Commenti a: Assegni di disoccupazione vs disoccupazione strutturale /2010/12/11/assegni-di-disoccupazione-vs-disoccupazione-strutturale/ diretto da Oscar Giannino Fri, 24 Dec 2010 09:18:48 +0100 hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Di: davide /2010/12/11/assegni-di-disoccupazione-vs-disoccupazione-strutturale/comment-page-1/#comment-10929 davide Tue, 14 Dec 2010 12:35:16 +0000 /?p=7827#comment-10929 <a href="#comment-10922" rel="nofollow">@MassimoF.</a> probabilmente abbiamo dati diversi, non so che dire - primo slittamento salariale si ebbe nel 63 che sancì la fine del miracolo economico, senza che ci fu nessun aumento delle rigidità del mercato del lavoro, ma per il semplice fatto che con l'aumento dell'occupazione quasi ad arrivare alla piena occupazione ci furono pressioni al rialzo sui salari, si verificò ripeto che i salari effettivi erano maggiori dei salari contrattuali. - le rivendicazioni salariali fine anni 60 con le lotte di classe, non portarono ad aumento della disoccupazione e alla crisi in termini assoluti, l'istat sbagliò clamorosamente le sue stime, vedendo una diminuzione della occupazione industriale e una stagflazione, perchè non vedeva i profondi cambiamenti che erano in atto nel sistema produttivo italiano. La diminuzione dell'occupazione c'era, solo nella grande impresa però, come risposta alle lotte di classe, che sono un effetto di ciò che era avvenuto ( aumento del costo della vita, data dalla saturazione delle aree urbane nel triangolo industriale), prima di essere una causa di quello che doveva avvenire. Nella realtà si verificò un aumento degli stabilimenti industriali di piccole e medie dimensioni, come si può parlare di crisi se nel 1975 l'occupazione risultava essere +83% in veneto, + 75% Marche, + 50% in lombardia, il calo occupazionale nel settore industriale si verificò in liguria e piemonte, a testimonianza che il modello di sviluppo su cui si era basato il miracolo economico, cioè grandi imprese in aree concentrate (mi-to-ge) era cambiato, si andava a formare quello che Bagnasco definì la terza italia. Fino al 1963 la disoccupazione al sud non diminuiva perchè si sviluppavano industrie al sud o per le gabbie salariali, ma per il semplice fatto che il nord esercitava ancora quel ruolo di spugna che assorbiva l'eccesso di forza lavoro meridionale, perciò la disoccupazione al sud diminuiva perchè la gente se ne andava dal sud, creando quella riserva di forza lavoro al nord capace di esercitare pressioni al ribasso sui salari, funzionale allo sviluppo capitalistico dell'industria del nord. Quando si ruppe il meccanismo del miracolo economico a causa di un aumento dell'assorbimento della forza lavoro nel settore edilizio, vi fu proprio nel 63 come detto il primo slittamento salariale, che mise in crisi l'industria esportatrice, quella trainante nel miracolo economico. Per quanto riguarda le politiche monetarie, ieri sera ho scritto di pancia vista la tarda ora, sbagliando, anche se poi 2 righe sotto involontariamente mi sono corretto da solo. Mi riferivo a politiche deflazionistiche e non monetarie, mi scuso. Perciò si può cercare un trade off tra politiche deflazionistiche e andamento della domanda, come scritto 2 righe sotto. Le vorrei però ricordare che le politiche poste in atto per entrare nell'Ue e nell'Ume iniziarono nel 92, col trattato di maastricht, la invito a leggere l'analisi di Fitoussi (1997) dove si nega con vigore che la disoccupazione europea degli anni 90 possa essere attribuita alle rigidità salariali o alla concorrenza dei paesi di nuova industrializzazione, ma dalla ventata restrittiva conseguente al trattato di maastricht. Può darsi che anche quelli siano dati reali, dato che il tax di disocc. più alto nn italia dall'83 si verifico nell'aprile 98 (11,5%) un mese prima dell'esame degli organi della comunità sui requisiti dei paesi per l'adesione all'Ue, dopo un aumento costante iniziato proprio nel 1992 (col trattato di maastricht?). E' vero che poi è diminuito dal 2000 al 2005 ma risultò essere non molto diverso da quello di inizi anni 90, e sicuramente molto maggiore rispetto a quello di inizi anni 80. L'attuale tassazione sul lavoro è frutto proprio delle scelte di stabilità monetaria dell'ue, ricordo che quello che conta è il rapporto deb.pub/pil, e per entrare in europa l'italia ha dovuto dare l'idea di poter rientrare nel parametro richiesto da maastricht: deb.pub/pil =60% e si è deciso di operare sul debito pubblico o sul disavanzo (disavanzo/pil=3%) e non sull'aumento del pil , perchè dava più garanzie di stabilità monetaria...si ritorna sempre a quel discorso. @MassimoF.
probabilmente abbiamo dati diversi, non so che dire

