Commenti a: Contro l’Austro-masochismo /2010/01/05/contro-laustro-masochismo/ diretto da Oscar Giannino Sun, 11 Jul 2010 00:48:05 +0200 http://wordpress.org/?v=2.9.2 hourly 1 Di: Pietro M. /2010/01/05/contro-laustro-masochismo/comment-page-1/#comment-4727 Pietro M. Wed, 20 Jan 2010 16:44:58 +0000 /?p=4617#comment-4727 The pure theory of capital la capisco a giorni alterni. Leggo dieci pagine e va bene, poi ne leggo dieci e mi sono dimenticato di cosa Hayek stava parlando. :-) C'è un paper di Haberler del 1932 che dice che non solo M1 ma tutto il credito conta per l'analisi. Sta nel libro di Ebeling di raccolta di saggi sull'ABCT. Per quanto riguarda il Giappone, sto studiando l'alternativa defl-infl in vari casi e direi che è una conseguenza di lungo termine abbastanza puzzling. E' strano cioè che non siano riusciti ad entrare in una stagflazione anni '70, e finire più come l'America Latina che come ora. Pare che non abbiamo rifinanziato le banche a sufficienza, esportino capitali per via del carry trade (cosa che riduce i depositi delle banche domestiche) e non abbiano creato aspettative inflazionistiche. In ogni caso, la conseguenza di lungo termine dell'inflazionismo probabilmente è più Weimar che il Giappone, ma una recessione ogni tanto è più che sufficiente per eliminare il problema della stagflazione, come fece Voclker tra il 1980 e il 1983. Il punto è che la deflazione ha una fine naturale e non può essere un risultato di lungo termine, ma perpetuare il problema senza aggiustarlo evidentemente è un risultato di lungo termine altrimenti il Giappone non si spiega. :-) The pure theory of capital la capisco a giorni alterni. Leggo dieci pagine e va bene, poi ne leggo dieci e mi sono dimenticato di cosa Hayek stava parlando. :-)

C’è un paper di Haberler del 1932 che dice che non solo M1 ma tutto il credito conta per l’analisi. Sta nel libro di Ebeling di raccolta di saggi sull’ABCT.

Per quanto riguarda il Giappone, sto studiando l’alternativa defl-infl in vari casi e direi che è una conseguenza di lungo termine abbastanza puzzling. E’ strano cioè che non siano riusciti ad entrare in una stagflazione anni ‘70, e finire più come l’America Latina che come ora. Pare che non abbiamo rifinanziato le banche a sufficienza, esportino capitali per via del carry trade (cosa che riduce i depositi delle banche domestiche) e non abbiano creato aspettative inflazionistiche.

In ogni caso, la conseguenza di lungo termine dell’inflazionismo probabilmente è più Weimar che il Giappone, ma una recessione ogni tanto è più che sufficiente per eliminare il problema della stagflazione, come fece Voclker tra il 1980 e il 1983.

Il punto è che la deflazione ha una fine naturale e non può essere un risultato di lungo termine, ma perpetuare il problema senza aggiustarlo evidentemente è un risultato di lungo termine altrimenti il Giappone non si spiega. :-)

