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Lavare le strade per ridurre lo smog? Non vale la spesa

Bocciata a Milano la proposta di sperimentazione del lavaggio delle strade per ridurre il risollevamento delle polveri.
Scrive il Giornale che vi sarebbe il rischio di intasamento delle fogne e di allagamento delle strade. La motivazione più interessante che ha fatto propendere per il no è però quella evidenziata dall’assessore all’ambiente Paolo Massari secondo il quale: «sembra che l’effetto stimato sul contenimento del Pm10 non sarebbe tale da giustificare la spesa». Ottimo. Di norma, infatti, i provvedimenti di tutela ambientale vengono posti in essere a prescindere da una valutazione dei rispettivi costi e benefici. E’ sperabile che l’approccio seguito nel caso a Milano da eccezione diventi la regola sia per quanto riguarda gli altri interventi volti a limitare lo smog (limitazioni del traffico, incentivi al rinnovo del parco veicolare, investimenti a favore del trasporto collettivo) sia negli innumerevoli altri casi di regolamentazione.

23 marzo 2010 ambiente , , ,

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  1. Leonardo
    23 marzo 2010 a 11:08 | #1

    Due pesi, due misure.
    Quando il provvedimento ricade sulle teste e sulle tasche del (suddito) cittadino non c’è problema, quando l’esborso ricade sull’amministrazione bubblica non ne vale la pena.
    ROTFL(TAC): Rolling On The Floor Laughing (To Avoid Crying)

  2. 23 marzo 2010 a 11:27 | #2

    Ricordo che l’esborso non ricarde sull’amministrazione pubblica ma sulle tasche dei cittadini. Sempre. In qualche caso direttamente in altri indirettamente (più tasse)

  3. andrea dolci
    23 marzo 2010 a 12:05 | #3

    Da un amministratore mi aspetterei maggior rigore sui dati. Liquidare tutto con un “sembra che…..” non fa presagire nulla di serio o di scientificamente provato. Tanto piu’ che curiosamente in molte altre citta’ europee sono giunti a conclusioni diametralmente opposte…… e anche quotidianemente nell’ambito domestico sperimentiamo che la polvere non rimossa ritorna in circolo ( effetto blocco del traffico).
    Detto questo, sarebbe bello che certi tipi di decisione fossero sempre prese valutando il rapporto costi/benefici, a patto pero’ che tali valutazioni siano pubbliche e consultabili perche’ altimenti c’e’ il rischio che i costi/benefici calcolati non siano quelli per la collettivita’ ma piuttosto per la platea di eletti.

  4. Giovanni Boggero
    23 marzo 2010 a 18:08 | #4

    @andrea dolci
    Mettere sullo stesso piano ambito domestico e ambito urbano non mi pare così corretto, dal momento che nel primo caso ci troviamo di fronte ad un ambiente chiuso. Ma forse mi sbaglio…

  5. marianusc
    23 marzo 2010 a 18:38 | #5

    Invece mi sa tanto di scusa n°238 del manuale della risposta pronta, che tutti i politici hanno con sè, stilato da decenni di esperienza e continuamente aggiornato.
    Se così non è mi aspetto da cittadino che venga fatto un intervento il cui rapporto costi benefici sia nettamente migliore di questo, e che entrambi i rapprti vengano trasparentemente e esaustivamente resi pubblici ai cittadini

  6. Davide
    24 marzo 2010 a 4:33 | #6

    Bocciarlo prima della sperimentazione è evidentemente una stupidaggine, una scelta che ha poco o nulla a che fare con costi e benefici.
    E’ l’ennesima scelta per cui sono sempre tanto pronti a chiedere qualsiasi irragionevole sacrificio ai cittadini, ma quando tocca a loro fare qualcosa si tirano indietro.
    La sperimentazione serve appunto a vedere cosa succede, se le fogne reggono, quali sono i benefici, se ci si può organizzare per spendere meno. Dopo si valuta e si decide, non prima: le auto le fanno cambiare anche se non serve a niente, ma provare per un mese a lavare 10 strade no, quello no, è troppo impegnativo.

  7. massimo
    24 marzo 2010 a 11:23 | #7

    Io credo che alcuni provvedimenti tipo blocco auto non siano motivati dalla volontà di modificare la qualità dell’aria quanto da quella di creare un senso di colpa nei cittadini o almeno in alcuni di essi (“scopi pedagogici” dicono cripticamente i promotori di questi provvedimenti) in modo da poterne poi influenzare le decisioni. In questo modo si stabilisce il primato degli ecologisti, le cui teorie i cittadini seguiranno poi docilmente. Insomma più psicologia che ecologia.

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