- primo slittamento salariale si ebbe nel 63 che sancì la fine del miracolo economico, senza che ci fu nessun aumento delle rigidità del mercato del lavoro, ma per il semplice fatto che con l’aumento dell’occupazione quasi ad arrivare alla piena occupazione ci furono pressioni al rialzo sui salari, si verificò ripeto che i salari effettivi erano maggiori dei salari contrattuali.
- le rivendicazioni salariali fine anni 60 con le lotte di classe, non portarono ad aumento della disoccupazione e alla crisi in termini assoluti, l’istat sbagliò clamorosamente le sue stime, vedendo una diminuzione della occupazione industriale e una stagflazione, perchè non vedeva i profondi cambiamenti che erano in atto nel sistema produttivo italiano. La diminuzione dell’occupazione c’era, solo nella grande impresa però, come risposta alle lotte di classe, che sono un effetto di ciò che era avvenuto ( aumento del costo della vita, data dalla saturazione delle aree urbane nel triangolo industriale), prima di essere una causa di quello che doveva avvenire.
Nella realtà si verificò un aumento degli stabilimenti industriali di piccole e medie dimensioni, come si può parlare di crisi se nel 1975 l’occupazione risultava essere +83% in veneto, + 75% Marche, + 50% in lombardia, il calo occupazionale nel settore industriale si verificò in liguria e piemonte, a testimonianza che il modello di sviluppo su cui si era basato il miracolo economico, cioè grandi imprese in aree concentrate (mi-to-ge) era cambiato, si andava a formare quello che Bagnasco definì la terza italia.

Fino al 1963 la disoccupazione al sud non diminuiva perchè si sviluppavano industrie al sud o per le gabbie salariali, ma per il semplice fatto che il nord esercitava ancora quel ruolo di spugna che assorbiva l’eccesso di forza lavoro meridionale, perciò la disoccupazione al sud diminuiva perchè la gente se ne andava dal sud, creando quella riserva di forza lavoro al nord capace di esercitare pressioni al ribasso sui salari, funzionale allo sviluppo capitalistico dell’industria del nord.
Quando si ruppe il meccanismo del miracolo economico a causa di un aumento dell’assorbimento della forza lavoro nel settore edilizio, vi fu proprio nel 63 come detto il primo slittamento salariale, che mise in crisi l’industria esportatrice, quella trainante nel miracolo economico.

Per quanto riguarda le politiche monetarie, ieri sera ho scritto di pancia vista la tarda ora, sbagliando, anche se poi 2 righe sotto involontariamente mi sono corretto da solo. Mi riferivo a politiche deflazionistiche e non monetarie, mi scuso. Perciò si può cercare un trade off tra politiche deflazionistiche e andamento della domanda, come scritto 2 righe sotto.
Le vorrei però ricordare che le politiche poste in atto per entrare nell’Ue e nell’Ume iniziarono nel 92, col trattato di maastricht, la invito a leggere l’analisi di Fitoussi (1997) dove si nega con vigore che la disoccupazione europea degli anni 90 possa essere attribuita alle rigidità salariali o alla concorrenza dei paesi di nuova industrializzazione, ma dalla ventata restrittiva conseguente al trattato di maastricht.
Può darsi che anche quelli siano dati reali, dato che il tax di disocc. più alto nn italia dall’83 si verifico nell’aprile 98 (11,5%) un mese prima dell’esame degli organi della comunità sui requisiti dei paesi per l’adesione all’Ue, dopo un aumento costante iniziato proprio nel 1992 (col trattato di maastricht?).
E’ vero che poi è diminuito dal 2000 al 2005 ma risultò essere non molto diverso da quello di inizi anni 90, e sicuramente molto maggiore rispetto a quello di inizi anni 80.
L’attuale tassazione sul lavoro è frutto proprio delle scelte di stabilità monetaria dell’ue, ricordo che quello che conta è il rapporto deb.pub/pil, e per entrare in europa l’italia ha dovuto dare l’idea di poter rientrare nel parametro richiesto da maastricht: deb.pub/pil =60% e si è deciso di operare sul debito pubblico o sul disavanzo (disavanzo/pil=3%) e non sull’aumento del pil , perchè dava più garanzie di stabilità monetaria…si ritorna sempre a quel discorso.