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Di: Lorenzo B. /2010/01/05/contro-laustro-masochismo/comment-page-1/#comment-4726 Lorenzo B. Wed, 20 Jan 2010 16:33:01 +0000 /?p=4617#comment-4726 <a href="#comment-4553" rel="nofollow">@Pietro Monsurrò</a> Per ricerca limitata intendo semplicemente una lettura da dilettante :P Di idee onestamente ne ho avute poche. Un'infinità di dubbi, questo sì :D Ad esempio per riprendere alcune delle tue osservazioni, nel libro di De Soto che citi c'è uno spunto interessante su alcune pratiche delle compagnie assicurative che potrebbero avere gli stessi effetti di un'espansione dei mezzi fiduciari: il problema ci riporta ancora ad Hayek (il cui livello di dettaglio nella trattazione dei problemi economici resta insuperato all'interno della scuola e forse anche fuori; se non altro questa è una scusa per giustificare la mia difficoltà a digerire un'opera come The pure theory of capital ) il quale, se non sbaglio, in Prices and Production evidenziava il problema di nuove forme di moneta e quindi la necessità di non fossilizzarsi esclusivamente sulla questione dei mezzi fiduciari bancari. Questo potrebbe portarci ad interrogarci sul ruolo di certi strumenti derivati e i loro possibili effetti sul ciclo economico (se la riserva frazionaria ha determinate conseguenze, allora potrebbero avercele anche molte altre innovazioni finanziarie). Potrebbe anche portarci ad analizzare certe riforme delle pratiche contabili, anche queste evidenziate da De Soto, e infine di come il tutto si leghi a livello internazionale, a livello di integrazione delle strutture dei capitali e di quanto, e a quale velocità, questi processi possano essere distorti. Tra le poche idee, in maniera molto grezza ho anche pensato che si potrebbe immaginare il sistema monetario attuale come una sorta di free banking ottocentesco all'interno del quale ogni singola banca ha una posizione dominante rispetto ad un determinato territorio (che può comprendere più nazioni). Ma non sono andato molto in là. Ciò che più mi interessa però, è capire se il fenomeno giapponese è un semplice effetto di un sistema distorto e schizofrenico o se invece è una tendenza, un'evoluzione del sistema monetario attuale. @Pietro Monsurrò
Per ricerca limitata intendo semplicemente una lettura da dilettante :P
Di idee onestamente ne ho avute poche. Un’infinità di dubbi, questo sì :D
Ad esempio per riprendere alcune delle tue osservazioni, nel libro di De Soto che citi c’è uno spunto interessante su alcune pratiche delle compagnie assicurative che potrebbero avere gli stessi effetti di un’espansione dei mezzi fiduciari: il problema ci riporta ancora ad Hayek (il cui livello di dettaglio nella trattazione dei problemi economici resta insuperato all’interno della scuola e forse anche fuori; se non altro questa è una scusa per giustificare la mia difficoltà a digerire un’opera come The pure theory of capital ) il quale, se non sbaglio, in Prices and Production evidenziava il problema di nuove forme di moneta e quindi la necessità di non fossilizzarsi esclusivamente sulla questione dei mezzi fiduciari bancari. Questo potrebbe portarci ad interrogarci sul ruolo di certi strumenti derivati e i loro possibili effetti sul ciclo economico (se la riserva frazionaria ha determinate conseguenze, allora potrebbero avercele anche molte altre innovazioni finanziarie). Potrebbe anche portarci ad analizzare certe riforme delle pratiche contabili, anche queste evidenziate da De Soto, e infine di come il tutto si leghi a livello internazionale, a livello di integrazione delle strutture dei capitali e di quanto, e a quale velocità, questi processi possano essere distorti.

Tra le poche idee, in maniera molto grezza ho anche pensato che si potrebbe immaginare il sistema monetario attuale come una sorta di free banking ottocentesco all’interno del quale ogni singola banca ha una posizione dominante rispetto ad un determinato territorio (che può comprendere più nazioni). Ma non sono andato molto in là. Ciò che più mi interessa però, è capire se il fenomeno giapponese è un semplice effetto di un sistema distorto e schizofrenico o se invece è una tendenza, un’evoluzione del sistema monetario attuale.

