:18 +0000 /?p=7876#comment-11294 <a href="#comment-11291" rel="nofollow">@Leonardo, IHC</a> questa mia ultima frase, riesce anche a rafforzare il mio pensiero che una politica monetaria espansiva non riesce mai a dare una vera idea delle sue conseguenze, sono le aspettative di reddito ( o profitto) a determinare il livello di investimento ed eventualmente un sovrainvestimento, a prescindere dal tax di int.. Grazie per l'attenzione. @Leonardo, IHC
questa mia ultima frase, riesce anche a rafforzare il mio pensiero che una politica monetaria espansiva non riesce mai a dare una vera idea delle sue conseguenze, sono le aspettative di reddito ( o profitto) a determinare il livello di investimento ed eventualmente un sovrainvestimento, a prescindere dal tax di int..

Grazie per l’attenzione.

]]>
Di: davide /2010/12/21/liberalismo-reale-e-immaginario/comment-page-1/#comment-11293 davide Mon, 27 Dec 2010 11:59:25 +0000 /?p=7876#comment-11293 <a href="#comment-11289" rel="nofollow">@Leonardo, IHC</a> Leonardo, vedo che con Lei si può discutere in modo costruttivo e questa per me è la cosa fondamentale a prescindere dalle idee che una persona ha e questo mi fa piacere. Io sono con Lei quando afferma che la società non può essere vista come un organismo a se stante e su questo non ci piove, creso forse che l'unica cosa che ci separa sia il fatto che io penso che un ottimo paretiano non sia necessariamente un ottimo sociale. Per quanto riguarda le banche, mi creda, non ho motivo di non pensarla come Lei, per quanto riguarda la politica monetaria invece, condivido parzialmente la sua idea, credo che essa sia un forte strumento quando restrittiva, meno forte quando espansiva. Ora non vorrei mettermi nella mente di Keynes, ma credo che abbia trascurato il rapporto tax int. consumo per il fatto che secondo lui esistesse una certa rigidità della propensione al risparmio verso il tax. int.. Detto questo, voglio ancora sottolineare quello che ho scritto prima, non dico che la politica monetaria possa dare vita a fenomeni ciclici, ma contesto l'idea che essa sia l'unica causa. Vorrei perciò invitarLa a discutere su questa mia affermazione: l' autofinanziamento ottenuto con la mancata distribuzione dei dividendi può innescare il sovrainvestimento esattamente come l’aumento nell’erogazione del credito da parte delle banche attraverso la moltiplicazione dei depositi. Naturalmente, la possibilità che le imprese decidano autonomamente di autofinanziarsi è tanto più probabile nei casi in cui le banche decidano di non assecondare la domanda di prestiti, razionando il credito. Infatti, sono proprio le pratiche di razionamento del credito e di innalzamento dei tassi, a spingere le imprese che operano in settori dove si manifestano prospettive particolarmente favorevoli a non distribuire in tutto o in parte i profitti d’impresa. @Leonardo, IHC
Leonardo, vedo che con Lei si può discutere in modo costruttivo e questa per me è la cosa fondamentale a prescindere dalle idee che una persona ha e questo mi fa piacere.
Io sono con Lei quando afferma che la società non può essere vista come un organismo a se stante e su questo non ci piove, creso forse che l’unica cosa che ci separa sia il fatto che io penso che un ottimo paretiano non sia necessariamente un ottimo sociale.
Per quanto riguarda le banche, mi creda, non ho motivo di non pensarla come Lei, per quanto riguarda la politica monetaria invece, condivido parzialmente la sua idea, credo che essa sia un forte strumento quando restrittiva, meno forte quando espansiva.
Ora non vorrei mettermi nella mente di Keynes, ma credo che abbia trascurato il rapporto tax int. consumo per il fatto che secondo lui esistesse una certa rigidità della propensione al risparmio verso il tax. int..
Detto questo, voglio ancora sottolineare quello che ho scritto prima, non dico che la politica monetaria possa dare vita a fenomeni ciclici, ma contesto l’idea che essa sia l’unica causa.
Vorrei perciò invitarLa a discutere su questa mia affermazione: l’ autofinanziamento ottenuto con la mancata distribuzione dei dividendi può innescare il sovrainvestimento esattamente come l’aumento nell’erogazione del credito da parte delle banche attraverso la moltiplicazione dei depositi. Naturalmente, la possibilità che le imprese decidano autonomamente di autofinanziarsi è tanto più probabile nei casi in cui le banche decidano di non assecondare la domanda di prestiti, razionando il credito. Infatti, sono proprio le pratiche di razionamento del credito e di innalzamento dei tassi, a spingere le imprese che operano in settori dove si manifestano prospettive particolarmente favorevoli a non distribuire in tutto o in parte i profitti d’impresa.