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Di: MassimoF. /2010/12/11/assegni-di-disoccupazione-vs-disoccupazione-strutturale/comment-page-1/#comment-10922 MassimoF. Tue, 14 Dec 2010 10:00:58 +0000 /?p=7827#comment-10922 @ Davide : 1) I primi aumenti salariali consistenti ci furono solo verso la fine degli anni '60 . Comunque ancora non tali da pregiudicare la competitività delle imprese. Inoltre non ho mai detto che il calo occupazionale fu l'effetto solo delle rigidità del mercato del lavoro. La disoccupazione venne a crearsi negli anni '70 quando da un lato stavano aumentando le rigidità, ma dall'altro stavano aumentando i salari oltre il livello corretto. Quindi , la disoccupazione , che comparve ripeto negli anni '70 fu dovuta al mix aumento rigidità-costo del lavoro. 2) Sui dati istat come le ho detto , possono essere contestati , ma allora ognuno porti i suoi , e ognuno creda ai suoi con pari dignità. Il fatto da lei contestato comunque non pregiudica il discorso : la disoccupazione è aumentata a partire dagli anni '70 per toccare il massimo negli anni '90 , ovvero è partita quando la flessibilità ha iniziato a diminuire e ha toccato il massimo quando la rigidità del mercato del lavoro è stata massima. 3) Sarà anche sputare in faccia alle persone che emigrarono dal sud al nord ( cosa che contesto visto che proprio non ne vedo il nesso ) , ma è la verità. Nella prima metà degli anni '60 la disoccupazione era virtualmente sparita . Se le gabbie salariali non avevano nesun merito, la disoccupazione magari sarebbe salita , ma sarebbe dovuta rimane nella media nazionale . Invece , proprio dalla abolizione delle gabbie , il tasso di disoccupazione in breve tempo schizzò ai livelli attuali del 25% . Negare l'importanza dello sfasamento salariale vuol dire solo continuare a condannare il sud alla povertà. 4) Politiche monetarie : stesso discorso del debito pubblico ( di cui lei ha comunque parlato ). Abbiamo paesi con politiche monetarie rigide e bassi tassi di disoccupazione e paesi con politiche monetarie lassiste e alto tasso di disoccupazione. Quindi come vede il nesso non c'è. La stessa area euro , con le sue rigide politiche monetarie e di controllo di bilancio , ha la disoccupazione comunque minore di quella pre-euro . Questi sono i dati reali. 5) Concordo con lei che la competitività di un paese sia data dagli investimenti ( privati aggiungo io ) , ma con costo del lavoro fuori controllo , e con l'attuale tassazione sui profitti e sui redditi alti , lei li sfavorirà. E' il problema vissuto negli anni '70 , quando il costo del lavoro aumenta e le imprese rispondono con aumenti dei prezzi superiori , portando alta inflazione. Questo agli inizi. Alla fine , quando non si reggeva più l'aumento del costo del lavoro si è risposto con investimenti sostitutivi del fattore lavoro. Ma oggi non sarebbe possibile, in quanto a causa della tassazione elevata , non è mediamente remunerativo investire , quindi ci troveremmo solo con alta inflazione , salari che cercano a tutti i costi di inseguire l'inflazione , alta disoccupazione e poche imprese. Anche se la tassazione fosse bassa, sarebbe comunque sbagliato aumentare i salari oltre il livello di aumento della produttività , in quanto gli investimenti verrebbero naturalmente fatti grazie per l'appunto alla bassa pressione fiscale, mentre l'eventuale costo del lavoro aumentato sarebbe scaricato semplicemente sui prezzi. @ Davide :
1) I primi aumenti salariali consistenti ci furono solo verso la fine degli anni ’60 . Comunque ancora non tali da pregiudicare la competitività delle imprese. Inoltre non ho mai detto che il calo occupazionale fu l’effetto solo delle rigidità del mercato del lavoro. La disoccupazione venne a crearsi negli anni ’70 quando da un lato stavano aumentando le rigidità, ma dall’altro stavano aumentando i salari oltre il livello corretto. Quindi , la disoccupazione , che comparve ripeto negli anni ’70 fu dovuta al mix aumento rigidità-costo del lavoro.
2) Sui dati istat come le ho detto , possono essere contestati , ma allora ognuno porti i suoi , e ognuno creda ai suoi con pari dignità. Il fatto da lei contestato comunque non pregiudica il discorso : la disoccupazione è aumentata a partire dagli anni ’70 per toccare il massimo negli anni ’90 , ovvero è partita quando la flessibilità ha iniziato a diminuire e ha toccato il massimo quando la rigidità del mercato del lavoro è stata massima.
3) Sarà anche sputare in faccia alle persone che emigrarono dal sud al nord ( cosa che contesto visto che proprio non ne vedo il nesso ) , ma è la verità. Nella prima metà degli anni ’60 la disoccupazione era virtualmente sparita . Se le gabbie salariali non avevano nesun merito, la disoccupazione magari sarebbe salita , ma sarebbe dovuta rimane nella media nazionale . Invece , proprio dalla abolizione delle gabbie , il tasso di disoccupazione in breve tempo schizzò ai livelli attuali del 25% . Negare l’importanza dello sfasamento salariale vuol dire solo continuare a condannare il sud alla povertà.
4) Politiche monetarie : stesso discorso del debito pubblico ( di cui lei ha comunque parlato ). Abbiamo paesi con politiche monetarie rigide e bassi tassi di disoccupazione e paesi con politiche monetarie lassiste e alto tasso di disoccupazione. Quindi come vede il nesso non c’è. La stessa area euro , con le sue rigide politiche monetarie e di controllo di bilancio , ha la disoccupazione comunque minore di quella pre-euro . Questi sono i dati reali.
5) Concordo con lei che la competitività di un paese sia data dagli investimenti ( privati aggiungo io ) , ma con costo del lavoro fuori controllo , e con l’attuale tassazione sui profitti e sui redditi alti , lei li sfavorirà. E’ il problema vissuto negli anni ’70 , quando il costo del lavoro aumenta e le imprese rispondono con aumenti dei prezzi superiori , portando alta inflazione. Questo agli inizi. Alla fine , quando non si reggeva più l’aumento del costo del lavoro si è risposto con investimenti sostitutivi del fattore lavoro. Ma oggi non sarebbe possibile, in quanto a causa della tassazione elevata , non è mediamente remunerativo investire , quindi ci troveremmo solo con alta inflazione , salari che cercano a tutti i costi di inseguire l’inflazione , alta disoccupazione e poche imprese. Anche se la tassazione fosse bassa, sarebbe comunque sbagliato aumentare i salari oltre il livello di aumento della produttività , in quanto gli investimenti verrebbero naturalmente fatti grazie per l’appunto alla bassa pressione fiscale, mentre l’eventuale costo del lavoro aumentato sarebbe scaricato semplicemente sui prezzi.