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Di: Leonardo, IHC /2010/01/05/contro-laustro-masochismo/comment-page-1/#comment-4714 Leonardo, IHC Tue, 19 Jan 2010 08:04:59 +0000 /?p=4617#comment-4714 Lorenzo B. sei finito :) Lorenzo B. sei finito :)

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Di: Pietro Monsurrò /2010/01/05/contro-laustro-masochismo/comment-page-1/#comment-4553 Pietro Monsurrò Mon, 11 Jan 2010 13:53:08 +0000 /?p=4617#comment-4553 <a href="#comment-4551" rel="nofollow">@Lorenzo B.</a> Questo commento avrei potuto e voluto scriverlo io: sono totalmente d'accordo. Il lavoro sull'economia internazionale in ambito austriaco è quasi nullo, e c'è molto da scoprire, probabilmente, a volerselo studiare per bene. A parte il citato libro di Hayek c'è veramente poco altro in ambito austriaco, nonostante i movimenti internazionali di capitale siano stati fondamentali per le dinamiche economiche almeno negli ultimi 20 anni, se non di più. Sicuramente parte del problema è che si tratta di fenomeni largamente intrattabili sul piano della complessità, ma capirne poco è sempre meglio che non capirne niente, e quindi c'è probabilmente molto da scoprire su questi temi. Parli di una tua limitata ricerca: intendi dire che hai provato a scrivere qualcosa, che hai idee a riguardo, magari espandibili per qualche studio? Potrebbe essere molto interessante. Io ho provato a ragionare sul carry trade giapponese e il suo ruolo nella lost decade, però non sono arrivato da nessuna parte. Se ti interessa fare una ricerca che potrebbe dar vita ad un paper, si può iniziare una discussione, mettere assieme conoscenze e riferimenti bibliografici, e fare insomma quello che sto già facendo con un mio paper di cui discuto con un paio di amici che stanno scrivendo altri loro paper... @Lorenzo B.
Questo commento avrei potuto e voluto scriverlo io: sono totalmente d’accordo. Il lavoro sull’economia internazionale in ambito austriaco è quasi nullo, e c’è molto da scoprire, probabilmente, a volerselo studiare per bene.

A parte il citato libro di Hayek c’è veramente poco altro in ambito austriaco, nonostante i movimenti internazionali di capitale siano stati fondamentali per le dinamiche economiche almeno negli ultimi 20 anni, se non di più. Sicuramente parte del problema è che si tratta di fenomeni largamente intrattabili sul piano della complessità, ma capirne poco è sempre meglio che non capirne niente, e quindi c’è probabilmente molto da scoprire su questi temi.

Parli di una tua limitata ricerca: intendi dire che hai provato a scrivere qualcosa, che hai idee a riguardo, magari espandibili per qualche studio? Potrebbe essere molto interessante. Io ho provato a ragionare sul carry trade giapponese e il suo ruolo nella lost decade, però non sono arrivato da nessuna parte.

Se ti interessa fare una ricerca che potrebbe dar vita ad un paper, si può iniziare una discussione, mettere assieme conoscenze e riferimenti bibliografici, e fare insomma quello che sto già facendo con un mio paper di cui discuto con un paio di amici che stanno scrivendo altri loro paper…