]]>
Di: Leonardo, IHC /2010/12/21/liberalismo-reale-e-immaginario/comment-page-1/#comment-11291 Leonardo, IHC Mon, 27 Dec 2010 11:22:15 +0000 /?p=7876#comment-11291 Postilla: a me non frega nulla del Mises Institute, ci ho già litigato con quelli perché credo che affrontino male i problemi e comunque sbaglino totalmente la comunicazione adottando una logica da tribù. Io mi riferisco ai testi ed all'elaborazione che ne faccio io personalmente, che mi porta spesso in accordo ma a volte anche contro. Non conosco né profeti né testi sacri. Cmq se si parla di finanziamenti, abbia pazienza, guardi chi ha finanziato Obama (GS) e in generale chi finanzia chiunque o quali case editrici pubblicano i libri anche contro il liberismo; se entriamo in questa logica (e chissà forse ce ne sarebbe bisogno) non dovremmo più leggere o ascoltare nulla, quindi tali considerazioni fatte in una specifica direzione non hanno senso. Postilla:
a me non frega nulla del Mises Institute, ci ho già litigato con quelli perché credo che affrontino male i problemi e comunque sbaglino totalmente la comunicazione adottando una logica da tribù.
Io mi riferisco ai testi ed all’elaborazione che ne faccio io personalmente, che mi porta spesso in accordo ma a volte anche contro. Non conosco né profeti né testi sacri.

Cmq se si parla di finanziamenti, abbia pazienza, guardi chi ha finanziato Obama (GS) e in generale chi finanzia chiunque o quali case editrici pubblicano i libri anche contro il liberismo; se entriamo in questa logica (e chissà forse ce ne sarebbe bisogno) non dovremmo più leggere o ascoltare nulla, quindi tali considerazioni fatte in una specifica direzione non hanno senso.

]]>
Di: Leonardo, IHC /2010/12/21/liberalismo-reale-e-immaginario/comment-page-1/#comment-11289 Leonardo, IHC Mon, 27 Dec 2010 11:17:25 +0000 /?p=7876#comment-11289 Gentile Davide, definire l'individualismo metodologico una "riduzione" mi suona molto male, comunque forse non ci capiamo e non possiamo sbatterci la testa contro senza arrivare da nessuna parte. Personalmente lo credo un metodo di analisi valido, che ha per conseguenza quella di non concepire una "società" come un essere a se stante, rispettandone la composita natura; concezioni di "società" come un unicuum da gestire hanno portato aberrazioni un po' troppo grandi, come lei sa. Quanto dico comunque non è inteso a "distruggere" qualsiasi "societas", perché per lo stesso motivo che ognuno va preso come individuo, ne va rispettata la volontà di associazione di alcuni per l'ottenimento di risultati altrimenti non raggiungibili. Contesto però che sia possibile per una minoranza decidere ciò che è ottimo per tutti, sia nei fini che nei mezzi; e come sa il keynesianismo si innesta in questa ottica (non solo sua). In questo sono d'accordo con lei che esiste un problema decisionale TOP-BOTTOM! La soluzione però non ritengo sia ottenibile con una qualche più pervasiva o diversa organizzazione TOP-BOTTOM come sempre è comunque uno stato centrale, o una qualche versione BOTTOM-UP che significa sempre e comunque che qualcuno (qualcuno, non tutti, perché non siamo mai tutti d'accordo) dal basso dica all'alto cosa fare (e dal basso non possono venire mandati "fini", per cui dall'alto cala sempre e comunque un'ampia dose di discrezionalità e opportunità politica, cioè sempre un processo TOP-DOWN). Quel che auspicherei è un maggior decentramento decisionale che arrivi, ove possibile, all'attribuzione di diritti doveri e conseguenze dell'agire sul singolo individuo. Questo è liberismo, e come dice Monsurrò, significa ad esempio che le banche che si sono cacciate in difficoltà devono semplicemente fallire (tanto il mondo non cascherà, come invece tanti politici hanno raccontato). La politica fiscale, o la discrezionalità politica, creano disastri, che però non sono esattamente "ciclo" ma shock o situazioni di squilibrio che l'economia come processo tende ad assorbire facendo emergere i dissesti sugli anelli deboli (e uno più debole degli altri c'è sempre), la politica monetaria invece può creare fenomeni propri di "ciclo", cioè ondate in alto e in basso generate dalle condizioni volta volta precedenti. La sua pervasività è ampia, perché manovrare la massa monetaria crea anziztutto dei vantaggi inflazionistici sui primi prenditori, i rialzi dei prezzi quindi hanno forza sperequativa imponente e pervasiva, inoltre la distorsione operata politicamente sui tassi crea effetti sia sugli investimenti (bolla) che sul risparmio (carenza) stimolando al contempo il consumo (un minor tasso riduce l'orizzonte degli operatori, anche il suo, che avendo un rendimento minore dal suo risparmio finisce per consumare di più tanto che le serve risparmiare? solo nella teoria generale di keynes questo aspetto viene del tutto trascurato mentre resta in tutta la microeconomia... ci pensi). GLi effetti della politica monetaria credo siano più imponenti di quanto si creda. Gentile Davide,