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Di: davide /2010/12/11/assegni-di-disoccupazione-vs-disoccupazione-strutturale/comment-page-1/#comment-10915 davide Tue, 14 Dec 2010 00:33:58 +0000 /?p=7827#comment-10915 <a href="#comment-10905" rel="nofollow">@MassimoF.</a> non condivido molto quello che ha scritto, la mia analisi è profondamente diversa: - Le ricordo che il miracolo economico italiano entrò in crisi (circa metà anni '60) perchè si andava verso la piena occupazione, con forte assorbimento della manodopera nel settore edilizio, che portò a salari effettivi maggiori di quelli contrattuali (sbugiardando il modello di Vera Lutz, che vedeva le rigidità del mercato del lavoro, in specifico l'azione sindacale, colpevole degli aumenti salariali) che mise in crisi il settore esportatore (trainante nel miracolo economico) e ridusse l'occupazione nella grande impresa verso gli inizi degli anni '70. Dire che il calo occupazionale fu dato solo dall'aumento delle rigidità del mercato del lavoro, mi pare perciò un pochino fuori luogo. Comunque la mia osservazione era un'altra, esisteva un miracolo occupazionale europeo pur in presenza di forti rigidità del mercato del lavoro, mentre negli Usa si assisteva a una disoccupazione più elevata con maggiore flessibilità nel mercato del lavoro. - per quanto riguarda l'istat, si può continuare col filo storico intrapreso per capire come i dati istat non sono per me falsi, ma sono storicamente "strambi", infatti fino al censimento dell'91 con ben 15/16 anni di ritardo non si accorse che l'occupazione industriale non era diminuita in termini assoluti, ma solo diminuita nella grande impresa, perchè dal '75 in poi prese piede il c.d. fenomeno della industrializzazione diffusa, caratterizzata da piccole e medie imprese che vedevano aumenti occupazionali cospiqui nelle zone precedentemente non industrializzate (veneto, emilia romagna, friuli venezia giulia, marche, tra le più eclatanti). Tale ritardo fu tragico, portando a scelte di politica economica profondamente sbagliate. - dire poi che il problema della disoccupazione nel sud durante il miracolo economico fu risolto grazie alle gabbie salariali, vuol dire, mi scusi la volgarità, sputare in faccia alla storia di milioni di meridionali che con la valigia di cartone viaggiavano verso il nord industrializzato (o l'estero), quando l'industria era ancora concentrata per lo più nel triangolo industriale mi-to-ge, questo assorbì le grandi masse di lavoratori disoccupati del sud. Disoccupazione incentivata anche dalle politiche agrario capitaliste a discapito dei piccoli coltivatori, facendo buon viso a cattivo gioco con la riforma agraria del 1950. - Per quanto riguarda il trade-off tra disoccupazione e deb pub, non so dove io possa aver scritto che esiste tale trade off, ho solo affermato che l'europa si è trovata ad un bivio durante la sua nascita, effettuare politiche monetarie per stabilizzare l'euro o politiche occupazionali, ha scelto la prima opzione, vuole discutere anche su questo? opzione tra l'altro fortemente criticata da molti tra cui : Solow, Modigliani, Samuelson... Potrebbe cercare un trade-off tra politiche deflazionistiche e andamento della domanda aggregata. - L'occupazione al sud tornò a crescere non per l'abolizione delle gabbie salariali, ma perchè come detto prima, il nord con l'entrata in crisi del miracolo economico non era più quella spugna che assorbiva la forza lavoro in eccesso del sud, si può verificare questo con la riduzione drastica di migrazioni da sud a nord. L'incapacità poi negli anni seguenti di implementare politiche economiche adeguate per il sud ( anche a causa ripeto dei dati strampalati dell'istat) porto ad interventi senza alcuna logica razionale nell'economia del sud (es. le c.d. cattedrali nel deserto) che finirono non solo per non aiutare l'economia del sud, ma danneggiarla in termini occupazionali. - la competitività di un paese si misura sul CLUP costo del lavoro per unità prodotta, l'ho già scritto precedentemente, il clup= w/(Y/L),tanto è minore tale rapporto tanto maggiore è la competitività del paese, Lei vedo che è portato a pensare che ci voglia un calo dei salari (w) a mio avviso per un paese avanzato è più logico pensare ad un aumento della produttività del lavoro (y/L) che si ottiene o schiavizzando i lavoratori o, secondo me meglio, attraverso investimenti produttivi. @MassimoF.
non condivido molto quello che ha scritto, la mia analisi è profondamente diversa:
- Le ricordo che il miracolo economico italiano entrò in crisi (circa metà anni ’60) perchè si andava verso la piena occupazione, con forte assorbimento della manodopera nel settore edilizio, che portò a salari effettivi maggiori di quelli contrattuali (sbugiardando il modello di Vera Lutz, che vedeva le rigidità del mercato del lavoro, in specifico l’azione sindacale, colpevole degli aumenti salariali) che mise in crisi il settore esportatore (trainante nel miracolo economico) e ridusse l’occupazione nella grande impresa verso gli inizi degli anni ’70. Dire che il calo occupazionale fu dato solo dall’aumento delle rigidità del mercato del lavoro, mi pare perciò un pochino fuori luogo. Comunque la mia osservazione era un’altra, esisteva un miracolo occupazionale europeo pur in presenza di forti rigidità del mercato del lavoro, mentre negli Usa si assisteva a una disoccupazione più elevata con maggiore flessibilità nel mercato del lavoro.
- per quanto riguarda l’istat, si può continuare col filo storico intrapreso per capire come i dati istat non sono per me falsi, ma sono storicamente “strambi”, infatti fino al censimento dell’91 con ben 15/16 anni di ritardo non si accorse che l’occupazione industriale non era diminuita in termini assoluti, ma solo diminuita nella grande impresa, perchè dal ’75 in poi prese piede il c.d. fenomeno della industrializzazione diffusa, caratterizzata da piccole e medie imprese che vedevano aumenti occupazionali cospiqui nelle zone precedentemente non industrializzate (veneto, emilia romagna, friuli venezia giulia, marche, tra le più eclatanti). Tale ritardo fu tragico, portando a scelte di politica economica profondamente sbagliate.
- dire poi che il problema della disoccupazione nel sud durante il miracolo economico fu risolto grazie alle gabbie salariali, vuol dire, mi scusi la volgarità, sputare in faccia alla storia di milioni di meridionali che con la valigia di cartone viaggiavano verso il nord industrializzato (o l’estero), quando l’industria era ancora concentrata per lo più nel triangolo industriale mi-to-ge, questo assorbì le grandi masse di lavoratori disoccupati del sud. Disoccupazione incentivata anche dalle politiche agrario capitaliste a discapito dei piccoli coltivatori, facendo buon viso a cattivo gioco con la riforma agraria del 1950.
- Per quanto riguarda il trade-off tra disoccupazione e deb pub, non so dove io possa aver scritto che esiste tale trade off, ho solo affermato che l’europa si è trovata ad un bivio durante la sua nascita, effettuare politiche monetarie per stabilizzare l’euro o politiche occupazionali, ha scelto la prima opzione, vuole discutere anche su questo? opzione tra l’altro fortemente criticata da molti tra cui : Solow, Modigliani, Samuelson…
Potrebbe cercare un trade-off tra politiche deflazionistiche e andamento della domanda aggregata.
- L’occupazione al sud tornò a crescere non per l’abolizione delle gabbie salariali, ma perchè come detto prima, il nord con l’entrata in crisi del miracolo economico non era più quella spugna che assorbiva la forza lavoro in eccesso del sud, si può verificare questo con la riduzione drastica di migrazioni da sud a nord. L’incapacità poi negli anni seguenti di implementare politiche economiche adeguate per il sud ( anche a causa ripeto dei dati strampalati dell’istat) porto ad interventi senza alcuna logica razionale nell’economia del sud (es. le c.d. cattedrali nel deserto) che finirono non solo per non aiutare l’economia del sud, ma danneggiarla in termini occupazionali.
- la competitività di un paese si misura sul CLUP costo del lavoro per unità prodotta, l’ho già scritto precedentemente, il clup= w/(Y/L),tanto è minore tale rapporto tanto maggiore è la competitività del paese, Lei vedo che è portato a pensare che ci voglia un calo dei salari (w) a mio avviso per un paese avanzato è più logico pensare ad un aumento della produttività del lavoro (y/L) che si ottiene o schiavizzando i lavoratori o, secondo me meglio, attraverso investimenti produttivi.

