Commenti a: Una nota austriaca sulle regolamentazioni /2010/10/12/una-nota-austriaca-sulle-regolamentazioni/ diretto da Oscar Giannino Fri, 24 Dec 2010 21:42:01 +0100 hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.0.1 Di: Leonardo, IHC /2010/10/12/una-nota-austriaca-sulle-regolamentazioni/comment-page-1/#comment-9477 Leonardo, IHC Mon, 18 Oct 2010 10:16:06 +0000 /?p=7274#comment-9477 <blockquote cite="#commentbody-9470"> <strong><a href="#comment-9470" rel="nofollow">Pietro Monsurrò </a> :</strong>Io continuo a non capire cosa proponi. </blockquote> Io propongo solo che si applichino le procedure fallimentari alle banche (invece di tenere in piedi gli zombie), compresi gli istituti di concordato preventivo e concordato fallimentare, perché la possibilità di salvataggio dell'attività e quindi di rinuncia dei crediti venga valutata e determinata sul mercato (e non per decreto), perché con essa sono gli individui a decidere se e quanto credito perdere, se e quanti asset liquidare, se e come ridimensionare l'attività, se e come continuare l'attività.

Pietro Monsurrò :Io continuo a non capire cosa proponi.

Io propongo solo che si applichino le procedure fallimentari alle banche (invece di tenere in piedi gli zombie), compresi gli istituti di concordato preventivo e concordato fallimentare, perché la possibilità di salvataggio dell’attività e quindi di rinuncia dei crediti venga valutata e determinata sul mercato (e non per decreto), perché con essa sono gli individui a decidere se e quanto credito perdere, se e quanti asset liquidare, se e come ridimensionare l’attività, se e come continuare l’attività.

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Di: Leonardo, IHC /2010/10/12/una-nota-austriaca-sulle-regolamentazioni/comment-page-1/#comment-9476 Leonardo, IHC Mon, 18 Oct 2010 10:07:59 +0000 /?p=7274#comment-9476 No pietro, ti stai sbagliando sul processo fallimentare. Nel momento in cui converti i crediti in capitale e con questo abbatti la perdita, non fai una distinzione tra l'abbattimento su certe azioni e non su altre, semplicemente si riduce tutto, il capitale netto torna positivo, ma basso, e il maggior numero di azioni presenti diventa il denominatore del frazionamento del netto tra azioni. Tutti restano azionisti ma i primi con una percentuale inferiore. Per aver la soluzione che prospetti tu (che forse ora mi è più chiara), devi fare oltre al fallimento anche un decreto che imputi la perdita solo su certe azioni. E sottolineo Decreto. Forse è per questo che non ci troviamo. Per aver quello che vorresti tu, dovrebbe prima la banca fallire, e solo dopo i creditori volontariamente consorziarsi per rilevarla (cosa che fa ad esempio una banca debitrice di un'altra banca che fallisce e, con il contributino dell'ABI, la rileva e non la fa fallire o la ricrea) rimettendoci i loro soldi, ma di nuovo non puoi imporlo per legge. Se un creditore rinuncia al suo credito, si riduce il passivo, risulta come sopravvenienza positiva in conto economico, e alla fine l'insolvenza non c'è più. A questo serve il concordato fallimentare e quello pre-fallimentare! Io temo tu non veda correttamente il processo fallimentare e consideri solo il punto di arrivo di una perdita, per cui persi per persi i soldi comunque i creditori e solo loro diventano proprietari. Non è così, semplicemente. Che poi dal fallimento di un imprenditore debba discendere la perdita anche dei creditori è chiaro, ma attento a non confodere la perdita in sé (che volendo è trattabile in concordato) con la responsabilità imprenditoriale; la perdita per il cliente vale anche per insegnare al prestatore a valutare il rischio di credito. No pietro, ti stai sbagliando sul processo fallimentare. Nel momento in cui converti i crediti in capitale e con questo abbatti la perdita, non fai una distinzione tra l’abbattimento su certe azioni e non su altre, semplicemente si riduce tutto, il capitale netto torna positivo, ma basso, e il maggior numero di azioni presenti diventa il denominatore del frazionamento del netto tra azioni. Tutti restano azionisti ma i primi con una percentuale inferiore. Per aver la soluzione che prospetti tu (che forse ora mi è più chiara), devi fare oltre al fallimento anche un decreto che imputi la perdita solo su certe azioni. E sottolineo Decreto. Forse è per questo che non ci troviamo.