definire l’individualismo metodologico una “riduzione” mi suona molto male, comunque forse non ci capiamo e non possiamo sbatterci la testa contro senza arrivare da nessuna parte. Personalmente lo credo un metodo di analisi valido, che ha per conseguenza quella di non concepire una “società” come un essere a se stante, rispettandone la composita natura; concezioni di “società” come un unicuum da gestire hanno portato aberrazioni un po’ troppo grandi, come lei sa.
Quanto dico comunque non è inteso a “distruggere” qualsiasi “societas”, perché per lo stesso motivo che ognuno va preso come individuo, ne va rispettata la volontà di associazione di alcuni per l’ottenimento di risultati altrimenti non raggiungibili. Contesto però che sia possibile per una minoranza decidere ciò che è ottimo per tutti, sia nei fini che nei mezzi; e come sa il keynesianismo si innesta in questa ottica (non solo sua).

In questo sono d’accordo con lei che esiste un problema decisionale TOP-BOTTOM! La soluzione però non ritengo sia ottenibile con una qualche più pervasiva o diversa organizzazione TOP-BOTTOM come sempre è comunque uno stato centrale, o una qualche versione BOTTOM-UP che significa sempre e comunque che qualcuno (qualcuno, non tutti, perché non siamo mai tutti d’accordo) dal basso dica all’alto cosa fare (e dal basso non possono venire mandati “fini”, per cui dall’alto cala sempre e comunque un’ampia dose di discrezionalità e opportunità politica, cioè sempre un processo TOP-DOWN).

Quel che auspicherei è un maggior decentramento decisionale che arrivi, ove possibile, all’attribuzione di diritti doveri e conseguenze dell’agire sul singolo individuo. Questo è liberismo, e come dice Monsurrò, significa ad esempio che le banche che si sono cacciate in difficoltà devono semplicemente fallire (tanto il mondo non cascherà, come invece tanti politici hanno raccontato).

La politica fiscale, o la discrezionalità politica, creano disastri, che però non sono esattamente “ciclo” ma shock o situazioni di squilibrio che l’economia come processo tende ad assorbire facendo emergere i dissesti sugli anelli deboli (e uno più debole degli altri c’è sempre), la politica monetaria invece può creare fenomeni propri di “ciclo”, cioè ondate in alto e in basso generate dalle condizioni volta volta precedenti. La sua pervasività è ampia, perché manovrare la massa monetaria crea anziztutto dei vantaggi inflazionistici sui primi prenditori, i rialzi dei prezzi quindi hanno forza sperequativa imponente e pervasiva, inoltre la distorsione operata politicamente sui tassi crea effetti sia sugli investimenti (bolla) che sul risparmio (carenza) stimolando al contempo il consumo (un minor tasso riduce l’orizzonte degli operatori, anche il suo, che avendo un rendimento minore dal suo risparmio finisce per consumare di più tanto che le serve risparmiare? solo nella teoria generale di keynes questo aspetto viene del tutto trascurato mentre resta in tutta la microeconomia… ci pensi). GLi effetti della politica monetaria credo siano più imponenti di quanto si creda.