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Di: Francesco /2010/12/11/assegni-di-disoccupazione-vs-disoccupazione-strutturale/comment-page-1/#comment-10913 Francesco Mon, 13 Dec 2010 23:29:39 +0000 /?p=7827#comment-10913 <a href="#comment-10872" rel="nofollow">@Silvano_IHC</a> Gli orari non li ha scritti nessuno: conosco gente che fa in ufficio le 7-20 orario continuato sabato mattina compreso e anche gente che il venerdì puntualmente è malata (se non lui la figlia, la mamma sul punto di morte, un figlio che ha fatto un'incidente ecc...) Per me che mi sono sempre arrangiato a lavorare per conto mio gli orari sono sanciti solo per una fetta privilegiata di lavoratori, siano essi liberi professionisti o lavoratori dipendenti. @Silvano_IHC
Gli orari non li ha scritti nessuno:
conosco gente che fa in ufficio le 7-20 orario continuato sabato mattina compreso e anche gente che il venerdì puntualmente è malata (se non lui la figlia, la mamma sul punto di morte, un figlio che ha fatto un’incidente ecc…)
Per me che mi sono sempre arrangiato a lavorare per conto mio gli orari sono sanciti solo per una fetta privilegiata di lavoratori, siano essi liberi professionisti o lavoratori dipendenti.

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Di: j /2010/12/11/assegni-di-disoccupazione-vs-disoccupazione-strutturale/comment-page-1/#comment-10911 j Mon, 13 Dec 2010 22:32:11 +0000 /?p=7827#comment-10911 ipotesi FIAT: linea di produzione Fiat 500 vs linea di produzione Fiat Multipla, costo manodopera = 100 in entrambe le fabbriche. Fiat 500 va alla grande anche tenendo il prezzo in fascia prime, mentre Multipla, anche tirandola appresso alla gente non si vende. Giustificazione? I lavoratori costano troppo e non possiamo proprio licenziarli per via della rigidità del lavoro. Direi che il sillogismo Marchionniano ha un senso se schematizzato in un libro di economia, ma nel mondo reale tutti sanno che la base del problema è il prodotto, non il suo costo (salvo per le commodities). Anche prodotti come l'iPhone non credo che avrebbero problemi ad assorbire un costo "giusto" della manodopera. E' come quando si dice che chi possiede un accendino ha più chance di morire di cancro ai polmoni, le statistiche lo confermano, ma siamo sempre certi di aver scelto le variabili giuste per confermare la nostra ipotesi? Quello che chiedo io, e qui finisco perché sono andato off-topic (e me ne scuso con l'autore del post), è di non ripetere sempre gli stessi dogmi da neolaureato, ma di cercare le possibili variabili sbagliate in un sistema che - evidentemente - ha qualcosa che non va. Io ho provato a ipotizzare che l'orario di lavoro eccessivo unito a una tassazione posta in un punto sbagliato (sul lavoro anziché sui consumi) possano essere cause di depauperamento generale e di malessere sociale. Tutto contestabile, per carità, continuerò a lavorarci per dimostrarne la validità o ricredermi, chiedo però agli economisti di non essere così inutili nelle loro spiegazioni degli eventi del mondo e di cercare di mettere l'uomo al centro, non il prodotto. Saluti. ipotesi FIAT: linea di produzione Fiat 500 vs linea di produzione Fiat Multipla, costo manodopera = 100 in entrambe le fabbriche.
Fiat 500 va alla grande anche tenendo il prezzo in fascia prime, mentre Multipla, anche tirandola appresso alla gente non si vende.
Giustificazione? I lavoratori costano troppo e non possiamo proprio licenziarli per via della rigidità del lavoro.
Direi che il sillogismo Marchionniano ha un senso se schematizzato in un libro di economia, ma nel mondo reale tutti sanno che la base del problema è il prodotto, non il suo costo (salvo per le commodities). Anche prodotti come l’iPhone non credo che avrebbero problemi ad assorbire un costo “giusto” della manodopera.
E’ come quando si dice che chi possiede un accendino ha più chance di morire di cancro ai polmoni, le statistiche lo confermano, ma siamo sempre certi di aver scelto le variabili giuste per confermare la nostra ipotesi?
Quello che chiedo io, e qui finisco perché sono andato off-topic (e me ne scuso con l’autore del post), è di non ripetere sempre gli stessi dogmi da neolaureato, ma di cercare le possibili variabili sbagliate in un sistema che – evidentemente – ha qualcosa che non va.
Io ho provato a ipotizzare che l’orario di lavoro eccessivo unito a una tassazione posta in un punto sbagliato (sul lavoro anziché sui consumi) possano essere cause di depauperamento generale e di malessere sociale. Tutto contestabile, per carità, continuerò a lavorarci per dimostrarne la validità o ricredermi, chiedo però agli economisti di non essere così inutili nelle loro spiegazioni degli eventi del mondo e di cercare di mettere l’uomo al centro, non il prodotto.
Saluti.