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Di: Lorenzo B. /2010/01/05/contro-laustro-masochismo/comment-page-1/#comment-4551 Lorenzo B. Mon, 11 Jan 2010 13:21:37 +0000 /?p=4617#comment-4551 Tra gli spunti offerti dall'autore dell'articolo, merita particolare attenzione il problema internazionale. La mia sensazione è che la scuola austriaca da questo punto di vista offra molto poco, pur avendo vissuto nell'ultima trentina di anni svariate vicende economiche e finanziarie che avrebbero potuto stimolare la ricerca. Certo, se costruiamo una teoria basata sullo scambio volontario, identifichiamo i problemi dell'interventismo statale o della coercizione e se questi problemi di interventismo si moltiplicano (ad esempio la nascita del sistema monetario attuale e la nascita del commercio libero globale sotto l'egida del WTO e degli accordi bilaterali che ovviamente non è l'unico modello di commercio libero possibile), sviluppare tutte le conseguenze teoriche diventa parecchio difficile. D'altra parte, nella mia limitata ricerca, ho trovato pochissimi spunti che possano arricchire il dibattito e di fatto vengono ancora citati studi passati: la teoria della parità così come elaborata da Mises e Monetary Nationalism and International Stability di Hayek. C'è qualcosa di Hoppe ma onestamente le sue teorie mi sembrano più sociologia ricostruita per combaciare con alcuni fatti e arrivare alle solite conclusioni "feudali" (che tra l'altro attirano un certo genere di codazzo...). Per farla breve attraverso un esempio: le autorità giapponesi è da diversi anni che intervengono pesantemente e questa è la via seguita dalle banche centrali occidentali oggi. Il Giappone ha esportato in altri paesi le sue politiche espansive (vedi esposizione banche giapponesi nella crisi del sud-est asiatico)? Cosa significa a livello globale, a livello di struttura del capitale mondiale, adottare tali politiche e favorire fenomeni come il carry-trade? E' sufficiente spiegare questi ed altri problemi semplicemente aspettando l'apocalisse finale? Non credo. Tra gli spunti offerti dall’autore dell’articolo, merita particolare attenzione il problema internazionale. La mia sensazione è che la scuola austriaca da questo punto di vista offra molto poco, pur avendo vissuto nell’ultima trentina di anni svariate vicende economiche e finanziarie che avrebbero potuto stimolare la ricerca.
Certo, se costruiamo una teoria basata sullo scambio volontario, identifichiamo i problemi dell’interventismo statale o della coercizione e se questi problemi di interventismo si moltiplicano (ad esempio la nascita del sistema monetario attuale e la nascita del commercio libero globale sotto l’egida del WTO e degli accordi bilaterali che ovviamente non è l’unico modello di commercio libero possibile), sviluppare tutte le conseguenze teoriche diventa parecchio difficile.
D’altra parte, nella mia limitata ricerca, ho trovato pochissimi spunti che possano arricchire il dibattito e di fatto vengono ancora citati studi passati: la teoria della parità così come elaborata da Mises e Monetary Nationalism and International Stability di Hayek. C’è qualcosa di Hoppe ma onestamente le sue teorie mi sembrano più sociologia ricostruita per combaciare con alcuni fatti e arrivare alle solite conclusioni “feudali” (che tra l’altro attirano un certo genere di codazzo…).
Per farla breve attraverso un esempio: le autorità giapponesi è da diversi anni che intervengono pesantemente e questa è la via seguita dalle banche centrali occidentali oggi. Il Giappone ha esportato in altri paesi le sue politiche espansive (vedi esposizione banche giapponesi nella crisi del sud-est asiatico)? Cosa significa a livello globale, a livello di struttura del capitale mondiale, adottare tali politiche e favorire fenomeni come il carry-trade? E’ sufficiente spiegare questi ed altri problemi semplicemente aspettando l’apocalisse finale? Non credo.

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Di: Pietro M. /2010/01/05/contro-laustro-masochismo/comment-page-1/#comment-4462 Pietro M. Thu, 07 Jan 2010 16:53:15 +0000 /?p=4617#comment-4462 Direi che sono tutti problemi importanti. Io mi interesso principalmente di 4 e 5 (temi a cui spero che contribuirò in futuro), ma non c'è dubbio che siano tutti fondamentali. Diciamo che ogni ambito ha dei limiti oltre il quale bisogna andare, altrimenti i ricercatori a che servono? Le diatribe sono utili quando si basano sulle argomentazioni. Quando non si dialoga, si perde tempo. Quando X fa un articolo contro la teoria di Y dove non capisce gli argomenti di Y, la diatriba è inutile. Direi che come sunto di buona parte del dibattito su free banking vs 100%-reserve e del dibattito Hayek vs o con Mises sul socialismo non è male... Selgin e White non hanno mai risposto alla critica di de Soto sul fatto che le crisi bancarie sono endogene al ciclo, ad esempio, e di fatto hanno trascurato completamente il problema. de Soto, da questo punto di vista, va criticato per un dettaglio meno rilevante: continua a scrivere che un'espansione monetaria concertata tra le banche non danneggia nessuna banca, e non considera l'argomento di Selgin e White riguardo l'incremento della varianza del netting nell'interbancario. Devo dire che de Soto ha le idee che mi piacciono di più tra quelli citati. Il dibattito dovrebbe approfondire questi temi, invece troppo spesso (e qui non cito nessuno, ma è evidente a chi mi riferisco) tutto diventa un "tu sei immorale e difendi cose immorali". Se devo farmi fare la predica vado dal prete, non da un economista. Direi che sono tutti problemi importanti. Io mi interesso principalmente di 4 e 5 (temi a cui spero che contribuirò in futuro), ma non c’è dubbio che siano tutti fondamentali. Diciamo che ogni ambito ha dei limiti oltre il quale bisogna andare, altrimenti i ricercatori a che servono?