]]>
Di: davide /2010/12/21/liberalismo-reale-e-immaginario/comment-page-1/#comment-11288 davide Mon, 27 Dec 2010 10:36:49 +0000 /?p=7876#comment-11288 <a href="#comment-11287" rel="nofollow">@Leonardo, IHC</a> Concordo pienamente che l'economia sia una scienza sociale, certo non posso invece condividere il riduzionismo (tipico di una certa scuola di pensiero economico, quella a cui Lei fa riferimento) che riconduce la società alla semplice interazione tra soggetti, è comunque un passo avanti rispetto a chi affermava :"La vera società non esiste: ci sono uomini e donne, e le famiglie". Societas nell'antica Roma stava indicare non solo la semplice interazione tra soggetti, ma la loro interazione posta in essere per raggiungere insieme obiettivi che individualemente non sarebbero raggiungibili. Per quanto riguarda Krugman, credo che sia un grande economista, molto intelligente, questo non vuol dire che debba condividere ogni sua idea, detto questo, la questione da me sottolineata nel post, era molto diversa, secondo un mio modestissimo punto di vista, il problema sta nella modalità di trasmissione della politica (economica), spesso Top-down, raramente Bottom-up. Riguardo allo scherzare, continuo a sostenere che siamo su scherzi a parte e il conduttore, mi spiace, non sono io. Tralasciando la possibilità di identificare ESCLUSIVAMENTE la politica monetaria come causa del ciclo economico, posizione criticabilissima (criticata tra l'altro da economisti filoaustriaci come Francesco Vito), come posso non pensare che si tratti di uno scherzo quando leggo che i poveri nel loro stato patrimoniale hanno più obbligazioni? O io ho una concezione diversa di poveri o qui viene strumentalizzata ogni affermazione per ricondurla sempre e soltanto a una propria ideologia. Sarebbe meglio essere un pochino più pratici e guardare un pochino di più la realtà, i poveri sono poveri e di titoli in portafoglio non ne hanno. Io non confondo liberismo con lobbysmo o finanza, non so dove io possa aver dato questa impressione, però posso capire chi lo fa, infondo oggi la tradizione austriaca è tenuta in vita dal von Mises Institute finanziato interamente da donatori che risultano essere uomini d'affari e conservatori. @Leonardo, IHC
Concordo pienamente che l’economia sia una scienza sociale, certo non posso invece condividere il riduzionismo (tipico di una certa scuola di pensiero economico, quella a cui Lei fa riferimento) che riconduce la società alla semplice interazione tra soggetti, è comunque un passo avanti rispetto a chi affermava :”La vera società non esiste: ci sono uomini e donne, e le famiglie”.
Societas nell’antica Roma stava indicare non solo la semplice interazione tra soggetti, ma la loro interazione posta in essere per raggiungere insieme obiettivi che individualemente non sarebbero raggiungibili.
Per quanto riguarda Krugman, credo che sia un grande economista, molto intelligente, questo non vuol dire che debba condividere ogni sua idea, detto questo, la questione da me sottolineata nel post, era molto diversa, secondo un mio modestissimo punto di vista, il problema sta nella modalità di trasmissione della politica (economica), spesso Top-down, raramente Bottom-up.

Riguardo allo scherzare, continuo a sostenere che siamo su scherzi a parte e il conduttore, mi spiace, non sono io.
Tralasciando la possibilità di identificare ESCLUSIVAMENTE la politica monetaria come causa del ciclo economico, posizione criticabilissima (criticata tra l’altro da economisti filoaustriaci come Francesco Vito), come posso non pensare che si tratti di uno scherzo quando leggo che i poveri nel loro stato patrimoniale hanno più obbligazioni? O io ho una concezione diversa di poveri o qui viene strumentalizzata ogni affermazione per ricondurla sempre e soltanto a una propria ideologia. Sarebbe meglio essere un pochino più pratici e guardare un pochino di più la realtà, i poveri sono poveri e di titoli in portafoglio non ne hanno.

Io non confondo liberismo con lobbysmo o finanza, non so dove io possa aver dato questa impressione, però posso capire chi lo fa, infondo oggi la tradizione austriaca è tenuta in vita dal von Mises Institute finanziato interamente da donatori che risultano essere uomini d’affari e conservatori.