Per aver quello che vorresti tu, dovrebbe prima la banca fallire, e solo dopo i creditori volontariamente consorziarsi per rilevarla (cosa che fa ad esempio una banca debitrice di un’altra banca che fallisce e, con il contributino dell’ABI, la rileva e non la fa fallire o la ricrea) rimettendoci i loro soldi, ma di nuovo non puoi imporlo per legge.

Se un creditore rinuncia al suo credito, si riduce il passivo, risulta come sopravvenienza positiva in conto economico, e alla fine l’insolvenza non c’è più. A questo serve il concordato fallimentare e quello pre-fallimentare!

Io temo tu non veda correttamente il processo fallimentare e consideri solo il punto di arrivo di una perdita, per cui persi per persi i soldi comunque i creditori e solo loro diventano proprietari. Non è così, semplicemente. Che poi dal fallimento di un imprenditore debba discendere la perdita anche dei creditori è chiaro, ma attento a non confodere la perdita in sé (che volendo è trattabile in concordato) con la responsabilità imprenditoriale; la perdita per il cliente vale anche per insegnare al prestatore a valutare il rischio di credito.

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Di: Pietro Monsurrò /2010/10/12/una-nota-austriaca-sulle-regolamentazioni/comment-page-1/#comment-9470 Pietro Monsurrò Mon, 18 Oct 2010 08:50:28 +0000 /?p=7274#comment-9470 Io continuo a non capire cosa proponi. I correntisti non possono non subire perdite: se l'equity è negativa qualcuno deve pagare. In presenza di responsabilità limitata, questi sono necessariamente i creditori, cioè i correntisti. Possono accordarsi con gli azionisti per trasformare i loro depositi in debito, cosa che NON risolve l'insolvenza. Possono correre allo sportello e costringere ai fire sales, cosa che massimizza le LORO perdite. Possono diventare proprietari di una banca diventata solvibile, cacciando i vecchi azionisti, e subendo tante perdite quanta è la differenza di valore tra la vecchia e la nuova banca (perdita che è pari alla negative equity della vecchia banca). Io sono d'accordo che si possono contrattare con gli azionisti, o tra debitori, diverse forme di trasformazione della struttura dell'impresa: 1. trasformare i depositi in debito (risolve solo i problemi di liquidità) 2. trasformare i depositi in azioni (risolve anche la solvibilità) 3. correre agli sportelli (cosa che non è nell'interesse dei correntisti) 4. liquidare tutto e vendere immediatamente tutti gli asset (idem) 5. trasformare i depositi in azioni privilegiate (che non sono vera equity, dunque risolve poco) In tutti e cinque i casi i correntisti subiscono perdite. Però gli azionisti continuano a campare, nel mio caso vengono spazzati via. Dunque nel mio caso i correntisti hanno tutti gli asset in mano, ed evitando i fire sales hanno a disposizione tutto il tempo per liquidarli. In tutti gli altri casi o il problema non si risolve, o si creano perdite ulteriori per i correntisti, o si salvano comunque gli azionisti (creando moral hazard). Io continuo a non capire cosa proponi.

I correntisti non possono non subire perdite: se l’equity è negativa qualcuno deve pagare. In presenza di responsabilità limitata, questi sono necessariamente i creditori, cioè i correntisti.

Possono accordarsi con gli azionisti per trasformare i loro depositi in debito, cosa che NON risolve l’insolvenza.

Possono correre allo sportello e costringere ai fire sales, cosa che massimizza le LORO perdite.

Possono diventare proprietari di una banca diventata solvibile, cacciando i vecchi azionisti, e subendo tante perdite quanta è la differenza di valore tra la vecchia e la nuova banca (perdita che è pari alla negative equity della vecchia banca).