Le diatribe sono utili quando si basano sulle argomentazioni. Quando non si dialoga, si perde tempo. Quando X fa un articolo contro la teoria di Y dove non capisce gli argomenti di Y, la diatriba è inutile.

Direi che come sunto di buona parte del dibattito su free banking vs 100%-reserve e del dibattito Hayek vs o con Mises sul socialismo non è male…

Selgin e White non hanno mai risposto alla critica di de Soto sul fatto che le crisi bancarie sono endogene al ciclo, ad esempio, e di fatto hanno trascurato completamente il problema. de Soto, da questo punto di vista, va criticato per un dettaglio meno rilevante: continua a scrivere che un’espansione monetaria concertata tra le banche non danneggia nessuna banca, e non considera l’argomento di Selgin e White riguardo l’incremento della varianza del netting nell’interbancario. Devo dire che de Soto ha le idee che mi piacciono di più tra quelli citati.

Il dibattito dovrebbe approfondire questi temi, invece troppo spesso (e qui non cito nessuno, ma è evidente a chi mi riferisco) tutto diventa un “tu sei immorale e difendi cose immorali”. Se devo farmi fare la predica vado dal prete, non da un economista.

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Di: alepuzio /2010/01/05/contro-laustro-masochismo/comment-page-1/#comment-4461 alepuzio Thu, 07 Jan 2010 16:43:27 +0000 /?p=4617#comment-4461 Pietro scusa, Huerta de Soto ha proposto 10 temi in cui sviluppare ulteriormente la Scuola Austriaca (copy & paste vergognoso da http://www.jesushuertadesoto.com/pdf_scuola/cap7.pdf): 1) teoria della coercizione istituzionale; 2) teoria dei prezzi 3) teoria austriaca della concorrenza e del monopolio 4) teoria del capitale e dell’interesse 5) teoria del denaro, del credito e dei mercati finanziari 6) teoria della crescita e del sottosviluppo economico 7) economia del benessere (welfare economics) 8) teoria dei beni ‘pubblici’ 9) dell’analisi economica del diritto e delle istituzioni 10) La teoria della popolazione Quali secondo sono sterili e quali invece possono avere uno sviluppo allo stato attuale dell'arte e degli artisti? :) Te lo chiedo perchè dal post non ho chiaro se c'è più un problema del tipo "siamo-austriaci-e-ci-sediamo-sugli-allori" o del tipo "ci-diciamo-austriaci-ma-capiamo-poco-delle-argomentazioni". Inoltre: fino a che le diatribe interne sono inutili? Non potrebbero servire almeno a separare il grano dalla gramigna (come mettere nei "Journal of Libertarian Studies" o simili Raymond Aron, keynesiano che criticava sia von Hayek che il giusnaturalismo à la Rothbard)? Pietro scusa, Huerta de Soto ha proposto 10 temi in cui sviluppare ulteriormente la Scuola Austriaca (copy & paste vergognoso da http://www.jesushuertadesoto.com/pdf_scuola/cap7.pdf):
1) teoria della coercizione istituzionale;
2) teoria dei prezzi
3) teoria austriaca della concorrenza e del monopolio
4) teoria del capitale e dell’interesse
5) teoria del denaro, del credito e dei mercati finanziari
6) teoria della crescita e del sottosviluppo economico
7) economia del benessere (welfare economics)
8) teoria dei beni ‘pubblici’
9) dell’analisi economica del diritto e delle istituzioni
10) La teoria della popolazione