]]>
Di: Leonardo, IHC /2010/12/21/liberalismo-reale-e-immaginario/comment-page-1/#comment-11287 Leonardo, IHC Mon, 27 Dec 2010 08:47:54 +0000 /?p=7876#comment-11287 <blockquote cite="#commentbody-11184"> <strong><a href="#comment-11184" rel="nofollow">Luciano Pontiroli </a> :</strong><a href="#comment-11131" rel="nofollow">@Leonardo, IHC</A>Che la lingua italiana sia stata inventata pezzo a pezzo mi sembra un’esagerazione: si tratta di un latino modernizzato in forma colta (i dialetti italiani e romanzi in genere sono forme di latino popolare, magari imbastardito).La lingua è una convenzione? o è, piuttosto, qualcosa che ci avvolge, dà forma e struttura al pensiero e lo rende comunicabile?</blockquote> Secondo me io e lei siamo più d'accordo di quanto sembri. Certo, le lingue parlate oggi in area mediterranea sono l'effetto della sovrapposizione delle lingue locali con il latino, con livelli diversi di "omologazione" su quest'ultima (il toscano e il logudorese pare siano le lingue più vicine al latino), quando già il latino aveva preso forme e soprattutto suoni dalle lingue italiche come l'umbro. Resta, a mio parere, che gran parte di quelli che chiamiamo dialetti sono in realtà vere lingue romanze (consideri dal veneto, al siculo, al nuorese...). Per questo in letteratura è sempre stata cercata una lingua "volgare" che fosse comprensibile a tutti e fosse quanto più aderente alla "grammatica", cioè al latino. "inventata pezzo per pezzo" è effettivamente un'espressione troppo forte, ma in realtà fino ai "promessi sposi" la lotta era ancora aperta tra un italiano modellato sul toscano o modellato sul siculo, dove c'era una grandiosa scuola letteraria. Questo per dire che effettivamente noi ragioniamo (tendenzialmente) in italiano, e usiamo le sue parole per tradurre concetti complessi; ma l'italiano come ogni lingua è una convenzione (stabilita o "dall'alto" o spontaneamente "dall'uso basso"); il punto è non farci fregare dalla "convenzione" scambiandola per verità. Intendo (e così si torna all'economia) che se viene coniato l'uso del termine liberismo da contrapporre (e sottolineo contrapporre) a liberismo, non è detto a priori che questo corrisponda a una dicotomia reale. Volendo si può parlare di comunismo e comunalismo, definendo il primo su un piano economico e il secondo sul solo piano sociale, ma spero converrà che si tratta di distinzioni forzate perché, filosoficamente e filologicamente, le due cose non sono mai state e non possono esistere separate. In tal senso ho fatto riferimento a Orwell... l'avrà capito. @Davide <blockquote cite="#commentbody-11275"> Leggere poi da un altro utente (leonardo ihc), palesemente fondamentalista di mercato: “e solo si riconoscesse che l’economia è un fatto sociale, e non “tecnico-fisico” “, mi fa rimanere a bocca aperta, quasi incredulo, ma è scherzi a parte o la realtà? Se posso dire la mia per quanto riguarda l’articolo invece vorrei sottolineare che nessun “interventista” o “keynesiano” con un briciolo di sale in zucca può essere contento del modo in cui si fa spesso, quasi sempre politica.</blockquote> L'economia è un fatto sociale perché nasce dall'interazione di tutti i soggetti che compongono la cosiddetta società. Negare questo secondo me implica vedere l'economia come un giochino che un deus può manovrare a piacere, e i risultati si sono visti. Se il suo avviso è diverso mi piacerebbe conoscerlo. Riguardo lo scherzare, direi che Pietro ha mostrato che il conduttore di scherzi a parte è lei. Sul fatto dei keynesiani... Il massimo keynesiano esistente, tale Krugman, prima ha detto che i Governi stavano facendo bene a seguire politiche keynesiane, poi che a tale spesa doveva seguire il pareggio di bilancio (coerente con Keynes) e poi ha detto che in realtà hanno fatto troppo poco, dovrebbero intervenire cioè spendere di più per dirsi keynesiani. Per favore, almeno mi dica che Krugman non è un keynesiano con sale in zucca (e dò per scontato che quando ha scritto "politica" intendesse "politica economica" e non il teatrino di discorsi che ci tedia giornalmente). IL suo problema, come di molti, è confondere il liberismo con il lobbysmo o con la finanza. Il liberismo è anche quello del piccolo commerciante, e si fonda sulla responsabilità individuale di utili e perdite. Confondere poi liberismo con globalizzazione è infine molto ingenuo. La globalizzazione va avanti dai tempi dei Sumeri, e pure il comunismo, con la sua internazionale socialista, mirava scientemente a questo. E ci sono paesi che ne hanno tratto vantaggio, quel che comprensibilmente le rode è che intanto "paga" l'Italia, ma questo non è "colpa" di un cinese che ora guadagna il doppio di dieci anni fa, è colpa di un paese come l'italia che si è arroccato in produzione di bassa gamma protetto da legislazione e svalutazioni competitive, da uno stato protettore o magnaccia, finché il gioco non è stato più possibile portarlo avanti pena un fallimento immediato. Ecco perché la sperequazione italiana cresce da decenni ormai alla faccia di qualsiasi sedicente socialista al governo: le risorse sono allocate politicamente, quindi male, e creano trasferimenti netti verso gruppi stabili.