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Di: MassimoF. /2010/12/11/assegni-di-disoccupazione-vs-disoccupazione-strutturale/comment-page-1/#comment-10905 MassimoF. Mon, 13 Dec 2010 18:27:35 +0000 /?p=7827#comment-10905 @ Davide: il tasso di disoccupazione è costantemente aumentato proprio a partire dagli anni '70, quando le rigidità del mercato del lavoro hanno iniziato ad aumentare. E' rimasto a valori alti per tutti gli anni '80 e i primi anni '90 , ovvero quando le rigidità hanno toccato il valore massimo . Dalla fine degli anni '90 con la progressiva flessibilizzazione del mercato del lavoro la disoccupazione è diminuita fino all'attuale 8,7 % in piena crisi economica , contro il picco del 12% degli anni '90 in situazione di crescita. Questi sono i dati ufficiali istat . Certo , lei può anche dirmi che sono falsi , ma a questo punto tutto diventa soggettivo e lei può pure presentare i suoi , io presento i miei e ognuno si tiene le proprie convinzioni egualmente valevoli. Per quanto riguarda la teoria austriaca , è paradossale che venga tirata in ballo sul problema della disoccupazione , che è una delle poche aree dell'economia dove le posizioni sono pressocchè identiche a quelle di Friedman e dei monetaristi. Quanto al problema della disoccupazione , piaccia o non piaccia , il lavoro è un fattore della produzione . Ne di più ne di meno. Genericamente , se vogliamo che venga utilizzato nella produzione , il suo costo deve essere contenuto. Questa è la base . Possiamo pure ragionare di tutto il resto, ma da lì si deve partire. Su questo punto , per tornare anche al suo discorso sulle presunte rigidità presenti negli anni della grande crescita , ovvero gli anni '50-'60, devo anche ricordarle che dal 1954 al 1969 in Italia erano presenti le gabbie salariali , sistema infinitamente più flessibile dei salari, rispetto a quanto abbiamo oggi , grazie alle quali la disoccupazione al sud era praticamente scomparsa. Disoccupazione ricomparsa e arrivata al 25% attuale da quando per l'appunto nei primi anni '70 sono state abolite e sostituite dalla rigidità salariale attuale. Quanto poi al trade-off debito pubblico disoccupazione , questo è semplicemente sbagliato. Abbiamo paesi con debito basso e disoccupazione bassa, paesi con debito alto e disoccupazione alta , e viceversa. Il debito chiaramente non è la variabile esplicativa. @ Davide: il tasso di disoccupazione è costantemente aumentato proprio a partire dagli anni ’70, quando le rigidità del mercato del lavoro hanno iniziato ad aumentare. E’ rimasto a valori alti per tutti gli anni ’80 e i primi anni ’90 , ovvero quando le rigidità hanno toccato il valore massimo . Dalla fine degli anni ’90 con la progressiva flessibilizzazione del mercato del lavoro la disoccupazione è diminuita fino all’attuale 8,7 % in piena crisi economica , contro il picco del 12% degli anni ’90 in situazione di crescita. Questi sono i dati ufficiali istat . Certo , lei può anche dirmi che sono falsi , ma a questo punto tutto diventa soggettivo e lei può pure presentare i suoi , io presento i miei e ognuno si tiene le proprie convinzioni egualmente valevoli. Per quanto riguarda la teoria austriaca , è paradossale che venga tirata in ballo sul problema della disoccupazione , che è una delle poche aree dell’economia dove le posizioni sono pressocchè identiche a quelle di Friedman e dei monetaristi. Quanto al problema della disoccupazione , piaccia o non piaccia , il lavoro è un fattore della produzione . Ne di più ne di meno. Genericamente , se vogliamo che venga utilizzato nella produzione , il suo costo deve essere contenuto. Questa è la base . Possiamo pure ragionare di tutto il resto, ma da lì si deve partire. Su questo punto , per tornare anche al suo discorso sulle presunte rigidità presenti negli anni della grande crescita , ovvero gli anni ’50-’60, devo anche ricordarle che dal 1954 al 1969 in Italia erano presenti le gabbie salariali , sistema infinitamente più flessibile dei salari, rispetto a quanto abbiamo oggi , grazie alle quali la disoccupazione al sud era praticamente scomparsa. Disoccupazione ricomparsa e arrivata al 25% attuale da quando per l’appunto nei primi anni ’70 sono state abolite e sostituite dalla rigidità salariale attuale.
Quanto poi al trade-off debito pubblico disoccupazione , questo è semplicemente sbagliato. Abbiamo paesi con debito basso e disoccupazione bassa, paesi con debito alto e disoccupazione alta , e viceversa. Il debito chiaramente non è la variabile esplicativa.