Quali secondo sono sterili e quali invece possono avere uno sviluppo allo stato attuale dell’arte e degli artisti? :)
Te lo chiedo perchè dal post non ho chiaro se c’è più un problema del tipo “siamo-austriaci-e-ci-sediamo-sugli-allori” o del tipo “ci-diciamo-austriaci-ma-capiamo-poco-delle-argomentazioni”.
Inoltre: fino a che le diatribe interne sono inutili? Non potrebbero servire almeno a separare il grano dalla gramigna (come mettere nei “Journal of Libertarian Studies” o simili Raymond Aron, keynesiano che criticava sia von Hayek che il giusnaturalismo à la Rothbard)?

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Di: Leonardo, IHC /2010/01/05/contro-laustro-masochismo/comment-page-1/#comment-4458 Leonardo, IHC Thu, 07 Jan 2010 15:22:32 +0000 /?p=4617#comment-4458 Solo un paio di appunti: - a chi si imbatte nei tuoi milioni di scritti non resta in testa la percezione statistica, ma solo una percezione personale delle cose più evidenti. Se in un mese piazzi dieci articoli di critica all'approccio cieco di economisti austriaci o sedicenti (il che non equivale a una critica alla scuola in sé) è più probabile che il dato venga percepito come BEN dieci pezzi di critica (fine a sé stessa, magari), e non come un 50% o un 5% della tua intera produzione. Sii consapevole del rischio (potrebbe anche essere un modo di selezionare gli utenti, chi lo sa?). - che la ricerca si possa fare solo se ci si rende conto delle "falle" o "punti oscuri" della scuola è tutto da vedersi, purtroppo. Ricerca può anche essere lo studio di un fatto contemporaneo applicando lo stato dell'arte economica degli anni '70, il che è un ottimo modo per chiudere gli occhi su eventuali grattacapi teorici, e temo che sia la stragrande maggioranza del lavoro fatto negli ultimi decenni. Ricerca può anche essere la distruzione delle teorie alternative, o l'ampliamento della teoria esistente (ad esempio da una economia chiusa ad una aperta). Questo può benissimo essere fatto (tralasciando la qualità del risultato) senza porsi problemi profondi come quelli che tu mi hai aiutato a porre. Chi si rifugia in questo tipo di ricerca è probabilmente il primo che bolla le tue critiche come un inutile sbattimento, e non si è mai sbattuto né mai vorrà sbattersi in una ricerca teorica come tu ti proponi. Tra questi soggetti e gli entusiasti del tuo progetto c'è una ampia gradazione di soggetti; non so come sia possibile trattare il rischio di sbilanciarsi troppo verso una estremità perdendo le "code", alla fine potrà essere anche solo fortuna, però mi sentivo di doverti avvertire. Solo un paio di appunti:
- a chi si imbatte nei tuoi milioni di scritti non resta in testa la percezione statistica, ma solo una percezione personale delle cose più evidenti. Se in un mese piazzi dieci articoli di critica all’approccio cieco di economisti austriaci o sedicenti (il che non equivale a una critica alla scuola in sé) è più probabile che il dato venga percepito come BEN dieci pezzi di critica (fine a sé stessa, magari), e non come un 50% o un 5% della tua intera produzione. Sii consapevole del rischio (potrebbe anche essere un modo di selezionare gli utenti, chi lo sa?).
- che la ricerca si possa fare solo se ci si rende conto delle “falle” o “punti oscuri” della scuola è tutto da vedersi, purtroppo. Ricerca può anche essere lo studio di un fatto contemporaneo applicando lo stato dell’arte economica degli anni ‘70, il che è un ottimo modo per chiudere gli occhi su eventuali grattacapi teorici, e temo che sia la stragrande maggioranza del lavoro fatto negli ultimi decenni. Ricerca può anche essere la distruzione delle teorie alternative, o l’ampliamento della teoria esistente (ad esempio da una economia chiusa ad una aperta). Questo può benissimo essere fatto (tralasciando la qualità del risultato) senza porsi problemi profondi come quelli che tu mi hai aiutato a porre. Chi si rifugia in questo tipo di ricerca è probabilmente il primo che bolla le tue critiche come un inutile sbattimento, e non si è mai sbattuto né mai vorrà sbattersi in una ricerca teorica come tu ti proponi. Tra questi soggetti e gli entusiasti del tuo progetto c’è una ampia gradazione di soggetti; non so come sia possibile trattare il rischio di sbilanciarsi troppo verso una estremità perdendo le “code”, alla fine potrà essere anche solo fortuna, però mi sentivo di doverti avvertire.