Luciano Pontiroli :@Leonardo, IHCChe la lingua italiana sia stata inventata pezzo a pezzo mi sembra un’esagerazione: si tratta di un latino modernizzato in forma colta (i dialetti italiani e romanzi in genere sono forme di latino popolare, magari imbastardito).La lingua è una convenzione? o è, piuttosto, qualcosa che ci avvolge, dà forma e struttura al pensiero e lo rende comunicabile?

Secondo me io e lei siamo più d’accordo di quanto sembri.
Certo, le lingue parlate oggi in area mediterranea sono l’effetto della sovrapposizione delle lingue locali con il latino, con livelli diversi di “omologazione” su quest’ultima (il toscano e il logudorese pare siano le lingue più vicine al latino), quando già il latino aveva preso forme e soprattutto suoni dalle lingue italiche come l’umbro.
Resta, a mio parere, che gran parte di quelli che chiamiamo dialetti sono in realtà vere lingue romanze (consideri dal veneto, al siculo, al nuorese…).
Per questo in letteratura è sempre stata cercata una lingua “volgare” che fosse comprensibile a tutti e fosse quanto più aderente alla “grammatica”, cioè al latino.

“inventata pezzo per pezzo” è effettivamente un’espressione troppo forte, ma in realtà fino ai “promessi sposi” la lotta era ancora aperta tra un italiano modellato sul toscano o modellato sul siculo, dove c’era una grandiosa scuola letteraria.

Questo per dire che effettivamente noi ragioniamo (tendenzialmente) in italiano, e usiamo le sue parole per tradurre concetti complessi; ma l’italiano come ogni lingua è una convenzione (stabilita o “dall’alto” o spontaneamente “dall’uso basso”); il punto è non farci fregare dalla “convenzione” scambiandola per verità. Intendo (e così si torna all’economia) che se viene coniato l’uso del termine liberismo da contrapporre (e sottolineo contrapporre) a liberismo, non è detto a priori che questo corrisponda a una dicotomia reale. Volendo si può parlare di comunismo e comunalismo, definendo il primo su un piano economico e il secondo sul solo piano sociale, ma spero converrà che si tratta di distinzioni forzate perché, filosoficamente e filologicamente, le due cose non sono mai state e non possono esistere separate.
In tal senso ho fatto riferimento a Orwell… l’avrà capito.

@Davide

Leggere poi da un altro utente (leonardo ihc), palesemente fondamentalista di mercato: “e solo si riconoscesse che l’economia è un fatto sociale, e non “tecnico-fisico” “, mi fa rimanere a bocca aperta, quasi incredulo, ma è scherzi a parte o la realtà?
Se posso dire la mia per quanto riguarda l’articolo invece vorrei sottolineare che nessun “interventista” o “keynesiano” con un briciolo di sale in zucca può essere contento del modo in cui si fa spesso, quasi sempre politica.

L’economia è un fatto sociale perché nasce dall’interazione di tutti i soggetti che compongono la cosiddetta società. Negare questo secondo me implica vedere l’economia come un giochino che un deus può manovrare a piacere, e i risultati si sono visti. Se il suo avviso è diverso mi piacerebbe conoscerlo. Riguardo lo scherzare, direi che Pietro ha mostrato che il conduttore di scherzi a parte è lei.

Sul fatto dei keynesiani… Il massimo keynesiano esistente, tale Krugman, prima ha detto che i Governi stavano facendo bene a seguire politiche keynesiane, poi che a tale spesa doveva seguire il pareggio di bilancio (coerente con Keynes) e poi ha detto che in realtà hanno fatto troppo poco, dovrebbero intervenire cioè spendere di più per dirsi keynesiani. Per favore, almeno mi dica che Krugman non è un keynesiano con sale in zucca (e dò per scontato che quando ha scritto “politica” intendesse “politica economica” e non il teatrino di discorsi che ci tedia giornalmente).