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Di: davide /2010/12/11/assegni-di-disoccupazione-vs-disoccupazione-strutturale/comment-page-1/#comment-10902 davide Mon, 13 Dec 2010 15:50:41 +0000 /?p=7827#comment-10902 <a href="#comment-10898" rel="nofollow">@Pietro Monsurrò</a> Ah quindi è chi sostiene che l'economia non sia una scienza esatta (non si tratta di sentimentalismo, ma realtà) che è causa dei mali da Lei elencati? Non credo proprio. Io dico soltanto che l'abolizione dei sussidi di disoccupazione e se vogliamo anche dei minimi salariali, non sono la bacchetta magica che risolve i problemi del mercato del lavoro. Ci hanno raccontato che la disoccupazione strutturale europea era data dalle rigidità del mercato del lavoro stesso (spiegassero poi perchè fino agli anni '70, prima degli shock petroliferi, si assisteva al miracolo occupazionale europeo, paradossalmente in presenza di rigidità enormi sul mercato del lavoro), promuovendo la tanto acclamata flessibilità del lavoro, come se l'europa fosse un'area valutaria ottimale ed eventuali shock asimmetrici fossero superabili con la libera circolazione del fattore produttivo lavoro, barzelletta delle barzellette, quanto io italiano sono davvero libero di andare a lavorare in qualsiasi altro paese europeo? non esistono barriere "storiche" (lingue, cultura, pregiudizi) che non mi permettono di mantenere lo stesso standard lavorativo? Qui si parla di lavoratori medi, non di ultra specializzati. La verità (secondo un mio punto di vista) è che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. In europa si è perseguto l'obiettivo della stabilità monetaria, attraverso la "tolleranza zero" verso il debito pubblico a dispetto della disoccupazione, non ritenuta importante, almeno nel breve periodo, tant'è che dal trattato di lisbona (son passati 10 anni) di passi avanti in tale direzione non ne sono stati fatti. Qui non si tratta di responsabilizzare la gente, qui si tratta di scaricare il rischio sulla gente, prima il rischio del fallimento nella vita, del non successo (non sempre dato da pigrizia o stupidità delle persone) era ammortizzato dalla fitta rete sociale costruita col welfare, poi smantellata dal liberismo, prima il rischio d'impresa era addossato all'imprenditore, ora il rischio di impresa è in capo al lavoratore precario. Lei la chiama responsablità, io la chiamo rischio, e tale rischio genera insicurezza, che si traduce in paura ( sarà forse per questo che i politici usano come leva per ottenere voti la puara? unica leva loro rimasta), la paura incide sulle aspettative future, e come ben Lei sa, le aspettive sono importanti in economia. L'economia non è parte della contabilità, è la contabilità che è parte dell'economia, assieme ad altri segmenti, tra cui quello sociale. La ricerca di soluzioni semplici a problemi complessi è il vizio/difetto che si trascina da sempre la scuola austrica, che come noto è la vostra "musa ispiratrice", certo poi che se anche uno come M.Friedman (non certo un keynesiano) nutriva forti dubbi sulla teoria economica di vonHayek, forse qualche domanda uno se la dovrebbe fare. Concludendo Le vorrei chiedere se secondo Lei, con l'abollizione dei sussidi di disoccupazione e dei salari minimi che creerebbero una pressione al ribasso sui salari nominali, potremmo assistere a una riduzuione parimenti elastica dei prezzi tale da mantere i salari reali costanti? Io sono sicuro che nel caso inverso, cioè aumento dei salari nominali, si verificherebbe un aumento dei prezzi, ma non sono così sicuro del contrario... @Pietro Monsurrò
Ah quindi è chi sostiene che l’economia non sia una scienza esatta (non si tratta di sentimentalismo, ma realtà) che è causa dei mali da Lei elencati? Non credo proprio. Io dico soltanto che l’abolizione dei sussidi di disoccupazione e se vogliamo anche dei minimi salariali, non sono la bacchetta magica che risolve i problemi del mercato del lavoro.
Ci hanno raccontato che la disoccupazione strutturale europea era data dalle rigidità del mercato del lavoro stesso (spiegassero poi perchè fino agli anni ’70, prima degli shock petroliferi, si assisteva al miracolo occupazionale europeo, paradossalmente in presenza di rigidità enormi sul mercato del lavoro), promuovendo la tanto acclamata flessibilità del lavoro, come se l’europa fosse un’area valutaria ottimale ed eventuali shock asimmetrici fossero superabili con la libera circolazione del fattore produttivo lavoro, barzelletta delle barzellette, quanto io italiano sono davvero libero di andare a lavorare in qualsiasi altro paese europeo? non esistono barriere “storiche” (lingue, cultura, pregiudizi) che non mi permettono di mantenere lo stesso standard lavorativo? Qui si parla di lavoratori medi, non di ultra specializzati.
La verità (secondo un mio punto di vista) è che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. In europa si è perseguto l’obiettivo della stabilità monetaria, attraverso la “tolleranza zero” verso il debito pubblico a dispetto della disoccupazione, non ritenuta importante, almeno nel breve periodo, tant’è che dal trattato di lisbona (son passati 10 anni) di passi avanti in tale direzione non ne sono stati fatti.
Qui non si tratta di responsabilizzare la gente, qui si tratta di scaricare il rischio sulla gente, prima il rischio del fallimento nella vita, del non successo (non sempre dato da pigrizia o stupidità delle persone) era ammortizzato dalla fitta rete sociale costruita col welfare, poi smantellata dal liberismo, prima il rischio d’impresa era addossato all’imprenditore, ora il rischio di impresa è in capo al lavoratore precario.
Lei la chiama responsablità, io la chiamo rischio, e tale rischio genera insicurezza, che si traduce in paura ( sarà forse per questo che i politici usano come leva per ottenere voti la puara? unica leva loro rimasta), la paura incide sulle aspettative future, e come ben Lei sa, le aspettive sono importanti in economia.
L’economia non è parte della contabilità, è la contabilità che è parte dell’economia, assieme ad altri segmenti, tra cui quello sociale.
La ricerca di soluzioni semplici a problemi complessi è il vizio/difetto che si trascina da sempre la scuola austrica, che come noto è la vostra “musa ispiratrice”, certo poi che se anche uno come M.Friedman (non certo un keynesiano) nutriva forti dubbi sulla teoria economica di vonHayek, forse qualche domanda uno se la dovrebbe fare.
Concludendo Le vorrei chiedere se secondo Lei, con l’abollizione dei sussidi di disoccupazione e dei salari minimi che creerebbero una pressione al ribasso sui salari nominali, potremmo assistere a una riduzuione parimenti elastica dei prezzi tale da mantere i salari reali costanti? Io sono sicuro che nel caso inverso, cioè aumento dei salari nominali, si verificherebbe un aumento dei prezzi, ma non sono così sicuro del contrario…