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Di: Pietro M. /2010/01/05/contro-laustro-masochismo/comment-page-1/#comment-4453 Pietro M. Thu, 07 Jan 2010 13:44:21 +0000 /?p=4617#comment-4453 Concordo appieno, c'è un problema psicologico personale nel modo di pormi: invece di dire, "c'è un problema, seguitemi e lo risolveremo insieme", come si studia nei libri di leadership e carisma (?!?), dico sempre "c'è un problema, sveglia pelandroni!!!" e basta. Ovviamente il succo del mio discorso è che l'economia austriaca vive all'interno delle sue possibilità produttive: si potrebbe ottenere 100 e in realtà si ottiene 50. Ho anche analizzato le cause di ciò, secondo le mie opinioni, e credo che chiunque sia seriamente interessato a far avanzare le teorie austriache possa trarre vantaggio dalla mia analisi. In effetti è quello che in privato sto cercando di fare, come anche te e altre persone: fare ricerca. Però si fa ricerca perché ci sono delle cose ignote, e quindi la prima condizione per farla è vedere che c'è un problema, nuovo o pregresso, o anche un'opportunità di sviluppo verso nuovi orizzonti. Sul fatto poi che scrivo spesso dei problemi degli austriaci, penso sia un problema statistico. Io scrivo tanto: se ogni dieci cose che scrivo sugli austriaci una è critica, allora alla fine sembra che sono molto critico. In realtà lo sono ben poco: nove post su dieci cercano di mostrare quanto siano rilevanti tali teorie per capire determinati problemi. Concordo appieno, c’è un problema psicologico personale nel modo di pormi: invece di dire, “c’è un problema, seguitemi e lo risolveremo insieme”, come si studia nei libri di leadership e carisma (?!?), dico sempre “c’è un problema, sveglia pelandroni!!!” e basta.

Ovviamente il succo del mio discorso è che l’economia austriaca vive all’interno delle sue possibilità produttive: si potrebbe ottenere 100 e in realtà si ottiene 50. Ho anche analizzato le cause di ciò, secondo le mie opinioni, e credo che chiunque sia seriamente interessato a far avanzare le teorie austriache possa trarre vantaggio dalla mia analisi.

In effetti è quello che in privato sto cercando di fare, come anche te e altre persone: fare ricerca. Però si fa ricerca perché ci sono delle cose ignote, e quindi la prima condizione per farla è vedere che c’è un problema, nuovo o pregresso, o anche un’opportunità di sviluppo verso nuovi orizzonti.

