Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Emiliano Massimini, capo della segreteria tecnica del ministro delle Politiche comunitarie, Andrea Ronchi. Sul tema sono intervenuti in passato Carlo Stagnaro e Federico Testa.
Il problema della “privatizzazione” dell’acqua è mal posto. L’acqua è pubblica e l’attribuzione della qualifica contenuta nella legge Galli è stata determinata dalla necessità di attribuire alle acque sotterranee la qualità di pubbliche, per qualificare il reato d’inquinamento della immissione in falda di agenti inquinanti e, in tal modo, prevenire l’inquinamento delle sorgenti.
L’acqua non può essere utilizzata per soddisfare gli interessi della collettività se non incanalata e così trasportata alle utenze. Tale stato di fatto richiede:
- Un piano generale degli acquedotti
- La predisposizione di una rete di distribuzione
- La individuazione degli obblighi di mantenimento della rete e l’attribuzione della competenza per gli interventi
- Un protocollo relativo alla qualità della fornitura, da modulare in relazione alle esigenze dell’utenza
- La quantificazione dei costi per l’emungimento, il trasporto, la distribuzione e la potabilizzazione
- La determinazione delle modalità di gestione della rete e della distribuzione
- La determinazione della tariffa per la fruizione della risorsa, che deve essere predisposta in relazione alla scelta politica di coprire quantomeno il costo industriale della captazione, del trasporto, della distribuzione, del recupero e della manutenzione degli impianti fissi.
L’acqua, come risorsa naturale, è componente dell’ambiente e, come tale interagisce con ogni componente dell’ambiente medesimo e, in particolare, con i fattori inquinanti e, a sua volta, non deve essere portatrice di inquinamento. Per tale motivo, l’acqua come risorsa naturale deve essere gestita secondo criteri di sostenibilità, di efficienza e di solidarietà.
Il cosiddetto decreto Ronchi disciplina le modalità di erogazione del servizio di distribuzione e di gestione della rete. Non esistono disposizioni normative che esonerino l’utente dal pagamento della fornitura idrica.
Tutto ciò comporta la necessità di prevedere:
- Un controllo sull’uso dell’acqua secondo criteri di sostenibilità, efficienza e solidarietà
- Un controllo sulla rispondenza della fornitura alle norme di efficienza del servizio
- Un modello di atto di concessione della gestione del servizio e della rete che assicuri la trasparenza dei rapporti tra concedente e concessionario, l’obbligo del concessionario di garantire un servizio rispondente alle regole di qualità previste dall’ente preposto al controllo della fonte acquifera in relazione alle individuate esigenze degli utenti.