Io sono d’accordo che si possono contrattare con gli azionisti, o tra debitori, diverse forme di trasformazione della struttura dell’impresa:

1. trasformare i depositi in debito (risolve solo i problemi di liquidità)
2. trasformare i depositi in azioni (risolve anche la solvibilità)
3. correre agli sportelli (cosa che non è nell’interesse dei correntisti)
4. liquidare tutto e vendere immediatamente tutti gli asset (idem)
5. trasformare i depositi in azioni privilegiate (che non sono vera equity, dunque risolve poco)

In tutti e cinque i casi i correntisti subiscono perdite. Però gli azionisti continuano a campare, nel mio caso vengono spazzati via. Dunque nel mio caso i correntisti hanno tutti gli asset in mano, ed evitando i fire sales hanno a disposizione tutto il tempo per liquidarli. In tutti gli altri casi o il problema non si risolve, o si creano perdite ulteriori per i correntisti, o si salvano comunque gli azionisti (creando moral hazard).

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Di: Pietro Monsurrò /2010/10/12/una-nota-austriaca-sulle-regolamentazioni/comment-page-1/#comment-9469 Pietro Monsurrò Mon, 18 Oct 2010 08:41:38 +0000 /?p=7274#comment-9469 "I precedenti azionisti non sono spazzati via, semplicemente la loro rappresentanza è diluita." No no, io dico proprio di eliminarli. Si tratta di un processo fallimentare. “I precedenti azionisti non sono spazzati via, semplicemente la loro rappresentanza è diluita.”

No no, io dico proprio di eliminarli. Si tratta di un processo fallimentare.

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Di: Pietro Monsurrò /2010/10/12/una-nota-austriaca-sulle-regolamentazioni/comment-page-1/#comment-9468 Pietro Monsurrò Mon, 18 Oct 2010 08:29:09 +0000 /?p=7274#comment-9468 <a href="#comment-9465" rel="nofollow">@Leonardo, IHC</a> "La banca è un’impresa, e come dico sempre, deve essere trattata come tutte le altre imprese; attribuirle un ruolo “speciale” significa solo creare azzardo morale." Dov'è l'azzardo morale nel NON salvare gli azionisti, nel NON salvare gli obbligazionisti e nel NON salvare i correntisti? L'azzardo morale richiede che qualcuno si salvi a spese altrui, no? Qui non succede, perché tutti subiscono una perdita, che, in assenza di fire sales, è probabilmente inferiore a quella che si avrebbe se la liquidazione fosse disordinata. @Leonardo, IHC

“La banca è un’impresa, e come dico sempre, deve essere trattata come tutte le altre imprese; attribuirle un ruolo “speciale” significa solo creare azzardo morale.”

Dov’è l’azzardo morale nel NON salvare gli azionisti, nel NON salvare gli obbligazionisti e nel NON salvare i correntisti? L’azzardo morale richiede che qualcuno si salvi a spese altrui, no? Qui non succede, perché tutti subiscono una perdita, che, in assenza di fire sales, è probabilmente inferiore a quella che si avrebbe se la liquidazione fosse disordinata.

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Di: Pietro Monsurrò /2010/10/12/una-nota-austriaca-sulle-regolamentazioni/comment-page-1/#comment-9467 Pietro Monsurrò Mon, 18 Oct 2010 08:27:51 +0000 /?p=7274#comment-9467 <a href="#comment-9452" rel="nofollow">@Claudia Biancotti</a> Avrei dovuto dire oscena, ma ho preferito un eufemismo :-D @Claudia Biancotti
Avrei dovuto dire oscena, ma ho preferito un eufemismo :-D