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Di: Pietro Monsurrò /2010/12/11/assegni-di-disoccupazione-vs-disoccupazione-strutturale/comment-page-1/#comment-10898 Pietro Monsurrò Mon, 13 Dec 2010 13:15:55 +0000 /?p=7827#comment-10898 <a href="#comment-10897" rel="nofollow">@davide</a> Sono le perosne che ragionano in questo modo che causano la disoccupazione, il dbeito pubblico e le crisi economiche. Appena qualcuno cerca di parlare di serietà e principi, qualcun altro dice che bisogna buttare tutto a mare in nome dei buoni sentimenti. Salvo poi scoprire che ad avvantaggiarsene sono sempre solo e soltanto le classi politiche e le lobby ben organizzate... @davide
Sono le perosne che ragionano in questo modo che causano la disoccupazione, il dbeito pubblico e le crisi economiche. Appena qualcuno cerca di parlare di serietà e principi, qualcun altro dice che bisogna buttare tutto a mare in nome dei buoni sentimenti. Salvo poi scoprire che ad avvantaggiarsene sono sempre solo e soltanto le classi politiche e le lobby ben organizzate…

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Di: davide /2010/12/11/assegni-di-disoccupazione-vs-disoccupazione-strutturale/comment-page-1/#comment-10897 davide Mon, 13 Dec 2010 13:14:15 +0000 /?p=7827#comment-10897 ah ingegnè l'economia non è una scienza esatta...il mondo non è un piano cartesiano...i disoccupati non sono solo una variabile...sono persone, spesso disperate, pronte a tutto per la loro sopravvivenza, e tu? sei pronto a tutto per le tue ideologie? o sei uno di quelli della serie :"armiamoci e andate"? ah ingegnè l’economia non è una scienza esatta…il mondo non è un piano cartesiano…i disoccupati non sono solo una variabile…sono persone, spesso disperate, pronte a tutto per la loro sopravvivenza, e tu? sei pronto a tutto per le tue ideologie? o sei uno di quelli della serie :”armiamoci e andate”?

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Di: Francesco /2010/12/11/assegni-di-disoccupazione-vs-disoccupazione-strutturale/comment-page-1/#comment-10879 Francesco Sun, 12 Dec 2010 23:24:14 +0000 /?p=7827#comment-10879 Allora: - Ridurre l'orario e basta significa aumentare li costo del lavoro, quindi + disoccupazione - Ridurre l'orario e lo stipendio in proporzione significa guadagnare meno, quindi ci sarà qualcuno che fa 2 lavori oppure 1 regolare e 1 in nero Strano che L'idea di ridurre la tassazione sul lavoro e basta sia così sottovalutata. Comunque in Italia l'assegno di disoccupazione non fa aumentare la disoccupazione stessa, in quanto la stragrande maggioranza degli aiuti constano nella CIG, e chi è in CIG non è (ancora) considerato disoccupato. Allora:
- Ridurre l’orario e basta significa aumentare li costo del lavoro, quindi + disoccupazione
- Ridurre l’orario e lo stipendio in proporzione significa guadagnare meno, quindi ci sarà qualcuno che fa 2 lavori oppure 1 regolare e 1 in nero

Strano che L’idea di ridurre la tassazione sul lavoro e basta sia così sottovalutata.

Comunque in Italia l’assegno di disoccupazione non fa aumentare la disoccupazione stessa, in quanto la stragrande maggioranza degli aiuti constano nella CIG, e chi è in CIG non è (ancora) considerato disoccupato.

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