IL suo problema, come di molti, è confondere il liberismo con il lobbysmo o con la finanza. Il liberismo è anche quello del piccolo commerciante, e si fonda sulla responsabilità individuale di utili e perdite.
Confondere poi liberismo con globalizzazione è infine molto ingenuo. La globalizzazione va avanti dai tempi dei Sumeri, e pure il comunismo, con la sua internazionale socialista, mirava scientemente a questo. E ci sono paesi che ne hanno tratto vantaggio, quel che comprensibilmente le rode è che intanto “paga” l’Italia, ma questo non è “colpa” di un cinese che ora guadagna il doppio di dieci anni fa, è colpa di un paese come l’italia che si è arroccato in produzione di bassa gamma protetto da legislazione e svalutazioni competitive, da uno stato protettore o magnaccia, finché il gioco non è stato più possibile portarlo avanti pena un fallimento immediato. Ecco perché la sperequazione italiana cresce da decenni ormai alla faccia di qualsiasi sedicente socialista al governo: le risorse sono allocate politicamente, quindi male, e creano trasferimenti netti verso gruppi stabili.

]]>
Di: davide /2010/12/21/liberalismo-reale-e-immaginario/comment-page-1/#comment-11284 davide Sun, 26 Dec 2010 23:10:20 +0000 /?p=7876#comment-11284 <a href="#comment-11278" rel="nofollow">@Pietro Monsurrò</a> Ingegnere detto da Lei è un complimento. @Pietro Monsurrò
Ingegnere detto da Lei è un complimento.

]]>
Di: Pietro Monsurrò /2010/12/21/liberalismo-reale-e-immaginario/comment-page-1/#comment-11278 Pietro Monsurrò Sun, 26 Dec 2010 09:33:27 +0000 /?p=7876#comment-11278 <a href="#comment-11275" rel="nofollow">@davide</a> Quando non si ha nulla da scrivere, escono fuori commenti come il suo. @davide
Quando non si ha nulla da scrivere, escono fuori commenti come il suo.

]]>
Di: davide /2010/12/21/liberalismo-reale-e-immaginario/comment-page-1/#comment-11275 davide Sun, 26 Dec 2010 01:59:44 +0000 /?p=7876#comment-11275 <a href="#comment-11141" rel="nofollow">@Pietro Monsurrò</a> Ingegnere, mi è piaciuta molto la frase da Lei scritta nel post dell'articolo linkato, mi riferisco a : "La gente non è abituata a collegare cause ed effetti...", frase poco liberista e molto myrdalliana. Leggere poi da un altro utente (leonardo ihc), palesemente fondamentalista di mercato: "e solo si riconoscesse che l’economia è un fatto sociale, e non “tecnico-fisico” ", mi fa rimanere a bocca aperta, quasi incredulo, ma è scherzi a parte o la realtà? Se posso dire la mia per quanto riguarda l'articolo invece vorrei sottolineare che nessun "interventista" o "keynesiano" con un briciolo di sale in zucca può essere contento del modo in cui si fa spesso, quasi sempre politica. Le politiche trasmesse in italia (e non solo) sono di tipo Top-Down e non Bottom-Up come invece dovrebbero essere ed è questo quello che fa perdere il vero valore della politica che non è quello di rappresentanza, ma quello di incontro tra pubblico e privato, quello che per gli antichi greci era il valore dell'agorà. @Pietro Monsurrò

Ingegnere, mi è piaciuta molto la frase da Lei scritta nel post dell’articolo linkato, mi riferisco a : “La gente non è abituata a collegare cause ed effetti…”, frase poco liberista e molto myrdalliana.

Leggere poi da un altro utente (leonardo ihc), palesemente fondamentalista di mercato: “e solo si riconoscesse che l’economia è un fatto sociale, e non “tecnico-fisico” “, mi fa rimanere a bocca aperta, quasi incredulo, ma è scherzi a parte o la realtà?

Se posso dire la mia per quanto riguarda l’articolo invece vorrei sottolineare che nessun “interventista” o “keynesiano” con un briciolo di sale in zucca può essere contento del modo in cui si fa spesso, quasi sempre politica.
Le politiche trasmesse in italia (e non solo) sono di tipo Top-Down e non Bottom-Up come invece dovrebbero essere ed è questo quello che fa perdere il vero valore della politica che non è quello di rappresentanza, ma quello di incontro tra pubblico e privato, quello che per gli antichi greci era il valore dell’agorà.