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Di: Leonardo, IHC /2010/10/12/una-nota-austriaca-sulle-regolamentazioni/comment-page-1/#comment-9466 Leonardo, IHC Mon, 18 Oct 2010 08:06:28 +0000 /?p=7274#comment-9466 <a href="#comment-9412" rel="nofollow">@Pietro Monsurrò </a> Mi era sfuggito un punto: a parte l'imposizione dall'alto di una trasformazione del diritto di proprietà, dopo la tua proposta i creditori hanno sì azioni, ma azioni deprezzate per la perdita, il che non è un gran guadagno. I precedenti azionisti non sono spazzati via, semplicemente la loro rappresentanza è diluita. E di nuovo io ti chiedo di fare un passo ulteriore, e chiederti cosa se ne fanno gli ex creditori di quel pezzo di carta, visto che se volevano essere proprietari se le sarebbero comprate prima, e pensare che forse alla fine le rivendono per un tozzo di pane ai vecchi azionisti, gli unici che ne hanno interesse, che così tornerebbero proprietari a pieno avendo scaricato la perdita sui creditori cui hanno tolto, come ho detto sopra, la possibiltà di contrattare una ristrutturazione obbligando loro a pagare la perdita di altri in toto. Se l'ipotesi ti sembra fantascienza, ti ricordo che in questo modo sono state fatte le privatizzazioni in russia: azioni a tutti i dipendenti a fini democratici di partecipazione del popolo (ahahahaha), che non sapendo che farsene le hanno cedute ai pochi vecchi politici (gli oligarchi, quelli che prima comandavano le aziende) veramente interessati in cambio di una bottiglia di vodka. Se cerchi una via di responsabilizzazione e di punizione per la malagestio, la strada della conversione forzosa dei diritti non è quella giusta. @Pietro Monsurrò
Mi era sfuggito un punto: a parte l’imposizione dall’alto di una trasformazione del diritto di proprietà, dopo la tua proposta i creditori hanno sì azioni, ma azioni deprezzate per la perdita, il che non è un gran guadagno. I precedenti azionisti non sono spazzati via, semplicemente la loro rappresentanza è diluita.
E di nuovo io ti chiedo di fare un passo ulteriore, e chiederti cosa se ne fanno gli ex creditori di quel pezzo di carta, visto che se volevano essere proprietari se le sarebbero comprate prima, e pensare che forse alla fine le rivendono per un tozzo di pane ai vecchi azionisti, gli unici che ne hanno interesse, che così tornerebbero proprietari a pieno avendo scaricato la perdita sui creditori cui hanno tolto, come ho detto sopra, la possibiltà di contrattare una ristrutturazione obbligando loro a pagare la perdita di altri in toto.
Se l’ipotesi ti sembra fantascienza, ti ricordo che in questo modo sono state fatte le privatizzazioni in russia: azioni a tutti i dipendenti a fini democratici di partecipazione del popolo (ahahahaha), che non sapendo che farsene le hanno cedute ai pochi vecchi politici (gli oligarchi, quelli che prima comandavano le aziende) veramente interessati in cambio di una bottiglia di vodka.

Se cerchi una via di responsabilizzazione e di punizione per la malagestio, la strada della conversione forzosa dei diritti non è quella giusta.

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Di: Leonardo, IHC /2010/10/12/una-nota-austriaca-sulle-regolamentazioni/comment-page-1/#comment-9465 Leonardo, IHC Mon, 18 Oct 2010 07:35:07 +0000 /?p=7274#comment-9465 <a href="#comment-9412" rel="nofollow">@Pietro Monsurrò </a> Il fatto che da un fallimento discenda una perdita di almeno parte dei crediti (almeno di quelli più subordinati o meno privilegiati) non deve far pensare che tanto vale allora far perdere quei soldi non come credito ma come capitale. IL punto di arrivo può (può, non è) essere lo stesso, cioè una perdita, ma questo non comporta alcun diritto sovrano di decidere di abdicare al diritto di proprietà. In sede di fallimento, o meglio all'inizio, si apre una procedura di concordato fallimentare, cioè un incontro da imprenditore e creditori per vedere se si trova un accordo per una ristrutturazione del debito (riduzione dell'ammontare e ripianificazione delle scadenze). Quando questo non è possibile si va al fallimento totale, si recupera il recuperabile e si divide. La tua "proposta" salta questa possibilità di "coordinamento" individuale, quindi incide sul diritto di proprietà. In qualche modo vede l'interesse al mantenimento di una banca alle spese di altri come superiore all'interesse dei singoli di pretendere un certo recupero del credito contrattandone le condizioni, interesse che TU non conosci, ma che il creditore conosce bene. Inoltre, la presenza di una simile possibilità disincentiva l'imprenditore bancario a coprire la perdita mettendo soldi propri, se gli interessa che la banca resti in piedi o non venga assorbita da altre. La banca è un'impresa, e come dico sempre, deve essere trattata come tutte le altre imprese; attribuirle un ruolo "speciale" significa solo creare azzardo morale. Pensare di elencare per legge un privilegio al mantenimento dell'attività di una banca rispetto a un panettiere equivale all'imposizione di un sistema di preferenze che, ad esempio, io non condivido, quindi non è universale. @Pietro Monsurrò
Il fatto che da un fallimento discenda una perdita di almeno parte dei crediti (almeno di quelli più subordinati o meno privilegiati) non deve far pensare che tanto vale allora far perdere quei soldi non come credito ma come capitale. IL punto di arrivo può (può, non è) essere lo stesso, cioè una perdita, ma questo non comporta alcun diritto sovrano di decidere di abdicare al diritto di proprietà.
In sede di fallimento, o meglio all’inizio, si apre una procedura di concordato fallimentare, cioè un incontro da imprenditore e creditori per vedere se si trova un accordo per una ristrutturazione del debito (riduzione dell’ammontare e ripianificazione delle scadenze). Quando questo non è possibile si va al fallimento totale, si recupera il recuperabile e si divide.