Sul fatto poi che scrivo spesso dei problemi degli austriaci, penso sia un problema statistico. Io scrivo tanto: se ogni dieci cose che scrivo sugli austriaci una è critica, allora alla fine sembra che sono molto critico. In realtà lo sono ben poco: nove post su dieci cercano di mostrare quanto siano rilevanti tali teorie per capire determinati problemi.

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Di: Leonardo, IHC /2010/01/05/contro-laustro-masochismo/comment-page-1/#comment-4443 Leonardo, IHC Thu, 07 Jan 2010 08:10:06 +0000 /?p=4617#comment-4443 Pietro si è dimenticato il mio futuro paper sulla velocity in chiave austriaca, motivo per cui subirà una cura medioevale :). Faccio un'osservazione all'ottimo Pietro: a parte il fatto che sono del tutto d'accordo con l'analisi che hai presentato, ma perché insistere a discutere in così tanti posti diversi sui problemi dell'austrismo? Come tu dicesti in una certa occasione, il requisito fondamentale del fare buona ricerca è cominciare a farla; il parlare continuamente di come dovrebbe essere questa ricerca e del perché finora la ricerca è stata in stasi è una riproposizione un po' ad nauseam di una serie di buoni propositi che non ho ancora capito a chi sono mirati, ed èun po' un trascinarsi nello stesso campo di coloro che hanno contribuito, con varie motivazioni, ad una ghettizzazione dell'austrismo (meglio regnare all'inferno che servire in paradiso). Ritengo che il modo migliore di contribuire a migliorare o aggiornare o ampliare la teoria austriaca sia di fare una ricerca serie e solida e poi opporre questa, con le sue caratteristiche e principi ispiratori, contro chi si ritiene abbia di fatto bloccato l'evoluzione teorica. In sostanza presentarsi con un "ho raggiunto questo risultato perché ho buttato a mare queste perdite di tempo come discutere su chi è più austriaco e su quanto assurde siano le teorie di Keynes, ora aggregatevi". Da buon pessimista sono sicuro che chi vuol vedere i problemi dell'austrismo attuale li ha già visti o gli basta ben poco per capire, chi non li vuol vedere perché ha bisogno solo di una bandiera sotto cui radunarsi non perderà tempo a rifletterci neppure se toccasse con mano questi problemi. Pietro si è dimenticato il mio futuro paper sulla velocity in chiave austriaca, motivo per cui subirà una cura medioevale :) .

Faccio un’osservazione all’ottimo Pietro: a parte il fatto che sono del tutto d’accordo con l’analisi che hai presentato, ma perché insistere a discutere in così tanti posti diversi sui problemi dell’austrismo?
Come tu dicesti in una certa occasione, il requisito fondamentale del fare buona ricerca è cominciare a farla; il parlare continuamente di come dovrebbe essere questa ricerca e del perché finora la ricerca è stata in stasi è una riproposizione un po’ ad nauseam di una serie di buoni propositi che non ho ancora capito a chi sono mirati, ed èun po’ un trascinarsi nello stesso campo di coloro che hanno contribuito, con varie motivazioni, ad una ghettizzazione dell’austrismo (meglio regnare all’inferno che servire in paradiso).

Ritengo che il modo migliore di contribuire a migliorare o aggiornare o ampliare la teoria austriaca sia di fare una ricerca serie e solida e poi opporre questa, con le sue caratteristiche e principi ispiratori, contro chi si ritiene abbia di fatto bloccato l’evoluzione teorica. In sostanza presentarsi con un “ho raggiunto questo risultato perché ho buttato a mare queste perdite di tempo come discutere su chi è più austriaco e su quanto assurde siano le teorie di Keynes, ora aggregatevi”.

Da buon pessimista sono sicuro che chi vuol vedere i problemi dell’austrismo attuale li ha già visti o gli basta ben poco per capire, chi non li vuol vedere perché ha bisogno solo di una bandiera sotto cui radunarsi non perderà tempo a rifletterci neppure se toccasse con mano questi problemi.

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