]]>
Di: Pietro Monsurrò /2010/12/21/liberalismo-reale-e-immaginario/comment-page-1/#comment-11270 Pietro Monsurrò Sat, 25 Dec 2010 10:16:51 +0000 /?p=7876#comment-11270 <a href="#comment-11269" rel="nofollow">@Riccardo</a> Qual è la posizione liberale sulla politica monetaria? Regole fisse. Qual è stata la politica monetaria degli ultimi 30 anni? Discrezione totale, salvataggi, bailout e moral hazard. Cosa predice la teoria economica (austriaca) quando la politica monetaria si comporta così? Bolle e crisi finanziarie. Qual è la posizione liberale sulla politica fiscale? Pareggio di bilancio. Qual è stata la politica fiscale degli ultimi decenni? Deficit e debiti, violazioni del Trattato di MAastricht e stimoli fiscali discrezionali. Cosa predice la teoria economica quando la politica fiscale si comporta così? Fragilità finanziaria e crisi di debito. Cosa differenzia lo stato patrimoniale dei ricchi dai poveri? I ricchi hanno più capitale di rischio, i poveri più obbligazioni. Cosa succede quando c'è una politica monetaria discrezionale che genera bolle speculative? Il capitale di rischio rende molto, le obbligazioni rendono poco. Dunque la disuguaglianza patrimoniale aumenta. Quest'ultimo fattore non so quanto sia effettivamente rilevante perché non conosco gli studi statistici sull'incidenza delle bolle sulla disuguaglianza patrimoniale. In compenso che ha fatto la Fed e cosa ha fatto la BCE negli ultimi anni? Hanno salvato banche e finanza. E qual è la politica liberale in questi casi? Lasciarle fallire, non aiutare i ricchi ad essere ancora più ricchi a spese del contribuente o dell'obbligazionista. Una cosa però è certa sulla disuguaglianza: che da quando Corea del Sud, Taiwan, Cina, India, Brasile, Polonia, Estonia, Lituania, Slovenia e decine di altri paesi sono entrati nel mercato globale, hanno recuperato gran parte del loro svantaggio materiale e si sono arricchiti: per loro la disuguaglianza è scesa, e in un modo che sarebbe stato impossibile senza mercato. Purtroppo politiche fiscali e monetarie non sono per nulla liberali, e certamente dietro le crisi degli ultimi anni, e forse dietro l'aumento della disuguaglianza patrimoniale interna ai paesi occidentali (non invece relativamente ai paesi in via di sviluppo, che hanno recuperato terreno), ci sono le necessarie conseguenze economiche di aver lasciato ai governi il diritto di indebitarsi a dismisura, e di manipolare moneta e mercati finanziari ad libitum. @Riccardo
Qual è la posizione liberale sulla politica monetaria? Regole fisse.

Qual è stata la politica monetaria degli ultimi 30 anni? Discrezione totale, salvataggi, bailout e moral hazard.

Cosa predice la teoria economica (austriaca) quando la politica monetaria si comporta così? Bolle e crisi finanziarie.

Qual è la posizione liberale sulla politica fiscale? Pareggio di bilancio.

Qual è stata la politica fiscale degli ultimi decenni? Deficit e debiti, violazioni del Trattato di MAastricht e stimoli fiscali discrezionali.

Cosa predice la teoria economica quando la politica fiscale si comporta così? Fragilità finanziaria e crisi di debito.

Cosa differenzia lo stato patrimoniale dei ricchi dai poveri? I ricchi hanno più capitale di rischio, i poveri più obbligazioni.

Cosa succede quando c’è una politica monetaria discrezionale che genera bolle speculative? Il capitale di rischio rende molto, le obbligazioni rendono poco. Dunque la disuguaglianza patrimoniale aumenta.

Quest’ultimo fattore non so quanto sia effettivamente rilevante perché non conosco gli studi statistici sull’incidenza delle bolle sulla disuguaglianza patrimoniale.

In compenso che ha fatto la Fed e cosa ha fatto la BCE negli ultimi anni? Hanno salvato banche e finanza.

E qual è la politica liberale in questi casi? Lasciarle fallire, non aiutare i ricchi ad essere ancora più ricchi a spese del contribuente o dell’obbligazionista.

Una cosa però è certa sulla disuguaglianza: che da quando Corea del Sud, Taiwan, Cina, India, Brasile, Polonia, Estonia, Lituania, Slovenia e decine di altri paesi sono entrati nel mercato globale, hanno recuperato gran parte del loro svantaggio materiale e si sono arricchiti: per loro la disuguaglianza è scesa, e in un modo che sarebbe stato impossibile senza mercato.

Purtroppo politiche fiscali e monetarie non sono per nulla liberali, e certamente dietro le crisi degli ultimi anni, e forse dietro l’aumento della disuguaglianza patrimoniale interna ai paesi occidentali (non invece relativamente ai paesi in via di sviluppo, che hanno recuperato terreno), ci sono le necessarie conseguenze economiche di aver lasciato ai governi il diritto di indebitarsi a dismisura, e di manipolare moneta e mercati finanziari ad libitum.

]]>