La tua “proposta” salta questa possibilità di “coordinamento” individuale, quindi incide sul diritto di proprietà. In qualche modo vede l’interesse al mantenimento di una banca alle spese di altri come superiore all’interesse dei singoli di pretendere un certo recupero del credito contrattandone le condizioni, interesse che TU non conosci, ma che il creditore conosce bene. Inoltre, la presenza di una simile possibilità disincentiva l’imprenditore bancario a coprire la perdita mettendo soldi propri, se gli interessa che la banca resti in piedi o non venga assorbita da altre.

La banca è un’impresa, e come dico sempre, deve essere trattata come tutte le altre imprese; attribuirle un ruolo “speciale” significa solo creare azzardo morale. Pensare di elencare per legge un privilegio al mantenimento dell’attività di una banca rispetto a un panettiere equivale all’imposizione di un sistema di preferenze che, ad esempio, io non condivido, quindi non è universale.

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Di: Claudia Biancotti /2010/10/12/una-nota-austriaca-sulle-regolamentazioni/comment-page-1/#comment-9452 Claudia Biancotti Sun, 17 Oct 2010 13:41:02 +0000 /?p=7274#comment-9452 Pietro, ma che diavolo è una politica monetaria lasciva? Pietro, ma che diavolo è una politica monetaria lasciva?

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Di: Mario Cancellieri /2010/10/12/una-nota-austriaca-sulle-regolamentazioni/comment-page-1/#comment-9422 Mario Cancellieri Fri, 15 Oct 2010 17:39:40 +0000 /?p=7274#comment-9422 <a href="#comment-9420" rel="nofollow">@Pietro Monsurrò </a> Sono d'accordo con lei che sia un problema di carattere regolamentativo di diritto economico bancario di specifiche norme finanziarie e di governance all'interno delle società ma queste considerazioni non dovrebbero portarci ad escludere a priori dal dibattito ragioni attinenti alla morale all'etica che dovrebbe informare il mondo degli affari, che dovrebbero condurre a coloro che questo mondo frequentano ad attenersi a un ben preciso codice deontologico; questa lezione questa condotta era ben conosciuta e praticata dai banchieri del passato come Raffaele Mattioli ed Enrico Cuccia. @Pietro Monsurrò
Sono d’accordo con lei che sia un problema di carattere regolamentativo di diritto economico bancario di specifiche norme finanziarie e di governance all’interno delle società ma queste considerazioni non dovrebbero portarci ad escludere a priori dal dibattito ragioni attinenti alla morale all’etica che dovrebbe informare il mondo degli affari, che dovrebbero condurre a coloro che questo mondo frequentano ad attenersi a un ben preciso codice deontologico; questa lezione questa condotta era ben conosciuta e praticata dai banchieri del passato come Raffaele Mattioli ed Enrico Cuccia.

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